Small Changes Michael Kiwanuka
8.3

Era il 2007 quando Rick Rubin e Dj Premier, due dei produttori più iconici e di successo della storia, si imbarcarono in un progetto sponsorizzato da Nike. Un brano composto appositamente per festeggiare il 25° anniversario di uno dei prodotti più vincenti dell'azienda - le Air Force - e in cui si cimentarono quattro dei rapper più influenti di sempre (Nas, KRS-One, Kanye West e Rakim). L'incrocio tra il suddetto marchio e questa sfilza di icone non è certo casuale: un po' per l'indissolubile legame tra l'hip hop (in rappresentanza della black music tutta e della cultura urban) e Nike, un po' perché il brano si intitola Classic e nessuno meglio di loro avrebbe potuto, in quello specifico momento storico, provare a dare una risposta ad una semplice domanda: "What is the definition of classic?".

Una risposta ce la dà ad anni di distanza il quarto lavoro in studio di Michael Kiwanuka: Small Changes è senza ombra di dubbio un classic. Un po' per il suo solito toccante timbro soul, un po' per il suo accarezzare la corde della chitarra al tempo di ritmiche tutte nuove, un po' per la sua trasudante autenticità. Confermarsi dopo un Mercury Prize e una candidatura ai Grammy per l'omonimo disco KIWANUKA (2019) non era cosa scontata nemmeno per un fuoriclasse e per comprenderne la riuscita bisogna sforzarsi di cercarne le ragioni in più ingredienti, come per tutte le cose che riescono bene.

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Michael Kiwanuka | Credits: Marco Grey

Alla produzione, oltre allo stesso artista inglese, ci sono i fidati Danger Mouse (ex Gnarls Barkley e collaboratore e produttore, tra gli altri, di Gorillaz, Black Keys, RHCP e A$AP Rocky) e Inflo (produttore tra i tanti di Little Simz e Cleo Sol), già tra le robuste fondamenta dei due acclamatissimi precedenti lavori Love & Hate (2016) e KIWANUKA (2019). Si aggiungono al già ben rodato team anche Pino Palladino, eclettico bassista sopra ogni genere musicale - date le sue collaborazioni con gente del calibro di Pink Floyd, John Mayer, Paul Young, Adele e D'Angelo - e Jimmy Jam del duo di produttori Jimmy Jam and Jerry Lewis, forti di ben 11 nomination (più di chiunque altro) al premio Producer of the Year, Non-Classical dei Grammy e che possono vantare collaborazioni con Lionel Richie, Michael e Janet Jackson, Mary J. Blige e Bryan Adams. Serve aggiungere altro?

Se ad un team così forte e ampio, sia numericamente, sia in termini di influenze musicali, si aggiunge il talento cantautorale smisurato di Kiwanuka la strada verso un possibile successo è letteralmente spianata. Dopo anni in continuo crescendo con le relative attenzioni circostanti sempre più alte, tour e festival in tutto il mondo e probabilmente il peso di dover sempre dimostrare di essere effettivamente il fuoriclasse dipinto anno dopo anno da tutti, la vera sfida risiedeva nel mantenere quell'essenza che lo ha contraddistinto sin dagli albori.

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Michael Kiwanuka - "Small Changes"

Il disco si apre in perfetto stile Bill Withers, con Floating Parades, il singolo che per primo ha anticipato il ritorno sulla scena del soulman inglese. Si riprende da dove si era rimasti, con delle ritmiche incalzanti che saranno un valore aggiunto e il fulcro di tutto il disco, tipiche dell'album precedente e che ricordano il groove funk degli ultimi Black Pumas. La batteria e la ritmica rimangono centrali anche nella successiva Small Changes - title track e tra i brani più riusciti del disco - arricchita dagli assoli di Kiwanuka che valgono quanto una strofa e che ci riportano alle sue dichiarate influenze rock vecchia scuola (Hendrix su tutti). "Small changes / Solve the problems" ripete, rassicurando l'ascoltatore.

