La calma, poi un’esplosione angosciante. Lo si percepisce al primo ascolto di un album che forse non si sarebbe mai aspettato così cupo e brillante. Sono questi i due aggettivi, totalmente opposti, che qualificano TANGK, quinto e ultimo album degli IDLES. Si rincorrono e si scontrano per tutte le tracce, lasciando l’ascoltatore tramortito.
I cinque di Bristol stendono al tappeto chiunque si appresti ad ascoltare questo disco, con una strabiliante novità: non più ruggendo al pubblico e scatenando la propria rabbia post-punk, tipica dei lavori passati, ma mettendo tutta la propria fragilità nei testi, raccontando senza troppi giri di parole che l’amore non è altro che un breve intervallo tra il dolore e la frustrazione.
Testi che non mancano dei soliti giochi di parole degli IDLES, che rimangono conficcati nel cervello dell’ascoltatore senza troppi sforzi. In POP POP POP il frontman Joe Talbot ripete come un mantra la parola tedesca “Freudenfreude”, termine che viene utilizzato nelle scienze sociali per descrivere la gioia provata nel vedere gli altri conquistare traguardi. Piccoli momenti di serenità che si percepiscono nelle dediche alle persone più vicine di Talbot, che insieme agli altri componenti del gruppo è autore dei brani.
È una continua ricerca affannosa di pace, di Grace (con la frase “No god, No king, I said love is the thing”, divenuta motto dell’album) e di Gratitude, scandita dalla batteria di Jonathan Beavis, che in questo album vuole più dedicarsi ai piatti che ai tamburi. È il bello di TANGK: ritmi e suoni su cui un fan fedele degli IDLES non avrebbe mai scommesso. Chi avrebbe mai pensato che Joe Talbot si sarebbe dato a un soul straziante, come in quello di Roy? Oppure allo “swing caraibico” – come specificato dalla band – del coro di Jungle? Quest’ultima cantata di testa, come un’ode alla propria resilienza.
Si sapeva già dall’uscita del primo singolo, Dancer, che questo sarebbe stato l’album della svolta, più che dell’addio agli IDLES di un tempo. TANGK non è per niente un ultimo saluto ai vecchi Joe, Mark, Jonathan, Adam e Lee. Non si possono non percepire in questo album quelle schitarrate pazze di Mark Bowen, chitarrista della band, che ha voluto regalare qualche vecchia gemma “Made in IDLES” insieme al suo collega Lee Kiernan: esempi chiarissimi la già citata Gratitude e Gift Horse, che strizzano l’occhiolino alle tracce di Joy as an Act of Resistance e Ultra Mono, quarto album della band.
Ma è proprio Dancer la vera chicca di TANGK, sodalizio con gli LCD Soundsystem ai cori. Un invito a lanciarsi in una danza sfrenata a ritmo di un basso graffiante dal suono metallico di Adam Devonshire. Un invito ad amalgamarsi anche con violenza, fianco a fianco, guancia a guancia, in un unico essere: un po’ come ai concerti carichi di sudore e delirio della band inglese. Per non bastare, ci si può sfogare in un pogo ascoltando Hall & Oates, pezzo che pare uscito dagli anni Novanta.
L’ascoltatore è ancora steso al tappeto, colpito dall’hip hop e dall’elettronica, diversi dalle precedenti uscite degli IDLES. È incredibilmente stato messo K.O. da un leggerissimo piano. La vulnerabilità di questo strumento musicale è stato il colpo di grazia. È proprio il piano un’altra novità: c’è, quasi speculare, nella prima traccia (IDEA 01) e in quella di metà disco (A Gospel). Vuole fare da porta a una possibile strada per il quintetto di Bristol, vuole essere il protagonista di un momento che non avrà altro seguito e resterà cristallizzato nel quinto album. Difficile prevedere le prossime mosse del quintetto.
A chiudere, quasi come un congedo dolcissimo, il sassofono di una traccia che non poteva non chiamarsi Monolith, con il suo sound che pare un unico elemento massiccio che pizzica l’orecchio dell’ascoltatore. C’è tanto degli insegnamenti del produttore ingaggiato per questo album, nientemeno che Nigel Godrich, storico produttore dei Radiohead.
Resta una domanda: come i cinque mescoleranno dal vivo i loro vecchi cavalli di battaglia con l’ultimo lavoro. La risposta arriverà presto, con la partenza del tour mondiale che toccherà anche l’Italia: potremo rivedere gli IDLES il 5 marzo all’Alcatraz di Milano (concerto sold-out), il 23 e 29 giugno al Sherwood (Padova) e Flowers (Collegno, Torino) festival.