Gli I-Days Milano Coca-Cola sono partiti davvero col botto, con una prima giornata carica di spensieratezza e adrenalina regalata da Sudan Archives e soprattutto Foals e Florence + The Machine.
La giornata è talmente umida da far invidia alla foresta equatoriale. Nel tardo pomeriggio le file fuori dalle mura colorate dell'Ippodromo Snai San Siro torreggiano imponenti, e nell’aria c’è quella tipica elettricità che solo i grandi eventi sanno regalare.
Sudan Archives, l’arciera col violino
Ad inaugurare questa prima giornata del festival milanese, dedicata a Florence + The Machine, è la danza pop-electro-R&B di Brittney Denise Parks, in arte Sudan Archives. Con le sue mosse feline, attira subito l’attenzione del pubblico, pizzicando le corde del violino sulle note di Milk Me e la successiva Not For Sale, estraendo l'archetto come una freccia da una faretra. Home Maker suscita un battimani ritmato, e con Loyal (EDD) viene fuori tutta la sua bravura da cantante. Tra qualche accenno di twerk e salti poderosi, la guerriera losangelina attacca in maniera ancora più concitata, in particolare su Come Meh Way. Una performance molto fisica, capace di coinvolgere anche quelli fra il pubblico che ancora non la conoscevano. Rinfrescati (si fa per dire) dalla pioggerellina, c’è anche spazio per un bell’arcobaleno alle spalle del parterre, prontamente instagrammato da tutti i presenti.
La carica dei Foals
Alle 20 è tempo per i Foals, che fanno ballare fin da subito con Wake Me Up, singolone danzereccio tratto da Life Is Yours, nonché perfetta apertura morale di questa edizione degli I-Days. Certo non ti arriva il solito pugno in faccia sonoro tipico dei Foals nei loro tour indoor, ma la foga e l’energia sono intatte. Anche i visual sono fighi, ed esaltano la grandezza del palco. Il frontman Yannis Philippakis è bello carico, anche se magari qualche volta stecca. I suoi compagni di band sono una macchina tirata a lucido: si passa agevolmente dall'anima di matrice synth-funk di 2001 a quelle new wave di My Number e nu-disco di In Degrees. C’è spazio ovviamente anche per il crescendo di Spanish Sahara e il piglio alt-rock dell'esplosiva Inhaler. Yannis saltella per il palco e tra una canzone e l’altra ringrazia con qualche frase in italiano, cosa che che funziona sempre con qualsiasi tipo di pubblico. Il set si chiude con l’esplosiva e catartica What Went Down, dove il frontman sprigiona tutta la sua foga: si sfila la chitarra e rimane col microfono in mano, piegato su se stesso mentre urla gli ultimi ritornelli del pezzo. Il finale perfetto per un live bello carico.
La magia di Florence + The Machine
Durante il cambio palco, c’è il tempo di rifiatare e di rinfrescarsi grazie a un’altra pioggerellina che cade come manna dal cielo, durante la classica caldazza milanese di fine giugno.
Alle 21.45 spaccate, arriva il momento che i 30.000 dell’Ippodromo stavano aspettando da mesi: i Florence + The Machine salgono sul palco accolti da un boato. Il primo brano in setlist, Heaven Is Here, suona come una dichiarazione d'intenti: Florence nei suoi consueti abiti da sacerdotessa, fluttua leggera a piedi nudi, quasi non toccasse terra, e si dichiara pronta ad abbracciare ogni fedele discepolo con la sua musica. Da questo punto si apre una quartina all-stars che parte con le linee nette e decise di King, per poi crescere ed esplodere con i cori e i balli di Ship To Wreck, in cui il pubblico si scatena mentre Florence sventola una bandiera dell’Ucraina. Si continua con Free e durante Dog Days Are Over arriva il consueto invito a riporre i telefonini e godersi pienamente il momento insieme.
Le attese Dream Girl Evil e Big God cantate in faccia alle prime file segnano una seconda fase dello show, con l'ascesa definitiva di June, splendido appello a rimanere uniti contro la violenza e la discriminazione di genere. Si passa per la fame d'amore e di connessione con il prossimo di Hunger, la preghiera You've Got The Love, raggiungendo le arie elettriche della spiazzante Kiss With A Fist e la vetta luminosa di Cosmic Love, senza mai perdere un solo colpo.My Love rappresenta un highlight enorme, dove Florence prende la parola e definisce il momento in atto una “resurrection of dance", il segno di una nuova vita della musica live. Il brano culmina in uno sventolio di foulard rossi, previsti da una fan action organizzata.
Il ritorno in scena per il bis vede susseguirsi la dolce Never Let Me Go e i cori del pubblico in visibilio sulla catartica e liberatoria Shake It Out, che probabilmente avrebbe meritato di essere l’ultimo pezzo in scaletta. Compito che invece spetta a Rabbit Heart (Raise It Up) magari una chiusura adatta in termini di contesto, ma decisamente meno per le sue sonorità; con i pezzi sfoderati in precedenza, a confronto quasi si dissolve e sparisce. E così si conclude a magica festa (quasi) perfetta di Florence + The Machine, che per un’ora e mezza ha trascinato tutti nell'estasi dei suoi balli sfrenati, facendo dimenticare a tutti i problemi della vita di tutti i giorni. La magia della musica live è anche questa.
Qui sotto trovate la foto gallery completa della prima giornata degli I-Days, a cura di Maria Laura Arturi