Il trittico di apertura si chiude nello stesso mood con One and Only, il tipo di brano che ha reso celebre lo stile del cantautore: una ballata lenta in cui i cori, i ritornelli e la chitarra sono un'iniezione di speranza per chi ascolta. Tra i brani più affascinanti del disco c'è poi senza dubbio la successiva Rebel Soul che determina il primo cambio di passo e aggiunge un che di psichedelico, grazie all'alone di mistero generato dalla tonalità vocale di Kiwanuka, all'ipnotico pianoforte e i passaggi di archi.

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Il doppio interludio, formato da Lowdown (part i) e Lowdown (part ii), è la fotografia perfetta del talento di Kiwanuka e del perché avere il produttore giusto al posto giusto può solo aumentare le potenzialità del proprio lavoro. Definire infatti i (quasi) 6 minuti su cui sono distribuiti i due brani come semplice interludio è quantomeno riduttivo, per quello che può essere visto come un saggio delle influenze più radicate del cantautore britannico, dallo stesso Jimi Hendrix, ai Pink Floyd (vedi la chitarra protagonista della part ii) e al più recente John Mayer.

"Follow your dreams / Like a lost child" è il secondo mantra e manifesto del disco, ripetuto allo sfinimento proprio in Follow Your Dreams e seguito dal coro "Follow Your Dreams (Fear no danger)". Di nuovo entra in scena l'influenza diretta di Bill Withers, al pari della successiva Live For Your Love in cui è però altrettanto evidente la chiave più moderna percorsa da artisti R&B come Little Simz o Leon Bridges.

Dal suo canto, Start By My Side appartiene alla stessa linea interpretativa del soul in chiave più moderna, mentre The Rest Of Me è il frutto della sperimentazione degli ultimi anni, rielaborata con la consapevolezza del Michael Kiwanuka del 2024 in una chiave tutta Bill Withers o Marvin Gaye.

La chiusura, elegante e introspettiva come i primi due dischi, è oltremodo emblematica nel titolo: Four Long Years. Quattro lunghi anni, come quelli che lo stesso Kiwanuka ha ammesso di aver dovuto trascorrere per ritrovare se stesso e rimettere al centro del mirino la sua direzione musicale come assoluta priorità. E difatti il brano richiama tantissimo The Final Frame (pezzo di chiusura di Love & Hate), con un soul strappalacrime fatto di voce, piano e chitarra.

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Siamo di fronte al più classico momento della propria vita in cui si inizia a guardare la strada percorsa alle proprie spalle, dopo anni di investimenti e sforzi per arrivare, ma dove? Kiwanuka nella vita ritrova il suo "senso delle cose" trasferendosi nell'Hampshire dopo una vita trascorsa a Londra, con i vantaggi e gli svantaggi che un ambiente così comporta. La paternità, inoltre, gli ha probabilmente consentito di mettere a fuoco il senso della sua musica, l'essenza e il messaggio da veicolare. Ad arricchire una riflessione tale ed un ritorno alle sue origini musicali ci hanno poi pensato gli esperimenti, le esperienze e i nuovi risvolti musicali del precedente album, accompagnati dal grande team di produzione che lo ha affiancato.

Small Changes è, in definitiva, il frutto di quattro anni di silenzio e riflessioni in cui Michael Kiwanuka ha dovuto fare i conti con lo strano ossimoro che si è materializzato, lento e inesorabile, nel corso della sua carriera. Da un lato un'innata esigenza di comunicare messaggi curativi attraverso una voce calda e immortale, dall'altra i frutti di un percorso di crescita che lo ha portato a sperimentare oltre al soul, fino ai palchi dei principali festival mondiali. Sfruttare gli insegnamenti e i risultati conseguiti per rafforzare la propria missione. Un disco di cui c'è e ci sarà sempre disperatamente bisogno. Un classico, fatto di 11 insegnamenti su cui l'autore vuole invitare a soffermarsi.

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Michael Kiwanuka | Credits: Marco Grey

P.S. per chi è arrivato a fine recensione: se ancora vi stavate chiedendo del perché l'ho presa così larga nell'introduzione alla recensione, sappiate che il sample della base di Classic contiene segmenti di Give Me The Night di George Benson e di Dance The Kung Fu di Carl Douglas, due delle principali influenze presenti e passate dei lavori di Kiwanuka e in generale degli artisti R&B e new soul.