Era un banale e torrido pomeriggio di metà estate quando è arrivata una notizia che ha portato scompiglio nel mondo musicale: l’indomani, venerdì 24 luglio, Taylor Swift avrebbe rilasciato a sorpresa il suo ottavo album, folklore, scritto e registrato interamente nella sua casa a Los Angeles durante il lockdown.
In isolation my imagination has run wild and this album is the result, a collection of songs and stories that flowed like a stream of consciousness. Picking up a pen was my way of escaping into fantasy, history, and memory. I’ve told these stories to the best of my ability with all the love, wonder, and whimsy they deserve. Now it’s up to you to pass them down. folklore is out now.
Non solo la nostra Taylor ha inciso un disco di 16 brani mentre noi tutti comuni mortali ce ne stavamo rintanati in casa a infornare banana bread, ma lo ha fatto con dei collaboratori di tutto rispetto. Nella veste di produttori troviamo infatti, oltre che l’ormai fidato Jack Antonoff, che aveva già lavorato al precedente Lover (uscito appena un anno fa), anche Aaron Dessner, chitarrista di progetti come The National e Big Red Machine. Inoltre, è stato comunicato che sarebbe stato presente un featuring con nientepopodimeno che Bon Iver, al secolo Justin Vernon. È bastato questo a scatenare non solo la gioia dei milioni di fan dell’artista americana, ma anche la grande curiosità di tutta quella fetta di pubblico che l’aveva sempre snobbata ma che è stata attratta dal fatto che i propri beniamini abbiano scelto di collaborare con una delle artiste pop più famose al mondo (tenendo ovviamente a far presente quanto loro Taylor Swift non l’abbiano mai considerata ecc ecc), ipotizzando una possibile “svolta indie”.
Ma alla fine dei conti, questo folklore è davvero un buon disco? La risposta è molto semplice: sì. Il fatto che sia un buon disco è determinato solamente dai personaggi che ci hanno messo mano? No. Ma andiamo con ordine.
Si tratta di un album coerente, che, nonostante le collaborazione di spessore che hanno certamente contribuito alla sua buona riuscita, suona al 100% Taylor Swift. La sua voce è sempre incantevole, soprattutto quando assume toni più rarefatti, mentre le sonorità sono minimali ed evocative. Quello su cui ha puntato è il songwriting, da sempre il suo punto forte. Nonostante rimanga sempre fedele a tutto ciò che il pubblico ama di lei e della sua musica, si è fatto più maturo, vulnerabile e intenso. Si tratta di una sorta di un album fotografico pieno di immagini, ognuna delle quali racconta una storia; al centro ci sono sempre la sfera emotiva, le relazioni sentimentali e gli amori post adolescenziali, fatti di tenerezza e disillusione, con l'esperienza autobiografica che si fonde con quella più universale, solo in una veste inedita.
Taylor è stata in grado di prendere le sue ispirazioni (qua e là si sentono richiami ad artisti come Lana Del Ray, The National e Phoebe Bridgers, solo per citarne alcuni) e trasformarle e adattarle secondo la propria estetica e personalità. Nonostante sia stato pubblicato in pieno luglio, ha abbandonato i toni pastello di Lover per fare spazio ad atmosfere estremamente autunnali, come si può intuire a partire dalla copertina (o forse sarebbe meglio dire dalle copertine, visto che per le copie fisiche sono state realizzate ben 8 differenti cover). Se con il disco precedente si aveva la sensazione di trovarsi su una soffice nuvola fatta di zucchero filato, qui si viene catapultati in una baita costruita in legno al centro di un bosco fitto e nebbioso, seduti davanti al caminetto accesso con un morbido cardigan addosso e una tazza di tè fumante fra le mani.
Come autrice, Taylor Swift ha il grandissimo dono di dare vita a scordi di quotidianità semplici nella struttura, ma particolarmente evocativi. Nella traccia d'apertura, The 1, ad esempio racconta sapientemente la nostalgia che si prova nei confronti di una relazione quando sei consapevole che ormai quell'amore è naufragato, ma non riesci comunque a togliertelo dalla testa.
I, I, I persist and resist the temptation to ask you
If one thing had been different
Would everything be different today?
