29 aprile 2020

Debuttare in quarantena: i Disq

Pubblicare il primo album durante una pandemia non è difficile: i social network aiutano. Infatti, su Facebook e Instagram stanno iniziando a fiorire sponsorizzazioni di ragazzini dai capelli scarmigliati che strimpellano Fender. L’ennesimo incontro post-punk che non dispiace.

Arriviamo sino al Wisconsin con Collector, un LP acclamato dalla critica: DIY, The Guardian gli assegnano quattro stelle su cinque, NME invece si è dedicata a intervistare la band che l’ha composto, i giovanissimi Disq. Nessun voto è regalato, i cinque sono in grado di portarci un grunge, un punk rock e un emo attuale. In queste 10 tracce, in parte merito del navigato produttore Rob Schnapf, gli anni Novanta non sono scopiazzati, le chitarre di Kurt Cobain sono solo accennate (Daily Routine; Gentle), mentre la classica atmosfera decadente dell’emo fa da sottofondo a discorsi da millennial (Drum In) e gli sporchi accordi punk rock non annoiano (I’m Really Trying). Non solo brani di assuefazione da schermo, i ragazzi sono seri, parlano della difficile pratica di intessere rapporti umani, delle delusioni della vita, rasentano un triste esistenzialismo («Who can I tell about everything / When I don’t even know anything for myself», da Konichiwa Internet). Il loro struggimento si esprime con lente strofe cantate dolcemente, con la voce quasi rotta, amara (Loneliness; Trash).

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Sul disco avanzano disinvolti, non inciampano sulle vecchie glorie dei Weezer, altro gruppo al quale si ispirano per il song writing (D19). Non peccano di eccesso di distorsioni, tranello nel quale incappano spesso gli esordienti. Particolari interessanti spiccano limpidi: qualche tastiera briosa a volte futuristica, botte e risposte a sei corde che dimostrano la forte coesione tra i membri del gruppo, ritmi da marce oniriche, successioni rullante-charleston semplicissime. È un alternative che si sposa all’elettronica, quello della spaziale Fun Song 4 che apre il lato B, piccola gemma sui generis che impreziosisce l’album. Merita di essere ascoltata come singolo, potrebbe sembrare un’intrusa a questa ricca collezione di memorie musicali di fine ventesimo secolo.

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I Disq vengono dalla «city of Four Lakes», Madison. Nati nel 2014 come duo dagli amici di infanzia Isaac deBroux-Slone (voce e chitarra) e Raina Bock (basso), solo recentemente sono stati raggiunti da Shannon Connor (chitarra e tastiera), Logan Severson (chitarra e seconda voce) e Brendan Manley (batteria). Hanno già alle spalle un singolo uscito nel 2019, Communication/ Parrallel. Spesso i cinque si confrontano con la scena musicale locale, questo perché tra i laghi c’è un continuo fermento artistico. Interlay e Slow Pulp sono alcuni degli amici citati dai Disq nelle interviste: «A Madison non c’è un sound unico, ognuno fa quello che si sente di fare. Non siamo influenzati da nessuno», ha detto il frontman a The line of best fit.

Collector è uscito il 6 marzo per Saddle Creek, etichetta indipendente. Poche settimane dopo, gli Stati Uniti sono andati in lockdown. Se per noi il tragitto casa-università/lavoro è diventato l’intervallo adatto per scovare nuova musica sul web, per i piccoli artisti il Coronavirus è una perdita culturale, non esclusivamente economica. È il momento adatto per ripensare all’industria musicale in formato digitale.