“Be formless. Shapeless. Like water. You put water into a cup, it becomes the cup. You put water into a bottle, it becomes the bottle. You put water into a teapot, it becomes the teapot. Water can flow or it can crash. Be water, my friend”.
Così Bruce Lee pronunciava in una delle sue ultime interviste la sua personalissima definizione di sapersi adattare alle situazioni e al mondo che ci circonda. Metamorfosi, cambiamento, voglia di evolversi. Bene: non esiste probabilmente citazione più calzante per descrivere gli Editors di Tom Smith e la loro costante voglia di sperimentare e non adattarsi ad una formula vincente qualunque.
Giunti al loro settimo lavoro in studio, il disco EBM è stato pubblicato il 23 settembre scorso dall’etichetta indipendente belga PIAS ed è stato prodotto da Benjamin John Powder, noto sulla scena musicale come Blanck Mass e da qualche mese membro ufficiale della band. Come abbiamo raccontato pochi giorni fa in un articolo di approfondimento proprio sugli Editors, l’ingresso del dj e producer in formazione ufficiale ha dato un ulteriore scossone alla direzione creativa della band, come d’altronde ha affermato lo stesso Tom Smith in una recente intervista: “Quando ha contribuito al nostro album del 2018, soprattutto sulla produzione, pensavo sempre che avremmo lavorato di nuovo insieme. E ora non è più solo un produttore che lavora con noi, ma fa parte della band, ed è una parte molto importante del gruppo. Ha idee forti e, come ho detto, è come se le canzoni non avessero più origine solo con me, perché la maggior parte delle nuove tracce hanno avuto origine con lui”. D’altro canto, il titolo stesso del disco è avvolto da un alone di mistero riguardo la sua origine generato dall’intrinseca doppia interpretazione dell’acronimo. EBM come Editors Blanck Mass ma anche come Electronic Body Music, un genere musicale di derivazione tedesca con una forte declinazione dance e techno/elettronica.
Già, l’elettronica. Decisamente l’aspetto preponderante del disco e, se vogliamo, la novità introdotta sempre più in modo massiccio da quando la band di Birmingham vi si è avventurata a partire dal 2015. Il ruolo di Blanck Mass, così come quello del tuttofare Elliot Williams è centrale: passare da producer dietro le quinte che può solo in parte mettere mano a ciò che la band chiede e sente di dover esprimere, ad avere voce in capitolo sulla composizione è sicuramente un bel salto. L’occasione per questa svolta si è manifestata tra il 2019 ed il 2020, periodo in cui il dj collaborava già con la band. Come hanno recentemente raccontato a Virgin Radio Italia, gli Editors proposero a Benjamin di lavorare ad una versione techno di alcuni loro brani per consentire loro di allinearsi stilisticamente ad un festival in cui erano stati invitati. Poi il Covid si mise in mezzo, gli Editors si ritirarono nelle rispettive dimore ed ebbero tutto il tempo di riflettere su quel progetto che fu ben presto chiaro a tutti avrebbe assunto la forma di un disco vero e proprio. Ed eccoci qui a raccontarci EBM.
Il primo brano del disco è il perfetto collante tra passato recente degli Editors ed il futuro. Heart Attack, primo singolo pubblicato nei mesi precedenti il lancio dell’album, rispetta tutti i requisiti che gli Editors hanno fissato per questo disco. Potente, suoni sintetici coinvolgenti, un ritornello facile da imparare tipico della loro lirica e un finale strumentale in cui Tom è libero di sprigionare tutta la sua vocalità. I richiami sono tantissimi anche in Picturesque e spaziano dal synth pop anni ’80 alla new wave tipicamente New Order (anche nelle loro versioni più recenti – consiglio un ascolto al disco Music Complete del 2016 per avere un’idea dei suoni a cui mi riferisco), con una ritmica gestita da una batteria molto incalzante. Sulla falsa riga di questa atmosfera, ecco Karma Klimb con la melodia e le sonorità tipiche dei primi Editors rimaneggiate da Benjamin. A chiudere il quartetto di brani introduttivi, troviamo a mio modestissimo parere la vera perla del disco: Kiss è un vero calderone di piccoli elementi perfettamente funzionanti e allineati. Il synth, la batteria, la voce di Tom Smith: difficile prendere la decisione su cosa prevalga davvero nel brano, se la voglia di scatenarsi o quella di fermarsi a riflettere sulle corde melodrammatiche che testo e melodia riescono a toccare. A rincarare la dose, il videoclip di accompagnamento all’uscita del singolo girato da Justin Lockey (suo primo video ufficiale), grande appassionato di fotografia e a giudicare dal suo profilo Instagram dotato di grande colpo d'occhio.

