L'evento era di quelli once in a lifetime. Dopo dieci, lunghissimi, anni di assenza i Blur sono finalmente tornati in Italia per il The Ballad of Darren Tour. Un concerto memorabile, non solo perché carichissimo di storia britpop, ma anche perché la nuovissima St. Charles Square ha aperto le danze durante un tramonto aranciato sulle Mura Storiche della città di Lucca. Il concerto, a cui hanno partecipato circa 40 mila spettatori, infatti, era sicuramente uno degli eventi di punta di questa edizione del Lucca Summer Festival e in generale dell'estate italiana: non ha deluso le aspettative.
Come degli orologi svizzeri, Damon Albarn e compagni si presentano on stage alle 21:30 e, dopo una, a tratti psichedelica, St. Charles Square, la scena è presto conquistata con il quartetto There’s No Other Way, Popscene, Tracy Jacks e Beetlebum. Quello che più colpisce è il fatto che, anche a distanza di due decenni, questi pezzi continuino a suonare perfettamente: There’s No Other Way su tutte, ma forse sono anche di parte. Tracy Jacks ha un arrangiamento clamoroso, da far strabuzzare gli occhi e si sente, in questo frangente, molto attivamente la mano di Graham Coxon. Con Trimm Trabb e Villa Rosie, Albarn si prende la scena: lancia acqua sul pubblico, prova a fare un maldestro (ma amabilissimo) stage diving “scalando” la transenna della prima fila. Guida la band e gli altri tre componenti rispondono presenti all’appello. Quando poi imbraccia l’acustica, quella Martin in particolare, il pubblico esplode: è l’ora di Coffee & TV. Prima nota, seconda nota e poi l’audio salta completamente. I Blur, costretti ad interrompere uno dei pezzi più attesi e capendo che i tempi tecnici d’attesa rischiano di allungarsi, creano dal nulla una nuova hit: Albarn, impossibilitato a suonare alla chitarra, usa il piano dicendo “sì, almeno questo funziona”, guardando con un gesto di stizza il pubblico.
Quando è tutto di nuovo a posto (o almeno così sembra), il frontman getta benzina sul fuoco e urla “are you ready?!”. Il pubblico è in visibilio, ma poi continua dicendo: “no, lo so che voi siete pronti. Dicevo al fonico…”. Il “momento-Albarn” si conclude quando arriva il momento di End of a Century, ma soprattutto Country House, che vince il premio come una delle migliori scenografie di quest’anno ad un concerto: dall’alto scende la scritta “Blur”, un neon dagli infiniti colori, mentre alle spalle della band, sui pannelli led, campeggia un’enorme jackpot machine. I colori sono vividi, impattanti: in pieno stile della band inglese. Tinte pastello ma molto decise, che danno anche un senso di compiutezza alle canzoni stesse. Molto difficile da ricreare visivamente, ma è un effetto che ha funzionato molto bene durante tutto il live. Parklife proprio dopo Country House è un toccasana per le orecchie, mentre il trittico di pezzi a rotazione vede le chicche To the End, Advert e Oily Water (quest’ultima con problemi tecnici al basso, e per un attimo Alex James decide addirittura di abbandonare la scena, probabilmente per capire meglio cosa stesse accadendo). Inaspettatamente a tre quarti della scaletta, arriva subito il momento di Song 2 (leggermente scarica) e poi tocca al singolo di punta The Narcissist, che fa sgolare tutti: il controcanto I'm a shine a light in your eyes (in your eyes) è già storia.
I problemi tecnici di cui parlavamo poco sopra, hanno anche leggermente minato la scaletta: in effetti, soltanto dopo un’ora e dieci di live, i Blur abbandonano il palco ma ritornano poco dopo, con un pubblico non ancora (e a ragione) sazio dei quattro di Colchester. L’encore è quindi composto da Barbaric (spoiler: dal vivo è suonata divinamente, una delle migliori della serata), brano dell’ultimo album The Ballad of Darren (uscito giusto lo scorso venerdì), Girls & Boys, anche questa molto attesa dal pubblico lucchese, For Tomorrow e poi Tender. Per i Blur il concerto sarebbe finito, ma gli oltre 40 mila accorsi a Lucca si meritano qualcosa in più, soprattutto perché continuano ininterrottamente a cantare “Oh my baby, oh my baby / Oh why, oh my?” e Albarn e soci decidono di premiarli. Si chiude quindi con The Universal, tra lacrimoni, gente estasiata e soddisfazione generale.
I Blur vanno oltre i problemi tecnici, oltre la categoria di britpop alla quale spesso sono stati relegati e oltre anche le più rosee aspettative. The Ballad of Darren suona molto bene dal vivo (anche se, forse, presentare soltanto tre pezzi del nuovo album può risultare un po’ poco), ma lo spettacolo, che è alla fine quello che conta, è di una categoria superiore. Come del resto lo è da sempre la band inglese. I Blur non solo hanno conquistato i cuori, ma sono arrivati alla mente degli spettatori, anche quelli più giovani che, magari, non si sono vissuti il britpop del primi anni Novanta, ma che ieri, per due ore, hanno capito quale realmente sia l’importanza di avere ancora in tour una band del calibro dei Blur. If you see darkness, look away canta Damon in The Narcissist: l’abbiamo fatto tutti. I Blur, per due ore, ci hanno allontanato dai pensieri intrusivi della nostra quotidianità. Gli siamo riconoscenti e debitori.
Qui sotto trovate la fotogallery completa del nostro Renato Anelli: