23 febbraio 2021

"Se devo dire una cosa, la dico": intervista a Ron Gallo

Il termine "eclettico" è probabilmente l’aggettivo più abusato nel mondo della musica: quasi ogni artista dice (e crede) di esserlo, e naturalmente non è quasi mai vero. Eppure su Ron Gallo questo aggettivo calza a pennello. Provare a catalogare PEACEMEAL, il suo nuovo album in uscita il 5 Marzo, è praticamente impossibile. È un disco weird pop? Hip-hop ’90? R&b? Jazz? O forse è punk? La risposta è che non c’è una risposta. È un po’ di tutto questo: le influenze ed i generi sono talmente vari ed amalgamati fra loro, che definirli diventa quasi impossibile. E in qualche modo è proprio questo che caratterizza Ron Gallo sin dal suo fortunato debut album Heavy Meta: il fatto di esprimere ogni volta appieno se stesso, saltando con disinvoltura da un genere all’altro, non per moda, ma per una decisamente più profonda esigenza artistica.

Tantomeno si fa problemi a prendere prese di posizione che praticamente tutti al suo posto si guardano bene dal prendere: è il caso di quanto successo con Amazon Music. Invitato dal colosso americano a tenere un live streaming e avendo ricevuto un rifiuto per un cachet, ha deciso di usare il suo stesso spazio sulla piattaforma per sensibilizzare il suo pubblico sull'importanza di una equa retribuzione da parte di questi colossi. Il risultato? Qualche ora dopo Amazon ha offerto un cachet di $3000 ad ogni artista che aveva partecipato a questi live stream della piattaforma.

Attualmente Gallo vive negli States con la moglie italiana Chiara D’Anzieri (artista e musicista, ha partecipato attivamente alla realizzazione di PEACEMEAL e a breve pubblicherà il suo debut album sotto il nome chickpee).

Ho avuto il piacere di farci due chiacchiere in videochiamata, per parlare di tutte queste cose e del suo ultimo singolo CAN WE STILL BE FRIENDS?

Ph. Dylan Reyes

Parliamo di PEACEMEAL il tuo nuovo album in uscita il 5 Marzo: un misto di weird pop, indie, punk, r&b, jazz e hip hop anni 90. Queste contaminazioni sono state frutto di un processo spontaneo o è stato il risultato di una scelta a monte?
In realtà è successo tutto in modo molto spontaneo. Quando ho finito il mio ultimo tour nell’estate del 2019, ho deciso di prendermi una sorta di anno di pausa, per capire bene cosa avrei voluto fare dopo: ho capito che avevo bisogno di fare musica, senza avere nessun piano prestabilito. Ho iniziato a sperimentare e a suonare senza pormi limiti: non pensando all’eventuale nuovo album come avrei fatto di solito. Così ho iniziato a incorporare elementi di diversi generi che amo e dopo un anno mi sono ritrovato con una raccolta di circa 30/40 canzoni: da quelle è nato il nuovo album. Non c’è mai stato un piano specifico: si tratta solo di me che cerco di fare in modo genuino quello che sento.

Tutto questo è successo poco prima l’inizio della pandemia, giusto?
Sì, nell’estate del 2019 ero in Italia, e volevo passare un po’ di mesi lì con Chiara , ma ho avuto dei problemi con il visto e sono dovuto tornare negli States. E quindi mi sono ritrovato a casa mia per tre mesi completamente da solo: è stato in quel periodo che ho scritto la maggior parte delle canzoni per il disco. 

E quindi hai anche suonato da solo quasi tutti gli strumenti dell’album.
Praticamente sì. Ha partecipato poi anche Chiara su alcune parti di chitarra e sulle seconde voci, e c’è anche la partecipazione di un batterista su 3/4 canzoni. Il resto è tutta opera mia.

Il tuo ultimo singolo CAN WE STILL BE FRIENDS? parla delle amicizie superficiali all’interno dell’industria discografica. Ci puoi dire di più a riguardo?
Ho notato che nella vita e in generale in qualsiasi tipo di lavoro o carriera, avrai sempre degli alti e bassi: io ho vissuto entrambe le fasi per un certo tempo. Essere sempre in tour stava diventando difficile e le cose non stavano andando nel modo in cui tutti volevano che andassero. Quando le cose vanno bene pensi che tutti quelli che ti circondano ti sono amici: li vedi tutti entusiasti e gasati di fare parte del progetto e pensi che siano sinceri. Ma quando le cose iniziano a farsi più complicate, ti accorgi che queste persone gradualmente si fanno sentire sempre meno. E penso che questo sia esattamente quello che mi è capitato negli ultimi 3 anni. Avere aperto gli occhi, mi ha permesso di scrivere una canzone molto onesta come questa.