Dopo un inizio di disco roboante, ecco in Silence un altro punto di congiunzione con il classico repertorio Editors. Per coloro che familiarizzano con la discografia della band, non possono non tornare alla mente brani come Camera, Distance o Spiders anche se il rincaro sull’utilizzo dei sintetizzatori non manca. In questo caso i suoni elettronici di Ben fanno da accompagnamento alla boccata di ossigeno offerta dalle dolci parole di Tom Smith.
Straberry Lemonade è un pezzo dei nuovi Editors con un forte retrogusto di Violence e In This Light And On This Evening, soprattutto negli ultimi 90 secondi. Il post-punk emerge ancora una volta con i giri di basso e chitarre, oltre che attraverso le bacchette di Ed Lay. Il filo che cuce tutti gli elementi è composto da suoni electro-pop. Vibe, altro singolo che ha anticipato il disco intero, è un po’ Black Gold e un po’ Nothingness: ad ogni modo, la mano di Blanck Mass si sente eccome, così come è da sottolineare la voglia di un ritorno ad un electro-pop datato, ma mai passato di moda. I richiami agli anni ’80 e al post-punk/new wave culminano nella successiva traccia numero 8, Educate: The Cure, New Order, Editors e persino un po’ di Smith&Burrows (progetto parallelo di Tom Smith con l’amico Andy Burrows dei Razorlight in cui il cantante degli Editors abbandona le vesti del nichilista e si lascia andare ad un’inaspettata danza festosa).
La chiusura del disco è davvero notevole e mette in chiaro una volta di più che l’intento di questo disco è quello di fare festa dopo anni difficili di pandemia e di distanze: Strange Intimacy è il pezzo da techno party che non può mancare, con il suo beat penetrante ed un orecchiabilissimo ritornello. Dire che la base elettronica la fa da padrone è commento piuttosto scontato, leggerci una similitudine con i Kasabian di Empire un po’ meno: ascoltare Stuntman per credere. Se ad una base del genereci si aggiunge poi un ritornello perfettamente riuscito ed in completo stile Editors, la riuscita del brano è assicurata. La sensazione finale è sicuramente l’amaro in bocca per il mood del brano e perché il disco è a questo punto alle spalle. Azzeccatissima.
Il progetto Editors è chiaro, in continua evoluzione ma con una certa direzionalità. La svolta identitaria è supportata da un lavoro compatto e molto omogeneo. La scelta stilistica è accompagnata da tanti piccoli dettagli che non fanno altro che confermare gli intenti della band: 9 pezzi tutti ben oltre i 5 minuti di durata (ed eccezione del singolo Vibe), ruolo centrale di elettronica e sintetizzatori e una percepibile fortissima voglia di fare festa e coinvolgere fisicamente l’ascoltatore.
Discontinuità è la parola più calzante per inquadrare EBM all’interno del repertorio della band. Il risultato è sicuramente un disco affascinante e sperimentale, e proprio per questo ha sicuramente bisogno di più di un ascolto per essere metabolizzato. Le certezze però sono le stesse da ormai 20 anni: in un modo o nell’altro, i dischi non sono mai forzati o sbagliati e possiamo scommettere su quanto i live risulteranno arricchiti da questa voglia di festa dell’ennesima nuova versione degli Editors.
Dopo l’era di Chris Urbanowicz, era venuta quella di Justin Lockey ed Elliot Williams. Oggi, siamo ufficialmente entrati nella dinastia Editors Blanck Mass.
“Be formless. Shapeless. Like Editors” (semi-cit.)
