Se c’è un’artista che mi ha davvero rubato il cuore nel momento stesso in cui me la sono ritrovata davanti, questa è, senza ombra di dubbio, AURORA. Metti una sera di pieno agosto allo Sziget Festival, metti l’adrenalina post (super) concerto dei Mumford & Sons che scorre ancora nelle vene e fa dimenticare tutta la stanchezza accumulata nel corso della giornata sull’Isola della Libertà, metti la voglia costante di scoprire nuova musica. Mi sono ritrovata così, allo scoccare della mezzanotte, sotto il tendone che ospita il MasterCard Stage circondata da decine di ragazze e ragazzi nordici (che definire bellissimi sarebbe riduttivo), che sventolavano bandiere della Norvegia (qui trovi i nostri nomi nordici da non perdere) e guardavano con amore e ammirazione questa ragazzina alta nemmeno un metro e sessanta che si dimenava da un lato all’altro del palco con una grazia sconcertante. Il colpo di fulmine è stato immediato.
Quando ho scoperto che sarebbe arrivata finalmente a Milano, più precisamente in quel posticino tanto carino e accogliente quanto sperduto che è il Circolo Magnolia, ho iniziato letteralmente a implorare i miei amici di accompagnarmi, promettendogli che non se ne sarebbero pentiti. E così è stato.
Quello a cui abbiamo assistito il 14 gennaio è stato uno show incantevole, messo in scena da una ragazza che ha solo ventiduenne anni, ma è già considerata l’astro nascente del nuovo synth pop made in Nord Europa e possiede tutte le carte in regola per diventare una grande star a livello internazionale. Nel corso di un’ora e mezza di spettacolo ci ha deliziato con brani estratti sia dal suo primo album, “All My Demons Greeting Me As A Friend” (2016), come l’evocativa Runaway e la travolgente Conqueror, che dal suo nuovissimo EP “Infections of a Different Kind – Step 1” (2018), come Queendom, che celebra la diversità in tutte le sue forme ed è un vero e proprio inno alla libertà di essere esattamente chi ci sentiamo di essere e Forgotten Love, esempio lampante di come il pop dovrebbe essere fatto nel 2019.
Per tutta la durata del concerto mi sono sorpresa della forza che AURORA è in grado di sprigionare mentre si esibisce e sono rimasta incantata davanti alle sue movenze, che la fanno apparire più come una fata fuggita da un fiordo norvegese che come un vero e proprio essere umano. Mi sono commossa parecchio, perché spesso anche i brani più catchy nascondono testi estremamente malinconici e delicati e ho ballato tantissimo; ma, soprattutto, mi sono sentita felice. Spero davvero che ritorni al più presto nel nostro Paese: di certo non mancheremo.
Si ringrazia Elisa Hassert per le bellissime foto: http://elisahassert.tumblr.com/