11 settembre 2020

La scena alternative rock americana: 10 gruppi imprescindibili

Sabato pomeriggio di fine estate.
Dal centro d’intelligence di Noisyroad arriva il più recente rapporto sulle parole chiave con cui la webzine stessa viene associata all’interno dei motori di ricerca: tra le varie keyword che non sveleremo per segreto industriale, compare anche la voce “indie americano”. Quest’ultima suscita un particolare interesse all’interno della sala riunioni della redazione, incredula di non aver mai accontentato tale richiesta dei lettori. Di colpo, così come tutti i J. Jonah Jameson cercano furiosamente il loro Peter Parker, parte quindi un rapido giro di telefonate in modo da designare chi mai potesse derivare un articolo da questo incarico top secret. Tom Cruise? Nah, più alto. Nicholas Cage? Nah, troppo indaffarato. Vin Diesel? No! Citando il vero Slim Shady: «Now this looks like a job for me», senza contare poi che, come Vin, correrei fast perché ok, sono furious, ma comunque a piedi.

Ebbene sì, nella più falsa-vera storia di redazione, il sottoscritto ha ricevuto dai piani alti di Noisyroad un assegno in bianco per reclutare i dieci artisti a stelle e strisce degni di nota che dovreste ascoltare. Ovviamente l’America è però piuttosto grande per un solo cowboy e se mi mettessi a decantare ogni pannocchia del Mississippi, probabilmente, ora della fine di queste quattro (cento mila) righe, mi alzerei dal computer con i basettoni del Liam Gallagher della scorsa decade e con una strana voglia di alette di pollo piccanti. Di conseguenza, i protagonisti di questo listone saranno limitati e raggruppati per assonanza sonora, seguendo un filone logico degno di Nostradamus: infatti, è cosa nota che ultimamente Josh Homme sia tornato in studio promettendo novità, allo stesso tempo è notizia recente che sarà presente coi suoi Queens Of The Stone Age al prossimo Reading and Leeds Festival. Insomma, avrete sicuramente capito dove voglia andare a parare. Due indizi non faranno una prova, ma ci fanno tornare voglia di quel sound polveroso del deserto. Eccovi dieci artisti da ascoltare nell’attesa del prossimo disco dei QOTSA. Nel caso uscisse davvero nel 2021, chiamatemi mago.

All Them Witches

Per aprire immediatamente le danze con stile, non sapevo bene che genere del rock approfondire. Desert rock? Dark blues? Space rock? Psychedelic o persino Prog? Beh, nel dubbio, gli All Them Witches rappresentano il culmine di questi in un solo snodo musicale, che promette un sound tanto oscuro quanto denso. Dal loro debutto con Our Mother Electricity del 2012, la band è riuscita a ritagliarsi uno spazio sempre più grande sulle scene, fino al successo di Sleeping Through The War nel 2017. Solo una settimana fa, è uscito il loro ultimo album, Nothing As Ideal, registrato con i leggendari strumenti di Abbey Road Studios.

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Bass Drum of Death

Per dare una valenza anche culturale alla lista, presentiamo ora un gruppo che viene da Oxford. No, non l’Oxford inglese, ma la sua succursale americana che apparentemente esiste ed è anche lei sede di un’università (quindi conta, no?). Da questo panorama, arriva John Barrett, lupo solitario nella sua one-man-band, Bass Drum of Death. Qui, punk e garage rock si intrecciano instancabilmente, così da inculcarvi nella testa un solo dubbio di semplice aritmetica: ma se moltiplicassimo Bass Drum of Death per due, si chiamerebbe Royal Blood?

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Ty Segall

Inquadrarlo in un solo genere musicale sarebbe peggio che fare un rodeo. Qualsiasi sottocategoria del garage rock uno possa immaginare, Ty l’ha già piegata al suo estro creativo e probabilmente ne ha fatto pure un sequel. Punk rock, psychedelic rock, Lo-Fi, tutto. Sul serio. Con ben dodici dischi di diversa aspirazione musicale alle spalle nell’arco di dodici anni, è un incubo per tutti i neofiti che volessero approcciarsi alla sua musica (specie tra due distinti self titled). Eppure, dietro a tanta sperimentazione e output artistico si nascondono delle perle che meritano di essere poste sotto i riflettori. Perdersi nella sua discografia è infatti davvero interessante: un ottimo punto di partenza è Manipulator, album del 2014 che ai filoni sopracitati aggiunge anche estri glam. Ah, sempre parlando di Ty…

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Fuzz

Già, non solo Ty Segall ha scritto una dozzina di dischi da solo e come multi-strumentista, ma collabora anche con sette diverse band. Sì, sette. Honoris causa, si meriterebbe un premio da vero milanese imbruttito tanto è maestro del multitasking. Tra questi ventordici gruppi, compaiono appunto di spicco i Fuzz. Non fatevi ingannare dalla thumbnail del video qui sotto in cui sembrano usciti dal roster di cattivi per un nuovo Harry Potter o un Twilight, perché questi tre suonano come il connubio perfetto tra Black Sabbath e Kyuss. Ascoltare per credere.