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Il tuo “apice di amici opportunisti” lo hai raggiunto subito dopo il successo del tuo disco d’esordio Heavy Meta?
Quello subito dopo l’uscita di Heavy Meta è stato un periodo molto esaltante. Era tutto nuovo per me, come il fare un tour mondiale per la prima volta, e tutte le cose si stavano allineando perfettamente in un modo che non mi sarei mai immaginato. Quello sì, è stato un periodo bellissimo. Ma poi con il secondo album è stato tutto un po’ più difficile, anche perché non tutto può filare liscio per sempre. Ed è lì che sono iniziati i problemi legati al fatto di dover essere sempre in tour e tutto il resto. Tutto mi si era un po’ sgretolato sotto ai piedi, ma ora lo sto ricostruendo pezzo per pezzo in un modo che penso sia decisamente migliore per me.

Facciamo un passo indietro: hai vissuto praticamente tutta la tua vita a Filadelfia, poi hai passato qualche tempo qui in Italia, e poi sei tornato a Filadelfia con tua moglie per poi ri-trasferirvi insieme a Nashville.
È stato un po’ l’opposto: lei si è trasferita direttamente a Nasvhille dall’Italia l’anno scorso, abbiamo vissuto lì per circa un anno e ci siamo appena trasferiti a Filadelfia da una settimana. 

Te l’ho chiesto perchè ero curioso di sapere se il trasferimento a Nashville era collegato a scelte lavorative e artistiche.
In realtà è stata più una scelta per motivi personali: avevo bisogno di allontanarmi da Filadelfia, avevo vissuto praticamente sempre lì e avevo un amico a Nashville che aveva una camera disponibile nella sua casa. Non ci ho pensato due volte e alla fine si è rivelata una buona scelta anche per quanto riguarda il lato artistico, nonostante non l’avessi fatto per quello.
Adesso ci siamo ri-trasferiti qui a Filadelfia, perchè per Chiara che è italiana non è esattamente facile iniziare a vivere di colpo dall’Italia a Nashville: lo shock culturale è evidente negli stati del Sud. Alla fine io amo Filadelfia e lei da Europea sicuramente sta meglio in una città come questa che sicuramente è molto più simile a casa sua rispetto a Nashville.

Fra la tue influenze musicali ci sono sicuramente Talking Heads e Devo, e ho visto un tuo post su George Harrison: suppongo tu sia un suo grande fan.
Sì è vero. Adoro lui e i Talking Heads, Iggy Pop, Jeff Buckley… Poi mi piace tantissimo il jazz, l’hip-hop: MF Doom è uno dei miei artisti preferiti di tutti i tempi.

Gli hai fatto anche un bel tributo di recente.
Ah grazie mille! Lui è sicuramente l’artista che ho ascolto per più tempo nel corso della mia vita.
Comunque per un po’ di tempo sono stato abbastanza restio ad ascoltare musica di questi anni: ero un purista legato alla vecchia scuola, ma negli ultimi anni ho scoperto un sacco di musica che adoro di questi ultimi tempi e che sicuramente hanno avuto una grossa influenza sul mio nuovo album. Ad esempio Tyler, The Creator è stato sicuramente molto importante per me da un punto di vista della produzione.

La tua prima traccia del disco, un intro in riverse della traccia successiva, sembra proprio omaggiare i Beatles. Come ti è venuta quest’idea?
[ride] Sì è vero, l’intro in riverse è molto beatlesiana! Quella parte l’abbiamo registrata in Italia: avevo già la canzone e avevo appena fatto sentire la demo in studio al batterista, dicendogli “ora suona il primo pattern ritmico che ti viene in mente”. E la sua prima take è stata molto alla Ringo Starr: fondamentalmente l’aveva interpretata come se fosse una canzone alla Beatles. Allora gli ho chiesto di registrarmi un’altra take cercando di immaginarsi che fosse un pezzo hip-hop. Poi gliene ho chiesta una come se fosse un brano free jazz alla Coltrane. Lui le ha fatte tutte e poi le abbiamo messe insieme: e quindi nella canzone è come se ci fossero parti ritmiche beatlesiane, hip-hop anni 90 e free jazz. 

