“I’m back”. Per farla breve e in stile Micheal Jordan (per chi si intende anche di basket) questo è il messaggio di Miles Kane, ad ormai 4 anni di distanza da Coup De Grace e a 5 mesi dal primo singolo del nuovo album. Più che di un disco, qui si parla di un manifesto che potrebbe facilmente suonare come “Miles Kane e quella irrefrenabile voglia di fare quello che mi pare”. Negli ultimi anni lo abbiamo visto godersi il palco come una vera rockstar (consiglio di guardarvi su YouTube cosa ha combinato in Messico tra il 2018 e il 2019), tornare nel Regno Unito a calcare le strade dei suburbs in cui è nato, prestare voce e chitarra al super gruppo dei The Jaded Hearts Club. Ebbene, Miles ha tirato una bella riga come si faceva alle elementari sotto le operazioni in colonna e ha sommato quanti più elementi potesse delle sue ultime esperienze per regalarci questo frullato di buonumore, rinascita e strafottenza. Motown, R&B, britpop, glam, indie e un po’ di sano rock’n’roll: questi sono gli ingredienti giusti, per Miles, per svoltare come annuncia lui stesso nell’avveniristico titolo Change The Show.
Iniziamo, senza troppi giri di parole, il viaggio nei 32 minuti della nuova versione più matura e self-confident di Miles Kane. Il primo pezzo del disco si intitola Tears Are Falling e con le sue note ci reimmergiamo nell’atmosfera dell’album precedente, Coup De Grace. La canzone è malinconica e riflessiva e assomiglia a quella che potrebbe suonare come la naturale prosecuzione di Killing The Joke. Parla di paure e di insicurezze con cui Miles Kane ha dovuto fare i conti come la maggior parte di noi negli ultimi anni.
Ma, come annuncia nel titolo del disco lo stesso Miles, non c’è tempo da perdere in inutili rimpianti, è ora di ballare. Kane impugna la sua fedele chitarra elettrica e ci regala un saggio della sua vera identità: Dont’t Let It Get You Down. Il brano valorizza la sua personalità e la band che lo ha accompagnato in questo percorso, i Sunglasses For Jaws, ed è un chiaro invito a lasciarsi andare grazie al groove. Di grande impatto anche il videoclip ufficiale, in cui compare l’attore Jimmi Simpson ad interpretare una versione del cantante ancor più senza freni, una sorta di Mr. Hyde.
Sulla scia di questo stato d’animo decisamente più acceso, Miles Kane ci introduce in un mondo fatto di suoni new soul/R&B in cui entra in scena la star Corinne Bailey Rae. Impossibile non farsi trascinare dal ritmo di Nothing’s Gonna Be Good Enough, di cui si sottolinea il testo in perfetto stile turneriano («I get myself into some sticky situations/Relationship consultations/Convoluted affectations as well» di inizio seconda strofa sembra essere scritto da Alex).
Ci spostiamo ora verso strascichi di sonorità Beatles e verso gli anni 90’ del britpop: See Ya When I See Ya ha tutto per essere una ballata hit retro-pop con retrogusto di Oasis, soprattutto nel ritornello, in cui non si sa se prevalga la voglia di piangersi addosso o di cantare a squarciagola ogni singola parola da sbronzi. O magari entrambe le cose.
Arriviamo così alla traccia numero 5 dove Miles sa come mantenere alto il livello di attenzione e la forza con cui si battono i piedi a terra. Never Get Tired Of Dancing è infatti abbastanza eloquente come titolo e, se chiudiamo gli occhi, ci teletrasporta in una sala da ballo rock’n’roll anni ‘60, in cui in giacca e cravatta l’obiettivo era quello di far oscillare le ginocchia a ritmo in modo più pronunciato possibile.
Dopo averla ascoltata almeno un paio di volte, soprattutto se si sta avendo una brutta giornata, possiamo passare al brano successivo, Tell Me What You’re Feeling. Avete presente The Doors e James Brown? Nice try, Miles, ci avevi quasi ingannati. Scherzi a parte, il pezzo è l’ennesima dimostrazione di quanto l’obiettivo del disco sia riuscire a non farci stare seduti ad ascoltare in santa pace. Per farlo, scomodare i due mostri sacri che ho citato non è per niente una brutta idea. Altro pezzo, altra influenza (semi-cit.).
