Una delle chitarre e voci più riconoscibili dell'indie rock d'Oltremanica torna alla carica dopo poco più di un anno dal suo ultimo disco: Miles Kane ha finalmente pubblicato il suo nuovo album One Man Band. Il quinto lavoro in studio, prodotto dal cugino James Skelly (leader dei Coral) e scritto insieme all'amico Tom Ogden (frontman dei Blossoms), sa un po' di chiusura del cerchio dopo un viaggio tortuoso nella storia più recente dell'indie. L'artista inglese è tornato nella sua natale Liverpool per respirare un po' di aria di casa e ritrovare quella linfa vitale e quella connessione tra la musica e la vita che lo avevano ispirato nei primi gloriosi anni di carriera. Lui stesso ha dichiarato a più riprese quanto importante sia stato ritirarsi tra amici e volti familiari per ritrovare sé stesso: nessun pianoforte, nessun ottone, niente fronzoli. Solo Miles Kane e le sue chitarre.
Se avete bisogno di un'iniezione di fiducia, di pompare un po' il vostro ego e trovare la giusta autostima, questo è il disco che fa per voi. One Man Band trasuda tutta l'energia di Miles Kane e la sua ritrovata sicurezza nei propri mezzi. Ogni brano è schietto e senza particolari fronzoli: messaggi chiari e trasparenti, ottenuti nel modo più efficace possibile ed un'atmosfera che richiama il Kane dei primi lavori.
Il trittico di brani introduttivi è emblematico per raccontare al pubblico le riflessioni che hanno di fatto generato il disco. Il primo assaggio del concentrato di energia si ha subito con l'apripista Troubled Son: un assaggio di punk rock versione Billy Idol con chitarra a volontà e una linea di basso che richiama gli Strokes di Reptilia. Una presa di coscienza degli errori della propria vita, dei momenti bui e degli insegnamenti che è necessario trarne per andare avanti: tornare indietro per andare avanti.
The Best Is Yet To Come lascia trasparire tutto il vissuto di Kane con il supergruppo The Jaded Hearts Club: una linea di basso arrogante quanto basta, chitarre e coretti in falsetto ad accompagnare tutta la voglia di affrontare il futuro con lo stesso spirito di un villain di una pellicola di Scorsese o Ritchie. Trittico iniziale di presa di coscienza del proprio valore che si chiude con la titletrack One Man Band. Il titolo è abbastanza emblematico e le sessioni di promozione del disco in UK ne sono state un esempio: Miles Kane e la sua chitarra elettrica, stavolta in versione post-punk, sono inseparabili e la sicurezza ritrovata è di nuovo il tema centrale della canzone.
Quello che non manca a Miles Kane sono attitudine e sfrontatezza: Never Taking Me Alive è l'unico modo che aveva a disposizione per riuscire a mantenere alto il livello dopo i primi brani. Un groove di batterie e chitarre che rendono la traccia una versione del 21esimo secolo del surf rock dei tempi migliori, nonché un'occhiataccia di sfida ai Black Keys. Non mancano i riferimenti cinematografici per calarsi ancor più nella parte:
I'm De Niro in Casino
I'll be living in your head
Al Pacino in Carlito
With all that being said, you're never taking me alive
Heartbreaks (The New Sensation) è una versione 2.0 di The Element Of Surprise oltre ad essere uno dei pochi elementi di continuità con i lavori più recenti come (Cry On My Guitar di Coup De Grace e Never Get Tired Of Dancing di Change The Show). In definitiva, un ulteriore tributo alle sue radici, stavolta nel senso dei gusti musicali che lo hanno portato ad essere chi è oggi, ovvero i T-Rex di Marc Bolan. The Wonder è il pezzo in cui si sente forse di più la mano dei Blossoms con un finale che si presta benissimo ad essere urlato a squarciagola ai concerti: il terzo singolo che ha preceduto l'uscita del disco è una vera bomba.
Si passa poi a Baggio, un brano ovviamente dedicato al leggendario Divin Codino, nonché una delle icone degli anni '90 di cui Miles Kane da ragazzino ammirava le gesta in tv. Un brano che ufficializza il suo amore per l'Italia, come ci aveva ammesso durante un'intervista. Un ballata nostalgica molto orecchiabile, perfetta per l'estate che si presta bene sia nella sua versione originale sia nella versione acustica con cui Kane la sta proponendo nelle sessioni radiofoniche e di autografi nei record store inglesi. Ma c'è di più: in occasione della release del singolo è stato pubblicato un mini-documentario che mostra Miles che riesce a raggiungere il suo idolo nel vicentino e ad avere una sua maglia autografata.
Sentimentalismi a parte, il brano successivo Ransom è un romantico mix di riferimenti soul e glam rock, che spaziano dalla leggenda Neil Diamond ai Tame Impala: il risultato è una bella ballata in cui la voce soprana di Kane assume un tono molto più dolce e suadente. Un momento perfetto per tirare il fiato prima del gran finale. Il primissimo Miles Kane e la sua anima mod tornano a colpire con Doubles, brano che riassume ancora una volta i mitologici Jam, gli Strokes ed un modo di cantare che rievoca la voce iconica di Tom Jones per un'iniezione di ottimismo.
Il cerchio si chiude con due brani molto introspettivi, frutto dell'auto-analisi che ha curato la creatività e la personalità dell'artista inglese. Dapprima Heal, segnata dalle reminescenze TLSP e con quel solenne ritornello con un coretto simil-gospel che pesca tantissimo dal new soul di Michael Kiwanuka. Infine Scared of Love in cui Kane si spoglia di tutti gli artefici del rock'n'roll e indossa la sua amata chitarra classica per sfornare un perfetto finale acustico: la culla nella quiete dopo la tempesta.
Questo disco suona come l'ennesima dimostrazione che dai momenti complicati e più bui c'è sempre una via di fuga e che le radici sono la cosa più solida a cui ci si può aggrappare nel momento del bisogno. Miles Kane è così tornato nella sua Albione, tra Londra, Manchester e soprattutto Liverpool per raccogliere tutte le energie e incanalarle in un disco intimo, ma allo stesso tempo potente. Con lui tanti amici e volti noti che hanno contribuito alla registrazione del disco nei nuovissimi Kempston Street Studios di Liverpool: oltre ai già citati fratelli Skelly e Tom Ogden, hanno preso parte alle registrazioni anche Andy Burrows e Kieran Shudall dei Circa Waves).
Ma alla fine di tutto ciò che emerge è sempre lui, l'One Man Band.