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Durante il periodo che hai vissuto in Italia avrai avuto sicuramente modo di suonare con un po’ di musicisti del posto (oltre ovviamente a tua moglie): hai notato delle differenze sostanziali fra i musicisti italiani e quelli americani?
La barriera più grande è stata sicuramente quella linguistica: i ragazzi in studio non parlavano inglese e il mio italiano è veramente basico. Non potendo comunicare a parole, abbiamo dovuto trovare altri modi per capirci ed è è stato un processo molto interessante. Barriera linguistica a parte, devo dire che suonare con i musicisti italiani è stato figo, perché in un certo senso mi è sembrato molto semplice. Non so bene come spiegarlo, ma ad esempio il batterista coinvolto, stava lavorando in un’altra stanza, e si è proposto subito dal nulla di suonare un paio di cose per me. È stato tutto molto casuale. Qui negli States le cose mi sembrano molto più formali che lì da voi.

Quello che hai fatto con Amazon Music è stato assolutamente fantastico e geniale. Eri un po’ in ansia prima di farlo o fin da subito pensavi “al diavolo tutti, lo farò”?
Principalmente pensavo quello, anche se c’era una parte di me un po’ preoccupata per l’eventuale reazione non proprio felice da parte della mia etichetta.

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Suppongo che loro non saranno stati molto entusiasti di questa tua idea.
No, decisamente no. contro di loro. Questo è il genere di cose per cui vivo e non ci sarebbe stato niente o nessuno che sarebbe riuscito a fermarmi. E quindi mi sono detto “fanculo, lo faccio!”. E questa cosa mi ha portato solo felicità. Se potessi tornare indietro, rifarei tutto: se devo dire una cosa, la dico sempre.

Questo ti fa sicuramente onore. Parliamo un po’ del tuo “blog” anche se in realtà non saprei neanche come andrebbe definito. Blog? Outlet creativo?
[ride] Suppongo che sia una sorta di “mondo online” che sto costruendo. C’è una parte da sito, una parte da blog con recensioni e interviste, una parte sui live streaming, sui festival…

Diciamo che c’è un po’ di tutto, esattamente come nel tuo nuovo album. Mi sono imbattuto in un tuo articolo dove rifletti sul tempo che ognuno di noi spreca ogni giorno sui social e su quanto la tua sia una relazione di amore e odio con queste piattaforme. Come musicista, se potessi scegliere, preferiresti vivere in un tempo dove i social media non esistono in modo da poterti occupare esclusivamente della tua musica, senza dover metterti a fare promozione, o ti piace dover fare tutte le cose che ormai tutti gli artisti sono costretti a fare sui social per promuoversi?
Amico… questa è veramente una domanda difficile alla quale rispondere. Ormai i social sono parte della mia vita musicale, ma penso che ci sia una parte di me che avrebbe preferito vivere negli anni in cui ancora non erano stati inventati: poter andare nei posti, suonare, e concentrarsi solo sulla propria arte e creatività. Ma è anche vero che c’è una sorta di bellezza nel poter costruire il proprio mondo sui social: penso che sia un bello sbocco divertente quando lo approcci con il giusto umorismo. Il mio problema con i social è quando mi ritrovo a scrollare e fissare lo schermo in modo automatizzato, è una cosa che mi danneggia la mente. Quindi se potessi disfarmi di questo lato negativo e sfruttarlo solo come una divertente valvola di sfoga creativo, allora penso che sarei assolutamente felice di vivere in quest’epoca.

Però suppongo che tu abbia da seguire sui social una sorta di piano editoriale concordato con la tua etichetta e il tuo management. Immagino che questo non ti faccia piacere o sbaglio?
Beh con loro sono stato chiaro fin da subito sul fatto che non avrei usato i social in modo convenzionale. La mia etichetta non viene mai a dirmi cosa postare o quando farlo, perché sanno bene che non sono quel tipo di artista. Quindi per fortuna nessuno mi importuna mai con discorsi di questo tipo. Se devo promuovere qualcosa, lo faccio solo a modo mio, in un modo che mi metta a mio agio. Perché non voglio essere quel tipo di artista che è tutto “Hey! Hey! Guardami! Guardami! Ascolta e compra!”. Preferisco far ridere le persone, fare dei contenuti interessanti e poi poterli avvisare del fatto che c’è un nuovo album in arrivo.