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Reignwolf

Leggermente agli antipodi rispetto alle vaste sonorità progressive dei gruppo precedenti, si trovano i toni più formali dei Reignwolf, il cui debutto, Hear me Out, è stato rilasciato solamente lo scorso anno. Ciò che viene proposto come stile musicale è il lascito generazionale di band storiche del 2000, quali White Stripes e Black Keys, in una maniera più forzata ed ovattata, ma comunque verosimilmente graffiante.

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Ten Commandos

Sebbene il nome non dica granché, questo è un supergruppo. O, meglio, questo è il classico supergruppo che nessuno si è filato, malgrado al suo interno figurino Ben Shepherd dei Soundgarden, Matt Cameron dei Pearl Jam e dei Soundgarden e Alain Johannes, factotum dei QOTSA ai tempi del fiabesco Lullabies to Paralyze. Grunge fino al collo, il gruppo affonda le proprie radici nel cuore della scena di Seattle al punto da includere nella sua line up persino un featuring con l’aspra voce di Mark Lanegan. Uhm vediamo, due ex-QOTSA… per fare il cosplay di Songs For The Deaf mancherebbe solo Dave Gro-…

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Sound City: Real to Reel

Appunto, Dave Grohl. Per salvare lo studio di registrazione Sound City (Nirvana, Rage Against The Machine, per citarne un paio) dal fallimento e dall’essere trasformato in un Burger King, il buon vecchio Dave elevò a potenza il concetto del supergruppo, fino a farlo diventare una sua personalissima Justice League. Una bella mattina, con gli occhiali da vista sul naso, deve aver aperto l’agenda e chiamato a raccolta tutti i suoi vendicatori: una manciata di Foo Fighters, qualcuno dai Rage Against The Machine, i Black Rebel Motorcycle Club, Corey Taylor dagli Spliknot, Trent Reznor, Josh Homme stesso e, perché no, anche Sir Paul McCartney. Il risultato è magico: undici tracce che ripercorrono la storia del rock e dei quaranta e passa anni dello studio.

«Sound City. That’s it, man.»

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Red Fang

Prendete le sonorità tipiche del desert rock, fatte da massicci riff di chitarra, ed aumentatene i giri di centrifuga al punto da metterle in rotta di collisione con il metal moderno. Da questo incrocio otterrete i Red Fang, gruppo originario di Portland e attivo ormai da una decina d’anni. Dimenticate però qualsiasi tipo di post-produzione o effetti speciali alla David Copperfield, la band viaggia praticamente con il minimo indispensabile per far casino, incanalando nell’industria musicale il mantra di Bear Grylls: «Improvvisa. Adattati. Supera.»

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The Black Angels

Alle volte mi chiedo che dischi avrebbero realizzato i Black Rebel Motorcycle Club se avessero preso una piega più psichedelica sin dai loro esordi. Altre volte invece, cerco proprio di pormi domande più nella norma. Fatto sta che comunque, per rispondere a quel primo interrogativo, c’hanno pensato per caso anni fa i Black Angels. Texani, suonano come i cugini più introspettivi del gruppo garage per antonomasia citato un paio di righe sopra. Cadenze più lente per dileguarsi tra i canyon in cui dominano il riverbero di chitarre e l’eco della voce del gruppo: Entrance Song è l’ipnosi fatta a Triumph.

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Them Crooked Vultures

Ogni volta che sorge il sole sull’ipotesi di un nuovo lavoro da parte di Homme, tutti i fan del Ginger Elvis sanno che dovranno correre ad ascoltare un solo disco, a fini propiziatori e nella speranza che questa volta ne esca davvero un seguito. L’album in questione è omonimo alla band che ne fa capo: Them Crooked Vultures. Sopra si parlava di supergruppi e ipergruppi? Bene, questo è un altro livello ancora: Grohl e Homme creano la line up più leggendaria del rock, unendo le forze a John Paul Jones, bassista e tastierista dei Led Zeppelin. Praticamente il padre, il figlio e lo spirito santo del rock, uniti in un album straordinario. Chi non lo conosce deve ascoltarlo, gli altri sono tenuti puntualmente a riascoltarlo; sia mai che in questo assurdo 2020 gli astri si stiano allineando e che il buono, il brutto e il cattivo del panorama musicale si riuniscano un’altra volta. Dalla barbetta del Colonnello Sanders agli occhiali sulla punta del naso, gli indizi ci sono.

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