A Torino si è appena svolta la diciottesima edizione di quell'evento fichissimo che è il Club To Club (della cui genesi e storia vi spieghiamo qua: Can’t wait for Club To Club 2018).
Si è trattata di un'edizione particolarmente ricca ed esplosiva, dal titolo evocativo “LA LUCE AL BUIO”, con 50 artisti provenienti da 5 continenti, una lineup ghiotta di nomi storici e di nuove promesse del panorama internazionale, anteprime ed esclusive e un pubblico proveniente da 61 paesi diversi. Si sono sfiorate le 60.000 presenze, un record nella storia del festival.
La delegazione Club To Club di Noisyroad non stava più nella pelle di viversi questo incredibile evento. Ecco com'è andata day by day.
GIORNO 1: AC Hotel + OGR
Arriviamo all'AC Hotel di via Bisalta, quartier generale del festival con ancora i residui di trucco e di sbronza di Halloween. L'albergo, che dall'1 al 4 ospita gli eventi gratuiti Absolut Symposium supportati da Absolut Vodka, ci accoglie con la sua atmosfera fancy e glam: hostess sorridenti alla porta, lucine al neon che corredano il bancone, hipster in risvoltini e cappelli a tesa larga circondati da fotografi. Il programma prevede talks e interviste con gli artisti della serata.
Alle 21 il focus si sposta alle OGR – Officine Grandi Riparazioni, ex spazio industriale, da qualche anno trasformato in un elegante hub culturale con ristorante, spazio mostre e sala concerti.
La serata (gratuita ad esaurimento posti) si apre con il set allucinogeno degli italiani Gang of Ducks. Le sagome dei tre artisti emergono dalla penombra tra il fumo, le immagini ipnotiche proiettate sui maxischermi e il suono della risacca marina. Set pulito, ambient, tripping.
Poi sale sul palco una timidissima Tirzah che dal modo schivo e umile di ringraziare con un rapidissimo “thank you” a mezza voce e il suo outfit trasandato (è in pigiama?) sembra appena uscita dalla sua cameretta e pare quasi in imbarazzo ad essere qui a deliziarci con la sua incredibile voce. Comunque la trentenne londinese con lo sguardo da bambina è bravissima e dolcissima e ce ne innamoriamo tutti.
L'atmosfera si scalda progressivamente con i ritmi esotici e danzerecci dell'italiano Palm Wine (Simone Bertuzzi). Difficile definire il genere del musicista e visual artist piacentino di base a Milano, che mixa sonorità afro beats (il nome del progetto si rifà a un genere musicale africano), dancehall, dub, tarraxinha, kuduro, azonto, UK bass, rasterinha, in una miscela tropical bass unica e irresistibile.
La serata raggiunge il suo culmine con il clubbing sfrenato di Call Super.
GIORNO 2: AC Hotel + Lingotto
Sotto la fastidiosa pioggerellina autunnale che punteggia tutto il weekend raggiungiamo lo spazio fiere del Lingotto, ex stabilimento Fiat, che ci accoglie in tutto il suo splendore post-industriale. I due palchi (il Main e il Crack Stage) sono in due padiglioni distinti e lontanissimi l'uno dall'altro, collegati da un infinito corridoio che presto si affolla quanto le due sale, con gente che beve, parla, limona, vomita, dorme, si ripiglia, collassa. Il palco principale è un'immensa struttura di metallo e luci davanti a cui si riversa una marea di gente in febbricitante attesa di ballare. Nel padiglione 1 il Crack Stage occupa un’infinitesima parte dello stanzone, e la situazione è più intima e raccolta.
Il Main stage lo scaldano i danesi post-punk-noise-hardcore Iceage che aprono le danze alle 21.30, mentre al Crack suona Elena Colombi, poi seguita da Obongjayar e David August.
Alle 23 salgono sul palco principale gli statunitensi Beach House: lei in impermeabilino argentato, retroilluminati, circondati da raggi luminosi e con alle spalle giochi di luce e visual dolci quanto il loro dream pop. Penombra, lucine intermittenti sullo sfondo che simulano un cielo stellato, le coppiette si abbracciano e ondeggiano sul posto - urtando e irritando i vicini.
