Era il 10 novembre 2015. I Nothing But Thieves si esibivano al Biko di Milano davanti a qualche centinaio scarso di persone (fra cui il sottoscritto). Esattamente a tre anni di distanza (e dopo diversi live in Italia, fra cui quello al Magnolia dello scorso anno) li ritroviamo in un Fabrique praticamente sold-out.
Spetta ai francesi The Blackmordia l’onore di aprire le danze davanti a un pubblico decisamente limitato a ridosso della transenna e che sembra apprezzare la loro breve esibizione. Quando ormai il Fabrique inizia a riempirsi entrano in scena i Deaf Havana, che riescono bene nell’intento di scaldare il pubblico per gli indiscussi protagonisti della serata: i Nothing But Thieves.
Sono le 22.15 spaccate quando la band sale sul palco e attacca con I Was Just a Kid. La potenza dei riff delle chitarre di Joe Langridge-Brown e Dom Craik, appoggiate alla colonna ritmica di James Price (batteria) e Philip Blake (basso), tira una schiaffo in piena faccia ai presenti, facendoli risvegliare da uno stato di torpore. Ma come ben sa chi ascolta questa band, è la voce del frontman Conor Mason il vero fulcro del gruppo. Immaginate un timbro che ha già una sua identità ben definita, ma che riesce a sostenere falsetti à la Bellamy e al tempo stesso richiamare Jeff Buckley (ascoltatevi Gods dell’ultimo EP "What Did You Think When You Made Me This Way?" e capirete).
Si continua con Ban All the Music, la primissima hit dei NBT, e il fatto che la mettano come seconda traccia e non come prima o verso la fine fa capire come abbiano abituato il loro pubblico ad amare gran parte del loro repertorio, evitando il rischio di essere ricordati come “quelli della canzone x”. Cosa da non sottovalutare. Come non è da sottovalutare la gavetta fatta in questi anni, continuando ad alternare palchi grandissimi di festival a locali microscopici, evitando quindi semplici scorciatoie o il rischio di diventare un fuoco di paglia, e suonare subito nei palazzetti per poi sparire nel nulla nel giro di due anni. I Nothing But Thieves si stanno pian piano ritagliando un nome nella scena alternative-rock mondiale grazie a due elementi scontati ma fondamentali: la loro musica e le loro esibizioni.
Il live prosegue con Wake Up Call e Take This Lonely Heart, brano che nonostante sia nuovo riesce a caricare e coinvolgere il pubblico. Si tira il fiato con Soda e ancora una volta (soprattutto sul finale della canzone) si ha un momento in più per apprezzare la straordinaria estensione vocale del frontman. Si continua con Broken Machine e una sempre energica I’m Not Made by Design dove su richiesta del cantante si forma un mosh-pit al centro del parterre. Discorso analogo per Live Like Animals, sulle cui note non si può non saltare. Number 13, specialmente nel ritornello, raggiunge momenti degni di Jack White.
La scenografia è decisamente minimal, giusto un telo con l’artwork dell’ultimo album "Broken Machine". Una scelta non casuale, in un mondo pieno di eventi con scenografie super elaborate, fatte spesso per cercare di compensare qualcosa che manca a livello musicale. E infatti al pubblico presente al Fabrique interessa solo la musica e salta, grida, canta lasciandosi guidare dalle note dei NBT in questo viaggio di un’ora e mezza. Va detto che un neo c’è: le luci sono decisamente scarse (in entrambi i sensi del termine). Spesso alcuni membri della band rimangono al buio e si distinguono a fatica. Serata storta per i giovani tecnici della band o semplicemente non più adatti per palchi più grandi a cui la band si sta abituando? Il dubbio rimane.
Si continua con altri due brani dell’ultimo EP, You Know Me Too Well e Forever and Ever More, intervallati da una toccante Particles (con intro al piano), una catartica If I Get High, e un’energica Trip Switch, dove il frontman, come su altre molte canzoni della setlist, gira il microfono verso la folla per farla cantare. Spetta a Sorry chiudere il cerchio con la band che abbandona il palco fra urla e applausi.
Come d’obbligo arriva l’encore con un’emozionante Afterlife, brano che fino a qualche mese fa non era mai stato in scaletta, nonostante sia una delle canzoni più riuscite della band. C’è solo tempo per altre due hit: Itch e Amsterdam, canzone con la quale si congedano dal palco, lasciando i presenti con quella che è sempre più una certezza: al prossimo tour ci saranno palchi sempre più grandi ad attenderli.
Foto di Maria Laura Arturi: http://www.arturized.com/