Afraid of Tomorrows The Mysterines
7.5

Non è passato tanto tempo da quando Lia, George, Callum e Paul hanno fatto il loro ingresso sul palco del Firenze Rocks. Era una Visarno Arena che nel 2022 aveva ripreso a respirare dopo la faticosa chiusura forzata del 2020 e quella zoppicante del 2021. Prima del big show con i Muse e i Placebo, la scena era concentrata su chi fossero questi Mysterines di cui, da NME a Metacritic, tutti parlavano bene e riponevano belle speranze. Forti anche della loro prima uscita, Reeling, che nel marzo del 2022 li aveva portati alla ribalta nel Regno Unito. Una frontman carismatica, un batterista mattatore e due ottimi accompagnatori al basso e alla chitarra avevano confezionato un album capace di risvegliare le torbide menti del grunge e di farle dialogare con quelle meno assonnate e intorpidite del garage rock.

Mai ci saremmo aspettati che da dopo quella pubblicazione e il successivo tour dei festival, i Mysterines potessero riproporre un nuovo menù, con delle pietanze molto diverse da quelle che ci avevano fatto assaggiare giusto due anni prima. Dopo che nel 2023 il sogno di essere il support act per le date britanniche degli Arctic Monkeys è diventato realtà, il gruppo capitanato da Lia Metcalfe ha virato verso universi ancora poco battuti: il singolo Begin Again lo aveva fatto presagire, i tre che hanno preceduto l'uscita dell'album ne hanno solo confermato le intenzioni. Ma fare dei Mysterines i padroni indiscussi della nuova scena grunge made in UK non dà loro la giusta caratterizzazione e Afraid of Tomorrows, il loro nuovo disco, lo fa capire apertamente.

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The Mysterines | Foto press

Dopo un riscaldamento di altissimo livello con The Last Dance - la quale, oltre ad avere uno snippet finale da non sottovalutare, è suonata con un arco di violino che struscia sulle corde della chitarra di Metcalfe  - e Stray, cavallo di battaglia radiofonico, quello che maggiormente interessa di questo disco è la duttilità che esce fuori da un gruppo come questo. I tempi complessi, dispari, di Another, Another, Another prima sorprendono, poi, con la voce di Lia che si inserisce puntualmente, capiamo di essere di fronte ad un lavoro diverso dal classico secondo disco che prende tutta la wave di successo del primo. Non hanno osato. Hanno proprio rischiato, eccome. Il gruppo ha scritto quasi 40 canzoni durante le sessioni per il disco. Metcalfe, nelle interviste che hanno preceduto l'uscita, lo ha giudicato spesso un “un nuovo inizio”, il che ha portato al desiderio di “lavorare meglio sui meccanismi della band”.

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Quello che, però, notiamo con maggior chiarezza è l'attenzione ai testi: se in Reeling si descrivevano le turbolenze giovanili, adesso la prospettiva è genuinamente mutata. A farli diventare "adulti" sono state anche le cinque settimane spese a Los Angeles per registrare con il produttore John Congleton. Automaticamente (ma, attenzione, non meccanicamente) le orecchie dei Mysterines sono state inondate della musica à la Tom Waits e Elliott Smith. Testualmente Tired Animal e Jesse You're A Superstar lo denotano:

Can you hear its heart beating
Or do you just feel like you can feel it?

Non c'è più la lirica del cuore infranto, questo muscolo è diventato adulto e il refrain nel bridge in Jesse lo fa capire esplicitamente, con la parte vocale "come se fosse stata immersa in un tino di whisky" per citare il critico Daniel Durchholz parlando di Waits.

Afraid of Tomorrows, però, trasuda anche storia dall'altra parte della costa americana: la band si è ispirata al film documentario Meet Me in the Bathroom, che raccontava le storie di gruppi rock della New York degli anni '90 e 2000 (dagli Strokes, agli Yeah Yeah Yeahs, passando per gli LCD Soundsystem e gli Interpol) e questo lo si sente incredibilmente bene in Hawkmoon, forse il miglior pezzo del disco. Sembra come se ci fossimo per un attimo trasferiti nello studio con loro, una chitarra e la voce graffiata di Lia fanno il resto. La costruzione del pezzo fa capire che siamo distantissimi dalla tanto amata Dangerous del primo disco, ma fa comprendere come il miglioramento sia sotto ogni punto di vista. Quelle batterie che preannunciano l'assolo ovattato di chitarra sono una meraviglia: siamo in una dimensione di un certo livello e allora anche l'ascolto e le aspettative cambiano velocemente. Se con Sink Ya Teeth si ritorna agli albori, Junkyard Angel e Goodbye Sunshine hanno senso nell'economia del disco ma forse sono ancora troppo "strillate" e quindi la seconda metà del disco passa leggermente in secondo piano.

L'elemento che sicuramente ci fa più riflettere è l'accavallamento di generi che si viene a creare in un disco di poco più di quaranta minuti che però non dà fastidio né stride. In questo caso, l'esempio più calzante è la fine di Goodbye Sunshine che va a coincidere con l'inizio della più riflessiva ma particolare Inside A Matchbox (che ricorda, tra l'altro, per alcuni aspetti, i Muse delle b-side di Hullabaloo). Stesso discorso vale per la conclusione con la title track, che sfocia quasi nel country blues e ha come ispirazione maggiore l'autobiografia di Billie Holiday Lady Sings the Blues.

Tirando le somme, un consiglio non richiesto a questi Mysterines: continuate a sperimentare e a farvi ispirare da quelli "più grandi" di voi. L'umiltà potrebbe essere proprio la medicina contro la paura del domani.

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The Mysterines | Foto press