All'1.30 è il momento di Jamie xx. La sala è colma e tra il pubblico del trentenne britannico c'è anche Willie Peyote (per la gioia di una delle autrici di questo articolo, che ne è segretamente innamorata). Jamie ci fa ballare in un atmosfera da prom adolescenziale con le luci rifratte da una mega mirror ball. Anche lui se la ballicchia preso bene, e conclude il set con un remix di "Ti voglio" della Vanoni nelle luci colorate come la copertina del suo album In Colour.
Nel frattempo al Crack Stage il bavarese Skee Mask spacca di brutto. Dopo di lui Equiknoxx e Josey Rebelle, mentre nella sala grande la magnifica Peggy Gou pesta duro indossando una maglietta della Juve.
Chiusura in bellezza con Avalon Emerson, grazie alla quale si continua a ballare, non capendoci più nulla tra luci strobo, sudore e gente che ti spinge addosso ad altra gente a caso (è così che una delle autrici troverà il suo dreamboy argentino appassionato di musica elettronica che vive a Berlino). Ormai sono le cinque del mattino ma la folla danzante è ancora molta e scatenata. Ci si perde. Usiamo il palloncino a forma di giraffa di un tizio come punto di raccolta. Ci si ritrova.
Alle sei si accendono le luci e finisce la magia, i buttafuori ci sospingono gentilmente verso l'uscita e ci riversiamo tutti in strada verso le fermate dei mezzi. La metro è congestionata, c'è un posto di blocco di controllori della GTT che dirige e sovraintende l'acquisto dei biglietti alle macchinette. Nell'attesa si chiacchiera e si fa amicizia: due ragazzi di Catania ci raccontano di essere venuti apposta per il festival e di averne approfittato per scoprire Torino e dintorni: “Eh da noi non ci sono eventi così fighi, ogni tanto tocca spostarsi...e ne vale la pena!”
È bello vedere la città che si popola di ragazzi con la sacca del Club To Club sulle spalle e sentire accenti romanacci, toscani, siciliani, e sentire parlare inglese, francese, spagnolo per strada, sui mezzi, nei ristoranti. È l'effetto di C2C su Torino. La trasforma per 4 giorni in una metropoli europea internazionale e all'avanguardia, colta e underground.
GIORNO 3: AC Hotel + OGR + Lingotto
Dopo un pomeriggio culturale all'insegna dell'arte contemporanea tra le mostre Artissima, Paratissima, The Others e Nexst, ci rechiamo di nuovo al Lingotto per LA serata. La sovrapposizione temporale (non casuale) del festival con i prestigiosi eventi artistici della Torino Art Week crea bizzarre commistioni nel pubblico dei live set: si possono vedere anziane e distinte signore ballare energicamente accanto a ragazzini ubriachi e sciamannati.
Alle 21.30 alle OGR suona Robin Fox mentre contemporaneamente sul Main Stage sale Yves Tumor seguito da un super show di Blood Orange: un live vero e proprio con band e coristi spaziali per un risultato esplosivo apprezzato anche da Guy Man dei Daft Punk che applaudiva compiaciuto tra il pubblico. Poi Dj Nigga Fox. Mentre al Crack Bienoise si confermava uno degli artisti più interessanti della scena italiana, seguito dal britannico Leon Vynehall, Serpentwithfeet e Silvia Kastel.
All'1.30 il padiglione del Main Stage è invaso da una folla scalpitante al cospetto di sua maestà Aphex Twin. Uno sconvolgente e totalizzante live set di un'ora e mezza, fino alle 3 del mattino, in cui bombarda teste, pance e coscienze di basse frequenze. Uno show di suono, laser e visual curati in diretta da Weirdcore, con lui in consolle. Tra gli "effetti speciali" la mappatura degli spettatori in prima fila, i cui volti proiettati sul grande schermo vengono distorti dall'iconico ghigno di Richard David James. E la proiezione di personaggi italiani famosi (Cicciolina, Rita Levi Montalicini, Calimero, Berlinguer e Pistoletto -per la gioia dei Biellesi, tra cui una delle autrici-) con la faccia deformata: ogni volta che appare un faccione, da Pasolini a Piero Angela, si alza un boato. L'estetica vintage e l'accostamento di figure celebri al pubblico può essere interpretata in chiave politica e polemica come la provocatoria celebrazione dell'errore nell'era dell'apparenza e della perfezione.
