Sono stati tre anni intensi per Archy Marshall: dal 2017, quando il suo secondo album the OOZ ha visto la luce, ad oggi la sua vita è stata ribaltata da capo a piedi; con l’arrivo di un figlio ha deciso di trasferirsi, insieme alla compagna, la fotografa Charlotte Patmore, a nord di Londra, lontano dalla frenesia e dai ricordi di un’adolescenza non troppo semplice. Man Alive!, a quel punto, era in lavorazione già da tempo e si sarebbe concluso solo sei mesi dopo la nascita della bambina.
Man Alive! è un’esclamazione sui tempi in cui viviamo, una versione americanizzata di un “fucking hell, man!”, letta come se a pronunciarla fosse Adam West nei panni di Batman; nulla di nuovo, dunque, per chi già conosce King Krule e ha fatto il callo alla sottile e pungente critica sociale che permea i suoi lavori precedenti. Precedenti, appunto, perchè in questo nuovo album, di fatto, il giovane scapestrato, che osserva il mondo con saccente distacco, che sente di non appartenere alla realtà che lo circonda, lascia spazio ad un adulto consapevole e partecipe, con le responsabilità di un padre ed una nuova vita da proteggere. «Le canzoni sono una testimonianza del periodo che ha preceduto la mia paternità, e del bisogno di cambiamento, piuttosto che della nuova vita che vi ha fatto seguito» ha raccontato così Man Alive! che si veste di due abiti diversi: il primo, scomodo e consumato, ricorda, per suoni e tematiche, la durezza di Easy Easy e Half Man Half Shark; il secondo, invece, è un vestito nuovo, confortevole, che ancora il venticinquenne sta imparando a conoscere. Basta un ascolto per capire che nella vita di Archy qualcosa, ad un certo punto, è cambiato; non è una rottura netta con il passato, bensì una sua rilettura in chiave più matura. Ci sono brani come Supermarchè ispirata alle conversazioni che l’artista ha origliato nei supermercati e alle opinioni che da esse emergono, condizionate dalla propaganda mediatica, come ha raccontato a Pitchfork; e ancora Comet Face e Stoned Again che si portano dietro l’immaginario tipico dell’universo di King Krule, costruito a partire dagli anni in cui era ancora Zoo Kid fino a the OOZ.
Ma Archy Marshall, a quella fase, ha messo il punto. Nel comunicato stampa che ha accompagnato la pubblicazione di Man Alive! il giovane ha spiegato di voler produrre qualcosa che fosse al polo opposto rispetto a quello che era stato il suo ultimo lavoro in studio. Ampolloso, divagante, impulsivo, spigoloso, the OOZ aveva dato sfogo ad un bisogno che in questa occasione non si è ripresentato; al contrario Man Alive! è misurato nella forma e nei testi, morbido e delicato, relativamente breve (dura poco più di 40 minuti), e limato nel più piccolo dettaglio. Il suono, arricchito dalla collaborazione stabile con il sassofonista Ignacio “Galgo” Salvadores (con il quale aveva inciso Stoned Again ancora prima della pubblicazione di the OOZ nel 2016), che avvicina il timbro lo-fi, ovattato e crudo di King Krule ad atmosfere più tipicamente jazz. Sceglie di preservare l’uso dello spagnolo in brevi frammenti del disco, come già aveva fatto in precedenza (Bermondsey Bosom (Left)), e suona la quasi totalità degli strumenti necessari, affiancati alle registrazioni di conversazioni occasionali al telefono o ai rumori caotici della città. Per certi versi ad un primo ascolto potrebbe ricordare un lavoro di Mac DeMarco, con un pizzico di cinismo in più. Sebbene non si possa incasellare lo stile di Archy in un genere chiaro e definito, è questa forse la prima volta in cui mancano colpi di testa musicali, in cui tutti i brani mantengono la stessa timbrica, lo stesso mood. Ricordiamo che the OOZ passava dal post-punk di Dum Surfer ai toni pacati di Slush Puppy, mentre non ritroviamo nulla di simile in questo caso. Man Alive! testimonia la ritrovata pace di King Krule, che sposta il focus dei propri testi sull’amore per la propria compagna e per la piccola Marina. Non a caso l’album si chiude sul più romantico dei desideri di Archy: «girl, please, complete me».
La cosa curiosa di questo lavoro è che potrebbe essere facilmente confuso per una singola, lunghissima, traccia, tanto è coeso e armonioso. Davanti a Man Alive! viene quasi da sorridere a pensare a quel redhead che con l’umanità non voleva avere nulla a che fare; l’album è ricco di riferimenti culturali, dalla Giovanna D’Arco di Dreyer nel video di (Don’t Let the Dragon) Draag On, titolo peraltro ispirato ad un episodio di Adventure Time, alla serie di film de Il Presagio (in inglese The Omen), alla quale fa riferimento il brano Alone, Omen 3. E ancora Archy decide di giocare in casa, quando sceglie come copertina del disco un dipinto del fratello (una piccola curiosità: a ben guardare le braccia e le gambe dell’uomo disegnato formano una M ed una A, proprio come le iniziali di Man Alive!) e lascia dirigere alla propria compagna un cortometraggio per anticipare la pubblicazione di nuovo materiale in studio. Hey World, questo il titolo, lo vede protagonista accanto ad una città grigia, costellata di fabbriche e tralicci, per i quali, confessa, ha un’ossessione tale da inserirli anche nei video che accompagnano Cellular e Alone, Omen 3.
Man Alive! è un album che non esplode mai, non ha un punto focale né un elemento stonato. Nella sua linearità, però, centra l’obiettivo di dare voce all'anima di Archy Marshall, che per la prima volta sceglie consapevolmente di restare dove in passato sarebbe scappato, di vivere anziché osservare la vita scorrere da lontano. Certo è che chi si sarebbe aspettato l'ennesimo disco stralunato, feroce, sarà rimasto parecchio deluso dal cambio di rotta. Niente punk, niente rock, solo un flusso di pensieri che si muovono sparsi ma coerenti, raccontati con il classico piglio un po' inquietante, quasi gore, che è insito nella sua natura. King Krule ci ha reso partecipi di un momento di profonda transizione nella sua esistenza, un cambiamento che non porta con sé la paura di cosa accadrà poi; il giovane ha raccolto quel che è rimasto di un passato caotico e disordinato ed è andato oltre. Alla fine quello che rimane è la consapevolezza di quanto la vita possa cambiare in un battito di ciglio e lui ben lo sa: «such a funny life I lead» (Energy Fleets).