E' molto interessante anche la capacità di legare fra loro vari brani, creando una sorta di concept. Per esempio, c'è una raccolta di tre canzoni che sono state soprannominate The Teenage Love Triangle. Questi tre brani esplorano un triangolo amoroso dalla prospettiva di tutte le persone coinvolte, in momenti diversi della loro vita.
Si parte con Betty, che si apre con il suo delicato di un'armonica e ci fornisce le informazioni più dirette sulla vicenda, inclusi alcuni dei nomi dei nostri personaggi e diversi riferimenti al liceo, senza lasciare dubbi sul fatto che sia raccontato da una prospettiva adolescenziale («I'm only seventeen, I don't know anything but I know I miss you»). Sembra il racconto dal punto di vista di James su come è iniziata la relazione, e su tutti i tentativi fatti per cercare di riconquistare Betty dopo averla tradita, presentandosi alla sua festa senza preavviso e scusandosi («The worst thing that I ever did was what I did to you»). Alla fine del brano troviamo il verso («Standing in your cardigan, kissin' in my car again») che ci collega alla seconda canzone coinvolta, ovvero Cardigan. Questa volta, ci troviamo davanti il punto di vista di Betty che, ormai adulta, si ritrova a volare con il pensiero all’amore estivo vissuto 20 anni prima («'Cause I knew everything when I was young»). E infine, arriviamo alla canzone raccontata dal punto di vista dell'altra donna coinvolta, Inez («Will you call when you're back at school?»). August, guidata principalmente dalla chitarra acustica, è forse il brano che più si avvicina alla sua produzione precedente, soprattutto per quanto riguarda il sound e per scriverlo Taylor si è lasciata ispirare dall'immagine del mese di agosto inondato di sole.

Nel 2015, l’artista acquistò un palazzo nel Rhode Island, un tempo di proprietà di Rebekah Harkness, mecenate delle arti e fondatrice della Rebekah Harkness Foundation che, dopo aver sposato William Hale Harkness, diventò una delle donne più ricche d’America. In The last great american dynasty ha scelto di raccontare la storia di questa eccentrica donna attraverso una sorta di biografia musicale, intrecciando sapientemente immagini retrò e dettagli storici con la propria esperienza personale.
There goes the maddest woman this town has ever seen
She had a marvelous time ruining everything
Uno dei brani più forti a livello lirico e che, per certi versi, richiama il brano qui sopra, é certamente Mad Woman, che esplode in un potentissimo ritornello.
And there's nothing like a mad woman
What a shame she went mad
No one likes a mad woman
You made her like that
And you'll poke that bear 'til her claws come out
And you find something to wrap your noose around
And there's nothing like a mad woman
Qui si focalizza su come le donne vengono costantemente giudicate da una società misogina che determina quando, dove e in che modalità è appropriato esprimere i propri sentimenti e le proprie emozioni; che prova in tutti i modi a metterle una contro l’altra («and women like hunting witches too, doing your dirtiest work for you»); che arriva a far passare il messaggio che una ragazza debba sempre essere a modo e rimanere in un angolo, non arrabbiarsi mai o rischia di essere appellata come isterica, mentre gli uomini sono liberi di sbraitare.
Exile è senza ombra di dubbio la punta di diamante del disco. Bon Iver è uno di quegli artisti che può vantare un vero e proprio marchio di fabbrica e che ha la fortuna di essere sempre e comunque riconoscibile, proprio per questo il rischio che andasse a sovrastare Taylor in questo brano era dietro l'angolo. Eppure non è stato così, e ciò che è scaturito da questa collaborazione è la parte migliore di entrambi gli artisti, le cui voci danzano accompagnate dal pianoforte, in una sorta di botta e risposta in cui due persone che in passato si sono amate dialogano a cuore aperto.
I think I've seen this film before
And I didn't like the ending
You're not my homeland anymore
So what am I defending now?
You were my town, now I'm in exile, seein' you out

Seven è un brano nostalgico e affettuoso, dedicato a una vecchia amica d'infanzia, di cui Taylor non riesce più a ricordare nitidamente il volto ma che ha ancora un posto speciale nel suo cuore («And though I can’t recall your face I still got love for you»). This is me trying è certamente uno dei pezzi più personali del disco, in cui l'artista si guarda dentro analizzando rimpianti e insuccessi ed esprimendo la volontà di mettercela tutta a prescindere da quello che sarà il risultato finale («They told me all of my cages were mental so I got wasted like all my potential»). E la stessa disarmante sincerità la si ritrova in Mirrorball («I've never been a natural, all I do is try, try, try»).
