Il nuovo, secondo album degli Inhaler è di una maturità impressionante, inaspettata, a tratti sorprendente. Il gruppo capitanato dal figlio di Bono degli U2 (Elijah Hewson) riesce a portare la musica alternative ad essere ascoltabile anche ad un pubblico che, magari, è poco avvezzo al genere e lo fa in punta di piedi, senza strafare, seguendo dei pattern standard ma godibilissimi.
Un esempio perfetto che racchiude questo riassunto iniziale è proprio la traccia di apertura Just To Keep You Satisfied: quattro accordi, un ritornello catchy e frasi leggere ma con toni decisi. Gli Inhaler del primo album, quelli di It Won't Always Be Like This per capirsi, non avrebbero mai potuto realizzare un pezzo del genere. Ciò è probabilmente frutto sì di un naturale processo di ogni band che man mano evolve il proprio sound, ma con gli Inhaler si può decismente parlare di una restaurazione in positivo. L'indie rock di Cuts & Bruises ha tinte leggermente più cupe (a partire dalla copertina) e la malinconia di Love Will Get You There racchiude tutto questo sentimento. Qui Hewson ha un tono di voce clamorosamente similare allo zooropiano padre, cosa che fa sobbalzare (e pure parecchio) dalla sedia al primo ascolto. Mai gli Inhaler, vocalmente parlando, erano stati prima così simili agli U2 e realizzare un disco di questo tipo, che si accostasse un po' di più ai lavori di Bono e soci poteva rivelarsi una strada rischiosa. Ciò però, anche se è presente un flirting continuo tra voce padre-figlio, non snatura il senso di coesione dell'album: le due immaginarie voci che abbiamo citato (Elijah-Bono) non si sovrappongono mai fino a creare un quasi auto-plagio, bensì c'è una rinnovata scoperta di tonalità e tinte che la band irlandese sa fornire come inedite. Questo è ben visibile in So Far So Good e soprattutto in These Are The Days (primo brano uscito come singolo la scorsa estate), in cui il basso iniziale è una gioia per tutti i possessori di un Fender Precision. Per non parlare, poi, della più ballad di tutte: If You're Gonna Break My Heart in cui capiamo al 100% tutte le parole di Elijah riguardo la presentazione di questo nuovo lavoro:
"Penso che abbiamo imparato molte lezioni su Credo che la cosa principale che abbiamo detto è che volevamo meno informazioni, per far respirare un po' le canzoni. Credo che fossimo più sicuri di noi stessi, e non c'è bisogno di aggiungere tanto se si è sicuri delle canzoni e del materiale. Questa è stata la base di partenza e credo che ci abbia guidati abbastanza bene".
Una guida stabile è stato anche Antony Genn (tra i tanti, ex Joe Strummer and the Mescaleros), produttore dell'album, che aveva curato anche l'uscita della prima fatica nel 2o21.
In altri termini, poche sovraincisioni: se si ha la base pronta, ci si continua a lavorare ma non si aggiunge molto altro. Le canzoni in Cuts & Bruises arrivano al core, al nocciolo della questione in modo più diretto rispetto ai brani dell'album d'esordio. E questo non significa che a questo giro hanno voluto fare le cose più facili e senza troppa fatica, ma è soltanto una diversa impostazione del gruppo, perchè non hanno affatto perso la loro natura primordiale: quella di vera indie rock band.
Non è tutto oro ciò che luccica, comunque: Perfect Storm, il brano giro di boa dell'album, non convince pienamente. La sesta traccia del disco è un po' noiosa, con un giro di chitarra e di basso che sa di "già sentito" e una batteria mal calibrata rispetto alla voce eccessivamente modificata in studio rispetto alle altre canzoni, compagne di album. È un piccolo giro a vuoto in un complesso ben strutturato, che può starci, soprattutto se preparatoria al brano più lungo (e più stimolante) dell'intero lavoro: Dublin in Ecstasy. Cinque minuti e undici secondi. Una canzone molto interessante, sia per struttura che per significato, la più impegnata delle undici proposte. La durata più allungata permette agli Inhaler di far sentire come se la cavano nei bridge e negli special più elaborati (spoiler: molto bene).
Il disco nell'ultima parte sembra purtroppo allungare il brodo, senza dare grandi novità sia in fatto di sound che di tematiche trattate. È un po' il limite di questo nuovo album della band irlandese, a tratti ancora imbalsamata su alcuni riff che, come detto, sanno di già ascoltato.
Gli Inhaler sono sicuramente in crescita, hanno già abbandonato alcuni sound più radiofonici per abbracciare, con grandissimo coraggio, nel 2023, una pubblicazione di un secondo album più ragionato, forse meno immediato, ma più apprezzabile, anche grazie ad una chiusura di disco affidata al binomio The Things I Do / Now You Got Me. La prima pare essere, anche dopo ripetuti ascolti, simile ai primi pezzi del gruppo. Soprattutto con quel tipico piano sincopato, su linee R&B che, comunque, non snaturano il lavoro. La seconda con un basso pesantemente distorto ci accoglie su un'altra dimensione. Se prima un senso di movimento e generale allegria costellavano il sound di The Things I Do, Now You Got Me sembra preparare quello che si spera possa essere un futuro terzo disco degli Inhaler: tematiche più dark ma senza, necessariamente, recidere nettamente una parte più melodica e easy-listening.
Il futuro per Hewson e compagni è roseo e (speriamo) ricco di novità.
Nel mentre che aspettiamo, noi, intanto, nel dubbio, i biglietti per maggio 2023 ce li siamo già accaparrati: il 13 a Bologna (Estragon), 14 Roma (Orion), 16 Milano (Alcatraz).
Love Will Get Us There.