Ph. Dylan Reyes

Torniamo un attimo sul tuo nuovo album. Di cosa parla “CANCELLED!!!”?
Suppongo che sia una sorta di canzone-flusso di coscienza non-sense. Sai adesso c’è questa cosa della cancel culture e della gente che viene eliminata dal web per questo o quell’altro: a volte ha senso, altre è divertente, altre ancora è ridicolo. E quindi in questa canzone rifletto sulla mia di “cancellazione”, in un modo divertente: dipingo queste strane immagini su come veniamo cancellati o come ci ritroviamo improvvisamente con una data di scadenza sui social.

Quindi è una cosa che trovi senza senso?
Dipende. Ci sono alcune cose che le persone dicono o fanno, che meritano di ricevere delle conseguenze. Ma ormai la cosa ha preso il sopravvento ed è sfuggita di mano: le persone sul web sono così brutali e spesso lanciano sentenze senza nemmeno basarsi su fatti o prove. A volte hanno ragione, altre no. Io cerco semplicemente di trovare il lato bizzarro e umoristico di tutto questo. Di questo parla la canzone.

Nel nuovo album c’è anche spazio per la tua prima canzone d’amore: PLEASE DON’T DIE. Com’è nata?
Ero a Nashville con Chiara e avevamo un appuntamento con un avvocato per l’immigrazione, perché ci aiutasse nel processo. Ci è voluto molto più tempo di quanto ci aspettassimo, e come siamo usciti da lì, Chiara è svenuta sul marciapiede per lo stress. Io mi sono spaventato a morte, lei per fortuna stava bene, ma io non avevo mai visto nessuno svenire prima di allora. Siamo tornati a casa e ho scritto di getto questa canzone. 

A proposito di Chiara, con il suo progetto chickpee pubblicherà presto il suo debut album?
Sì, ormai è quasi pronto ed è veramente stupendo. L’ha finito giù a Nashville e un paio di settimane fa ha pubblicato il primo singolo e in primavera/estate farà uscire il disco. E poi… condivideremo la band! Lei suonerà nella mia band e io suonerò nella sua, e probabilmente il primo tour che faremo il suo progetto sarà in apertura al mio.

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Niente male! Quindi in pratica suonerete entrambi tre ore a concerto, considerato che sarete allo stesso tempo sia opening che main act.
Sì! E con tutta questa storia della pandemia, sarà anche utile, perché condividendo gli stessi membri della band sarà sicuramente anche più sicuro per tutti noi.

Ci saranno altre novità rispetto alla formazione della tua band dei tour passati?
Sarà una formazione completamente inedita. Chiara suonerà il basso e canterà; Dom, un mio amico di Nashville, nonché collaboratore di lunga data, starà alla batteria; poi ci saranno altri 2/3 miei amici che amplieranno la formazione. Sarà tutto nuovo per me e ne sono veramente entusiasta. 

Per un’artista come te immagino che esibirti dal vivo sia l’aspetto preferito del tuo lavoro. Ma con questa pandemia di mezzo, cosa farai una volta che il tuo album sarà fuori?
Una volta uscito l’album, aspetteremo ancora i documenti di immigrazione di Chiara per poter tornare in Italia almeno in estate. 

Attualmente non potete tornare in Italia?
Lei non può, perché deve aspettare di avere dagli USA il permesso di poter andare in Italia e di ritornare ancora negli Stati Uniti. È una cosa folle, un incubo. Ma una volta che avrà questi documenti, speriamo di poter tornare in Italia e magari fare qualche live con il distanziamento sociale. Poi in autunno, spero di poter fare un tour, anche se francamente non so quante speranze ci siano. Quindi per il momento il piano è di continuare a vivere giorno per giorno, continuare a fare musica e magari pubblicarne di nuova entro la fine dell’anno.

Farai qualche live in streaming?
Sì, ne faró qualcuno: per la Rough Trade e per un paio di altri siti e stazioni radio. Poi sicuramente farò un video concerto da pubblicare poi ad Aprile una volta che è uscito l’album. Dopo di che penso proprio che mi ritirerò da tutti questi concerti in streaming, sperando di poter tornare a farlo presto dal vivo, di fronte a una folla reale.

Quindi ricapitolando, se tutto va bene i tuoi primissimi concerti dal vivo saranno qui in Italia. Sbaglio o anche il tuo ultimissimo live era stato qui al Beaches Brew Festival?
Era stato proprio un bel finale di tour, quello! Mi auguro che sarà altrettanto bello il mio prossimo concerto quest’estate. Speriamo che ci siano le condizioni per farlo.

Ph. Dylan Reyes