Alla fine della performance siamo tutti scossi e catatonici. Come ha ben espresso un anonimo intenditore in toni profondamente poetici, "Dio c**e. Mi ha rubato l'anima. Niente ha più senso", che crediamo renda perfettamente come ci siamo sentiti tutti alla fine del set: svuotati.
Dopo un momento di ripiglio generale e di ridistribuzione del pubblico nelle sale, è iniziata l'aspettativa per il nome del mistero, l'artista indicato con un punto di domanda in line up. Si fanno grandi congetture e si avanzano azzardate ipotesi: Nicholas Jaar, Thom Yorke, Cosmo, Liberato, Battiato...si sente addirittura un “Young Signorino”. Alla fine, una figura col volto coperto sale in consolle e attacca l'intro di "Faceshopping" mandando in visibilio la ragazza accanto a noi che si mette a strillare istericamente “SOPHIESOPHIESOPHIE” alternando urletti di giubilo a saltelli spasmodici. Ma poco dopo la figura mascherata scopre il volto mostrando, con grossa delusione della nostra vicina, i connotati di Kode9, all'anagrafe Steve Goodman, peraltro fondatore dell'etichetta discografica Hyperdub. Dopo l'inizio troll il producer scozzese fa un bel set con i suoi pezzi “sviaggiosi”, ma dopo un po' ci spostiamo dalla minuta Courtesy, adorabile nel suo caschetto biondo e nei suoi accenni di ballo, che spinge duro facendo saltare e scalmanare la platea.
Chiusura di Vessel con le sue graphics da viaggio in un universo parallelo, mentre il tizio argentino del giorno 2 collassa su un divanetto insieme ad una delle autrici.
Alle 7 del mattino viaggio di ritorno verso casa in bus in compagnia di una ventitreenne russa che ci chiede indicazioni per raggiungere il suo Airbnb e ci racconta delle sue impressioni del festival, dell'Italia e di Torino. Tutte positive, ovviamente.
Per i più irriducibili after al Bunker, dall'altra parte di Torino, fino all'alba e oltre.
GIORNO 4: Nuvola Lavazza + Mercato di Porta Palazzo + Reggia di Venaria
La giornata di domenica si apre con una “Unusual #C2C2018 Breakfast” nella nuova sede della Lavazza in via Bologna, e prosegue nei luoghi dello storico mercato cittadino di Porta Palazzo e del Balôn: musica e handmade market nel Cortile del Maglio e gran live set sotto la Tettoia dei Contadini. Suona Kode9 con le svarionanti animazioni di Koji Morimoto, regista di anime giapponese, seguito dai giapponesi Yuzo Koshiro e Motohiro Kawashima, compositori delle colonne sonore di videogiochi, che ci catapultano direttamente in Streets of Rage.
Poi spostamento in massa con navette, tram e taxi alla maestosa ed elegante Reggia di Venaria nelle cui due sale messe a disposizione per l'evento si sono esibiti i Primitive Art, Mana e Dj Nigga Fox.
Si concludono così quattro giorni densi di emozioni, musica, birrette, laser, incontri, risate e pioggia torrenziale, che ci lasciano frastornati e impazienti della prossima edizione.
Insomma, per dirla con le parole del direttore artistico del festival Sergio Ricciardone: “Club To Club 2018 ha confermato che il festival è a tutti gli effetti uno degli eventi musicali, se non culturali tout court, più rilevanti in Italia. La diciottesima edizione è stata senza dubbio la migliore della storia del Festival: voglio ringraziare pubblicamente tutti gli artisti, i partner, i professional, il pubblico italiano e internazionale che insieme al team e ai sostenitori di Club To Club che hanno reso possibile tutto questo. La luce al buio, il tema di quest'anno, ci guiderà anche nell'ideazione e creazione della diciannovesima edizione, con immutato spirito avanguardistico. Citando Franco Battiato, noi siamo delle lucciole che stanno nelle tenebre".
Il countdown per l'edizione 2019 è già iniziato. E noi non vediamo l'ora.
Questo articolo è stato scritto a quattro mani da Birth e Marzia Barbierato