My tears ricochet parla di perdere qualcuno che si ama ma continuare ad avvertire la sua presenza costantemente, quasi sotto forma di un fantasma («And I still talk to you (When I'm screaming at the sky)»), Illicit affairs si focalizza sul tema dell'infedeltà e sulla frustrazione di portare avanti una relazione di cui tutti devono rimanere all'oscuro («Tell your friends you're out for a run, you’ll be flushed when you return»), mentre Invisible String è un divertente e spensierato concentrato di folk, blues e pop («Teal was the color of your shirt when you were sixteen at the yogurt shop»).
Epiphany, caratterizzata dall'utilizzo della tromba, che conferisce al brano le sonorità di una marcia, racconta invece l'esperienza trascorsa dal nonno dell'artista nell'esercito, messa in relazione con il lavoro e ai sacrifici compiuti dagli operatori sanitari durante la pandemia legata al Covid-19.
Something med school did not cover
Someone's daughter, someone's mother
Holds your hand through plastic now
"Doc, I think she's crashing out"
And some things you just can't speak about
In Peace troviamo una voce cupa accompagnata da una pioggia di synth e qualche leggera nota piano che spiega il suo tentativo di dare il meglio di sé all'interno di una relazione («I'd give you my sunshine, give you my best»), mentre la traccia di chiusura Hoax, è la perfetta conclusione per un album pregno di malinconia. Si tratta, infatti, di un brano che parla dell'essere intrappolata in una relazione tossica da cui però non ci si riesce mai a sganciare completamente («You knew it still hurts underneath my scars»).

Non sono mai stata una detrattrice di Taylor Swift, anzi. Se c'è una canzone che riesce sempre e comunque a mettermi di buon umore è sicuramente Paper Ring e solo un paio di settimane fa con un amico mi sono lanciata in un memorabile duetto al karaoke sulle note di Love Story. Nonostante questo, però, è sempre stata piuttosto distante da ciò che ascolto quotidianamente. Nel momento in cui ha annunciato che il suo nuovo lavoro avrebbe vantato la collaborazione di Bon Iver e Aaron Dessner, a cui fanno capo alcuni dei miei progetti preferiti di sempre, la curiosità è schizzata alle stelle. E, sono molto felice di poter affermare che le aspettative non sono state deluse. In questi giorni non si è fatto altro che parlare della presunta "svolta indie" di Taylor Swift, ma non è di questo che si tratta. folklore è un disco pop, su questo non c'è ombra di dubbio, ma se tutti i dischi pop nel 2020 suonassero così il mondo sarebbe un posto meraviglioso.
Si tratta di un disco molto coerente e omogeneo, che a un primo banale ascolto potrebbe sembrare lento, noioso, monotono. La sua durata complessiva, 16 brani per un totale di un'ora e tre minuti, per l'era in cui viviamo è un'eternità, eppure scorre via in un baleno. È un disco da valutare nella sua interezza, un viaggio da compiersi dall’inizio alla fine. Ovviamente ci sono brani che spiccano maggiormente, ma tutte le canzoni hanno abbastanza personalità e cura da poter essere contraddistinte nonostante l’omogeneità dei suoni, non c’è un filler che pare aggiunto per caso ed è una cosa non da poco considerando la lunghezza dell’album.
Questo disco è la dimostrazione del fatto che dietro Taylor Swift c’è molto di più che una macchina da soldi, bensì un’artista completa e capace, che sa il fatto suo e finalmente sembra aver trovato la sua dimensione, potendo quindi permettersi di fare letteralmente ciò che vuole, che si tratti di realizzare un disco che si distacca profondamente da ciò a cui ha abituato i suoi fan o di schierarsi apertamente contro Donald Trump dopo che voci di corridoio per anni l'hanno etichettata come repubblicana. Ora non ci resta altro che sperare che non sia stata solo un parentesi volta ad accaparrarsi una fetta di pubblico maggiore e differente (ma, sinceramente, non credo che si tratti di un'artista che ha bisogno di allargare il suo pubblico), ma di un progetto solido che verrà portato avanti nel tempo.