Miles rispolvera un usato sicuro in Coming Of Age, contaminando alla perfezione la malinconia della sua hit Colour Of The Trap con le melodie surf rock. Il brano ci fa domandare una volta di più come sia possibile che non gli sia ancora stata commissionata la colonna sonora di un qualche film. Che tra l’altro è uno dei suoi sogni, come lui stesso ha detto nella recente intervista che ha rilasciato proprio a noi di noisyroad.
Il brano successivo è la title track, Change The Show, e per quanto sia il pezzo su cui sono più dibattuto nel lasciare un vago giudizio, non si può che notare come si arrivi a quel famoso proclama di cui parlavo ad inizio recensione: «’Cause it just don’t matter at all/Let’s change the show!».
La prossima traccia è un concentrato di tutto il suo lato Last Shadow Puppet: Constantly potrebbe tranquillamente essere inserita all’interno di Everything You’ve Come To Expect e nessuno se ne renderebbe conto. Parte Caroline e il mood torna ad essere quello dei primi pezzi del disco. Ritmo veloce e suoni ancora una volta vicini al mod ed al motown e tutti scatenati di nuovo in pista da ballo.
È tempo dei saluti e Miles Kane lo fa con Adios Ta-ra Ta-ra: chiusura notevole del disco. Anche qui tante le influenze che si possono distinguere, dal giro di basso pescato da glam e new soul, al ritornello da cantare in coro allo stadio o in mezzo al pogo di un concerto brit, tipo di Ian Brown o degli Oasis dei tempi d’oro. Immaginandola ad un live, sarebbe sicuramente un bel modo di chiudere.
L’idea di base del disco è ben più chiara di quelli precedenti. È cosa nota che nel suo periodo californiano Miles Kane abbia toccato il fondo e abbia vissuto momenti complicati e questo album è il suo modo di farsi sentire e gridare al mondo che è rinato definitivamente. Emblematico il passaggio dal primo pezzo del disco, non a caso intitolato Tears Are Falling, al più spensierato Don’t Let It Get You Down, chiaro tentativo di esorcizzare la negatività e trascinarci tutti in pedana a ballare e scatenarci sugli accordi della sua chitarra.
Change The Show è la Greatest Hits dei suoi pezzi preferiti. Miles Kane ha tagliato, cucito, strappato e poi incollato tutte le sue influenze, ne ha creato un abito fatto su misura per sé e lo ha sfoggiato con tutta la sua spavalderia. E badate bene, non è cosa da tutti saper mettere in mostra le proprie influenze musicali senza sfociare in una compilation di cover. E se volete identificare ancora più facilmente le sue influenze, dovete sapere che il buon Miles aggiorna periodicamente su Spotify la playlist Crispy Tunes, in cui raccoglie i pezzi con cui entra in fissa come facciamo un po’ tutti noi comuni mortali. Una sorta di “Radio Miles Kane”.
Il giudizio finale su questo disco è un bel compito. Molti imputano da qualche anno a questa parte al nostro caro Miles una mancanza di contenuto e di uno stile che lo identifichi. A giudicare dall’evoluzione dei suoi album nel corso degli anni, fatico a non accodarmi alla critica confrontando ad esempio i successi di Colour Of The Trap a Coup De Grace (che pure è un disco che ascolto spesso e volentieri), ma poco importa. Miles si ama, punto. Chi non vorrebbe avere il suo talento alla chitarra (innegabile e ampiamente riconosciuto da esperti e colleghi) e la faccia tosta da vera rockstar di sovvertire ogni volta le aspettative e i cliché dei più classici dischi rock?
Questo album è un tentativo di lasciarsi alle spalle i momenti duri trascorsi negli anni di pandemia e di ripartire con il piede a tavoletta sull’acceleratore. Miles Kane sfoggia in modo impeccabile sonorità e stili di chi più lo ha accompagnato nei suoi primi 35 anni di vita e colora con la sua spavalderia ed il suo eclettismo i suoni dei suoi eroi. Bel lavoro, Miles. Ora aspettiamo con trepidazione i live, in cui, e questo va sottolineato, è un vero rocknrolla e da sempre offre la migliore versione di sé.
Miles Kane tornerà a suonare live in Italia in questa primavera. Biglietti disponibili su Ticketone:
Venerdì 13 maggio 2022 @Magazzini Generali – Milano