20 settembre 2023

Se vi mancano i grandi live estivi, andate a un concerto degli Squid

Ci si rende conto della preziosità delle cose solo quando si perdono. È un discorso trito e ritrito e probabilmente la retorica ci seppellirà anche questa volta. Però, quanto è bello trovarsi a un concerto di una band ancora non troppo conosciuta (purtroppo) in Italia, riuscire quasi a sfiorarne i componenti con un dito – sì, la retorica sta scavando la fossa – e vedere intorno tanta gente appassionata. L’effetto è maggiore se si viene da un’estate di live mastodontici di artisti altrettanto ingombranti.

Gli Squid, quintetto di Brighton in tour per il secondo album O Monolith, invece giganti lo sono sul palco della Santeria di Milano. E non importa che prima dell’inizio del concerto, prima i chitarristi Louise Borlase e Anton Pearson, poi il tastierista Arthur Leadbetter, debbano farsi l’ultimo soundcheck da soli. Non è mica da questi particolari che si giudica una band, ma dal carisma e dal suono che riescono a creare. Sì, perché nel loro caso è una continua creazione, un lungo flusso ininterrotto di rock, elettronica e lievi sospiri di jazz. Non c’è da stupirsi, considerando che il loro ultimo album è nato dal vivo, tra una jam e l’altra, e poi è stato rifinito nei Real World Studios di Peter Gabriel insieme al fido Dan Carey.

Squid live at Santeria, 2023, Milan, Italy
Squid live @ Santeria | Ph. Maria Laura Arturi

Che O Monolith si presti molto ad essere eseguito dal vivo lo si capisce subito fin dalla prima Swing (In a Dream) alla quale fa seguito l’ultima traccia dello stesso disco, l’unica degli Squid scritta da Louise, If You Had Seen the Bull's Swimming Attempts You Would Have Stayed Away. Un cerchio che si chiude, un’introduzione tecnicamente perfetta, ogni suono al suo posto e distinguibile. Laurie Nankivell si alterna tra sax, basso e stazioni elettroniche; ogni qualvolta si inginocchia per giocare con le valvole e i tasti ricorda quasi Jonny Greenwood.

Non si è parlato finora di Ollie Judge: il batterista, cantante e mascotte del gruppo – impossibile non essere attratti dai suoi capelli rossi e dal ghigno di soddisfazione che mostra al termine di ogni brano – è una macchina. Ringrazia spesso il pubblico e si lancia in affermazioni piuttosto rischiose: «Amo Milano: ci sono la Fashion Week, il Newcastle…» (si era da poco conclusa la sfida di Champions League tra Milan e Newcastle).

Gli Squid sono indubbiamente tecnica, gusto e una buona percentuale di ruvidezza. La transizione tra Overgrowth e G.S.K è magnifica, così come l’inaspettata intimità che acquista dal vivo Documentary Filmmaker. Il pubblico è ammaliato e reagisce in maniera fisica soprattutto quando partono le canzoni più heavy del primo album Bright Green Field. La stupenda Narrator e Peel St., con quest’ultima che scatena addirittura un piccolo mosh pit. Sorprendente la resa live di Devil’s Den, anche se il premio momento più emozionante, da brividi, lo vince After the Light.

Il concerto si chiude con due brani che oltrepassano di molto la soglia dei cinque minuti: Pamphlets e The Blades. Gli Squid non si sono fermati mai, il silenzio è stato abolito per quasi un’ora e mezza. Unico rimpianto è non aver potuto ascoltare nulla del primissimo EP Town Centre (2019), ma stiamo parlando di inezie. I cinque ragazzi inglesi sono strabordanti, pur non muovendosi troppo sul palco. Ipnotizzano, torturano ed emozionano con i suoni.

Ollie a fine concerto promette che gli Squid torneranno molto presto in Italia. Speriamo che non sia una frase di circostanza, ma si sa, la retorica del “questo è stato il nostro miglior concerto finora” colpisce anche le band più inaspettate.

Qui sotto trovate gli scatti della serata della nostra Maria Laura Arturi.