I Don't Know bdrmm
7.8

Behind closed doors
We see a different concept
Trying hard to keep afloat
Drowning out the sound of fear

Poche parole scelte con grande cura, e in qualche caso nudi passaggi strumentali che non necessitano di altro per riuscire ad evocare la bellezza un'imperfezione. Una sorta di scheggia impazzita o chiazza di un colore irriverente che merita di essere compresa ed accettata, pur non funzionando. Alla base del criptico sophomore dei bdrmm I Don’t Know vige il puro istinto; la band rivelazione del 2020 aveva conquistato immediatamente la critica durante il lockdown con il calzante debutto (considerato il periodo) Bedroom, finendo oltretutto nella top ten stilata da Rough Trade. Tale successo ha spinto il gruppo a puntare con una maggior sicurezza sull'afflato sperimentale, anziché crogiolarsi troppo sulle vincenti posizioni di partenza.

bdrmm "I Dont't Know" promo pic
(c) Katherine Mackenzie

Compiuto il salto di qualità dalla Sonic Cathedral alla Rock Action Records fondata dai post-rockers scozzesi Mogwai, in veste di produttore dell’album troviamo per la seconda volta Alex Greaves (Working Men’s Club, Heavy Lungs), al quale fanno seguito parecchie novità in materia di sonorità e una piccola evoluzione a livello di songwriting. Le liriche dei brani nascono nuovamente dalle esperienze personali di Ryan Smith, presentando tuttavia anche una valenza più aperta e soggetta a molteplici interpretazioni.

Nel precedente capitolo del quartetto ad essere scandagliato era stato il sottilissimo confine tra dream-pop e shoegaze, con una grossa spinta in direzione post-punk; con i panorami sonori di I Don’t Know, i bdrmm cedono leggermente l’ultima quota citata, allargando le maglie in favore di passaggi più articolati e legati alla neo-psichedelia. A farsi notare fin da subito è una maggior incisività delle influenze space-rock, oltre all’inclusione di caratteri legati all’indietronica e all’ambient music di Brian Eno. Emergono passi motorik di richiamo ai Neu! e tratti post-rock, lontani rimandi ai Tortoise, trame noise-pop e neo-psych dei primissimi Pale Saints di The Comforts Of Madness, e ulteriori nomi di riferimento tra cui Radiohead, Ride, e progetti più freschi come DIIV e Protomartyr.

La lunga intro dal carattere danzereccio di Alps sfocia in atmosfere ovattate rette dai giochi di batteria di Conor Murray e dalle tastiere di Jordan Smith, fungendo da manifesto per l’intera opera. Il soundscape intessuto dalla band si sposa con la cruda e scura nota di realismo espressa in chiusura dal mantra «This is not a dream / Tearing us apart / Tearing us apart / Limb by limb / You’re not special / They’ll destroy the things you love». Tale passaggio muta in raccomandazione, invitando l’ascoltatore ad essere vigile con l’asciutta Be Careful, che si muove tra suggestioni ambient-jazz e trip-hop.

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C’è spazio per gli accenni radioheadiani all’interno di It’s Just A Bit Of Blood, individuati soprattutto grazie all’uso del falsetto da parte del frontman nei passaggi più riflessivi e scarni. La traccia prende corpo in un mix di vorticosi slanci noise-pop e alt-rock incentrati sulle chitarre potenti di Ryan Smith e Joe Vickers, buttando lo sguardo in zona Swervedriver e Ride, ed elevandosi di diritto ad uno degli episodi migliori del lotto.

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L’ipnotica ed ermetica We Fall Apart punta su un andamento krautrock supportato dalla bassline, e spezzato dall’ambient-pop strumentale di Advertisement One. Il brano, retto inizialmente solo dalle note di piano, progredisce tra echi e synth, aprendo la strada ai toni tormentati e assorti della successiva Hidden Cinema. Le nuvole elettrificate e sghembe di Pulling Stitches fanno il loro ingresso in medias res senza chiedere permesso, sostenute da chitarre caliginose marcatamente à-la My Bloody Valentine, evidenziando ulteriormente l’atmosfera sospesa tra sogno e realtà espressa nei versi.

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L’ultima ambizione del quartetto è riposta negli otto minuti della più luminosa A Final Movement, a metà tra cauto e vago ottimismo e nostalgia. L'incedere epico e al contempo sereno della chiusura è caratterizzato da un tocco cinematico conferito dagli archi sintetici, ottenuto ammorbidendo il goth-pop atmosferico dei Chameleons. Maturo ed in buon equilibrio tra “personale” ed “universale”, sia per sound sia per testi, con I Don’t Know i bdrmm vanno a segno per la seconda volta, presentando otto tracce perfette senza sbavature né punti deboli. Un disco in grado di confermare senza ombra di dubbio che l’attuale ascesa del modern shoegaze, o post-shoegaze o nu-gaze (chiamatelo come preferite, quel che è sicuro è che nella sua accezione sperimentale sembra funzionare sempre e comunque), in questo momento vede in testa a tutti il progetto diviso tra Hull e Leeds.

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(c) Katherine Mackenzie

I bdrmm faranno tappa in Italia quest’estate all’interno della cornice del Mojotic Festival, per poi tornare ad inizio novembre a Milano e Bologna. Info e biglietti su BPM Concerti e DICE:

23 agosto – Mojotic Festival, Sestri Levante (GE)
01 novembre – Arci Bellezza, Milano
02 novembre – Covo Club, Bologna