Black Country, New Road è una band inglese formatasi a Londra nel 2018 e costituita da sette membri: due chitarristi, un bassista, un batterista, una violinista, una tastierista e un sassofonista. Cresciuti nel florido ambiente dei locali musicali, devono molto al Windmill di Brixton, pub e live venue nel sud della capitale britannica che da anni è fucina di grandi talenti e che, negli ultimi tempi, è diventata il fulcro di un nuovo movimento art-rock. Squid, black midi e appunto Black Country, sono solo alcuni dei numerosi esempi che si potrebbero fare. La ricerca di suoni inconsueti, un liricismo surreale e frammentario, la ridefinizione dei limiti del concetto di genere musicale rock e la schizofrenica dilatazione e riduzione dei ritmi e dei tempi sono i principali ingredienti dello sperimentalismo che caratterizza queste nuove band.
Dopo il pesante paragone con gli Slint, For The First Time era uno degli esordi più attesi del 2021 e i Black Country, New Road si presentano con un disco di appena sei tracce, ma lungo quaranta minuti.
Instrumental. L’album si apre con un brano strumentale, il primo registrato dalla band, che marca subito il territorio. Un insieme di batteria e percussioni di reminiscenza africana traggono in inganno l’ascoltatore, le note del synth e l’ingresso del sax e del violino conducono nell’Est Europa. Una fuga in piano sequenza tra i vicoli di una cittadina balcanica a un ritmo forsennato. L’ambient rock si mescola alla musica klezmer di matrice ebraica, il suono orchestrale è decostruito e poi ricostruito, fino alle note dissonanti del sassofono che rappresentano il culmine del crescendo finale.
Athens, Paris. Lo stacco è netto, improvvisamente l’arpeggio di chitarra, la batteria e il basso creano un’atmosfera da sobborgo inglese, che sia Londra o Birmingham (per i fan di Peaky Blinders) cambia poco. La voce di Isaac Wood inizia a raccontare una storia d’amore finita male. Il liricismo dei Black Country, New Road ama ingannare come la musica, la narrazione è onirica, surreale e mescola agli elementi di finzione altri aspetti reali, come il riferimento alla fine della band precedente, i Nervous Conditions. Gli stessi membri che erano stati costretti ad abbandonare il progetto passato a causa dei problemi con la giustizia dell’allora frontman, si sono poi riuniti occupando il settimo slot rimasto vacante con il chitarrista Luke Mark.
I have learned so little
From all I lost in two thousand and 18
I think she's still waiting there for us somewhere
Underneath what we built to keep the waters clean
A metà canzone il ritmo rallenta drasticamente, in contrasto con il disagio espresso dal testo. Il territorio è quello del jazz, almeno per qualche istante, fino a quando alla soglia del quinto minuto un ripetitivo e cantilenante riff di chitarra elettrica fa evolvere ancora una volta il brano. Si tratta di uno dei pochissimi momenti dove la band sembra abbandonarsi al sentimentalismo, si percepisce la nostalgia per la fine di qualcosa di importante.
Science, Fair. Tutto il disco ruota attorno alla circolarità della vita e in particolare delle relazioni, ogni traccia è una riflessione sul destino decadente che sembra attendere ognuna di esse. Questa volta si parla di un amore nato a una mostra di scienze nei pressi di Cambridge e per l’intero testo si susseguono riferimenti al mondo della tecnologia. Il brano è un continuo crescendo su un tappeto ritmico costante, scandito da una batteria alla Philip Selway: protagonista iniziale è una chitarra distorta che duetta in maniera stupenda e disturbante con il sax, tuttavia il tocco magico è dato dal synth elettronico che subentra e permane fino al termine, generando ed incrementando la sensazione d’ansia.
And still with sticky hands
I bolted through the gallery
With cola stains on my best white shirt
And nothing to lose, oh, I was born to run
It's black country out there
La Black Country Road che dà il nome alla band è una strada che taglia la zona centro-occidentale dell’Inghilterra, le West Midlands. Quel territorio, procedendo da Birmingham verso ovest, nel quale la prima rivoluzione industriale ha trovato più spazio e dove prima di ogni altra regione inglese si è iniziato a parlare di inquinamento dell’aria.
Sunglasses. Il singolo più lungo dell’intero album, ma anche quello con il quale i Black Country, New Road hanno attirato le attenzioni della critica, alimentando l’hype per il loro debut. La chitarra elettrica è protagonista per il primo minuto e mezzo, poi fa seguito un arpeggio delicato e malinconico sul quale a poco a poco si appoggiano batteria e basso. Isaac Wood dà prova delle proprie abilità metanarrative, chi racconta è un narratore inaffidabile, il viaggio è nei suoi pensieri: prima descrive l’ambiente sfarzoso e snob, tipico di una famiglia aristocratica (upper-class) alla quale appartiene quella che dovrebbe essere la sua amante, compatendone i comportamenti. Il refrain è un’esplosione di dissonanze tra sassofono, violini e batteria, l’unica via è tracciata dalla voce che qui abbandona il parlato per un leggero accenno di canto, mantenendo la tonalità dei secondi precedenti.
And I am so ignorant now, with all that I have learnt
I am so ignorant now, with all that I have learnt
Il tono semi-malinconico della prima parte è completamente ribaltato dal minuto 5.30 in poi. Gli accordi di chitarra movimentano il tempo ricordando che comunque si sta ascoltando un disco rock, il testo descrive il distacco del narratore. Gli occhiali da sole metaforicamente rappresentano il filtro nei confronti della realtà e rendono più forte il protagonista: «I am invincible in these sunglasses».
Track X. Si è fatto riferimento precedentemente al poco spazio lasciato al sentimentalismo, ecco questa è la traccia che più si discosta dalle altre proprio per questo aspetto. Il tempo è lento e privo di acrobazie ritmiche, si potrebbe quasi parlare di una ballata se non fosse per i repentini pizzichi di violino che catturano l’attenzione e distolgono dall’ipnotizzante arpeggio di chitarra. Anche la costruzione della canzone stupisce per la struttura quasi classica, dove spicca il ritornello melodico infarcito con dei vocalizzi femminili. Molto efficace è la canalizzazione del suono che per tutto il brano pone a sinistra il synth, a destra il sax e al centro le voci, la chitarra e il violino.
Turned out the inside inside out
I tried my best to stay afloat
After I sacrificed the goat
In your name, in the same room where we fucked as kids
With Abraham and Isaac and all of my greatest hits
L’aspetto più interessante qui è costituito dal testo che mai come in questo caso riesce a mixare realtà e sogno, rendendo persino frustrante i tentativi di chi ascolta di carpirne un’eventuale veridicità. C’è il riferimento all’episodio biblico di Isacco nella prima strofa (stesso nome del cantante ed autore dei testi) e l’omaggio ai black midi è una chicca per gli appassionati: «I told you I loved you in front of black midi». Le due band, oltre ad essere associate, spesso si sono esibite insieme sotto il nome black midi, New Road.
Opus. In latino il termine opus non serve solo a esprimere il significato di opera con attinenza artistica, ma più in generale indica il concetto di opera conclusa, compiuta. For the First Time è in questo senso espressione della circolarità, la stessa opera d’arte è una composizione circolare che si conclude da dove era iniziata, una vera e propria ringkomposition. L’ultima traccia è un brano fortemente legato alla traccia di aperura. Torna il klezmer, dapprima in chiave malinconica con chitarra acustica e sax poi, dopo l’ingresso del giro di basso mai come ora di una carica incredibile, veloce e irresistibile come in Instrumental. Le strofe, a metà tra canto e recitazione, sono inserite in intermezzi lenti, ai quali fa subito seguito il ritmo forsennato di quello che è a tutti gli effetti una sorta di ritornello strumentale.
What we built from Black Country ground
[...] What we built to keep ourselves warm
Burnt your hand and charmed the locals
All those mistakes laid out plainly
Anyone could see that the clamp was breaking me![...] What we built must fall to the rising flamеs
Gli ultimi versi coincidono con l’apice del pathos. La consapevolezza che ogni cosa è destinata a crollare rende tutto insignificante, ogni relazione tende a terminare nel punto di partenza, con la solitudine. Restano solo i ricordi che per quanto belli non fanno sconti alla sofferenza. Il finale è un crescendo, la velocità è cadenzata e il motivo lento della strofa si dilata e si fa tragico anche grazie alle urla di Isaac. Sembra ormai scontato dire che la traccia termini come era iniziata.
For the First Time è un disco che non scende a compromessi, non lascia alcun appiglio musicale o culturale a cui aggrapparsi. L’ascoltatore è abbandonato a se stesso, non può lasciarsi andare o farsi travolgere, deve lottare prima di tentare l’immedesimazione (che darà poi incredibile soddisfacimento). L’avant-jazz non è quello spensierato e danzereccio dei Viagra Boys, la natura post-punk si manifesta solamente nei testi e nel frattempo è mascherata da uno sperimentalismo oltremodo spinto, si spazia tra ritmi cervellotici assimilabili al math-rock e musica yiddish. Senza alcuna preoccupazione nei confronti dei possibili fruitori, senza curarsi troppo della piattaforma o delle “norme” commerciali, le tracce possono durare cinque o nove minuti, quello che conta è non porre limiti alla spinta artistica. Si potrebbe ritenere che derivi tutto da una propensione della band a riproporre in studio la dimensione del live, ma se si scava in profondità c’è molto di più, non è esercizio di stile o divertimento da jam session.
Il debutto dei Black Country, New Road è un esempio di decostruzione che rompe qualsiasi confine di stampo stilistico, musicale e culturale, senza contemplare alcuna forma di tradizionalismo. For the First Time potrebbe col tempo divenire uno dei capisaldi di una nuova tendenza, indefinibile, ma portavoce di una riscoperta della musica strumentale ed orchestrale. Non un semplice e datato ritorno al passato, ma una rivisitazione in chiave contemporanea, soprattutto elettronica, dei generi originari che sono messi in discussione, affiancati e posti in contrasto creativo.
Il consiglio è di non lasciarsi abbattere dall’iniziale straniamento, ma fare in modo che la complessità dia la spinta decisiva per indagare ed ascoltare più consapevolmente. Gli ostacoli si riveleranno poi solo muri di cartapesta e si troverà lo spazio adatto anche per questo nuovo esperimento del rock, a dispetto dello scetticismo iniziale e della convinzione, dopo il primo ascolto, che sia troppo opaco e spigoloso per essere incluso in una qualsiasi libreria.
I Black Country, New Road saranno live in Italia il 5 novembre 2021 a Torino, al Circolo della Musica.