01 gennaio 2025

I migliori 20 album alternative internazionali del 2024

Il 2024 è stato un anno ricco di uscite di album notevoli, da quello dei Fontaines D.C. all'esordi sorprendenti degli English TeacherLast Dinner Party e Royel Otis. Ecco la nostra classifica dei 20 album migliori usciti quest'anno.

20

Jamie xx - In Waves

Dopo un'attesa che andava avanti dal 2015 (anno di pubblicazione di quel capolavoro di "In Colour"), "In Waves" è arrivato come una ventata fresca. La nuova produzione di Jamie xx appare più immediata e commerciale, meno minimale e razionale rispetto al precedente lavoro, forse anche grazie all’ausilio di una schiera di amici noti, infatti oltre ai sempre fedeli Oliver Sim e Romy troviamo a dare forza ai brani anche Robyn, The Avalanches e Panda Bear. Tra svariati campionamenti e sintetizzatori a diverse intensità il risultato è un eccellente album dance che oscilla tra ritmiche più soavi e sospese, come quelle di "Waited All Night" e "Dafodil", e bangeroni da dancefloor in cui la cassa dritta è prepotente e padrona, come "All You Children e Life". In ogni caso è vietato stare fermi.

19

King Hannah - Big Swimmer

Sebbene non abbia la forza spiazzante del debutto, "Big Swimmer" è un'evoluzione per il duo di Liverpool. Concepito e scritto durante il tour di Hannah e Craig negli Stati Uniti, è un diario di bordo, appuntato dai finestrini di un van, che racconta episodi e sensazioni con un suono molto più energico rispetto a due anni fa. Le chitarre distorte squarciano in modo più deciso lo spoken, mentre non mancano le atmosfere cinematografiche nelle due perle "Suddenly", "Your Hand" e "Somewhere Near El Paso". Nella titletrack e nella penultima "This Wasn't Intentional" c'è l'ospite d'eccezione Sharon Von Etten. Inutile dire che sono gli altri due momenti del disco.

18

Nilüfer Yanya - My Method Actor

Arrivata alla prova del terzo album Nilüfer Yanya non ha deluso le aspettative, anzi. My Method Actor suona come il lavoro più maturo della talentuosa cantautrice inglese dove la sua voce si mescole in un tutt'uno col suo modo distintivo di suonare la chitarra.

17

DIIV - "Frog In Boiling Water"

Con "Frog In Boiling Water" i DIIV spostano il focus sulla società moderna, il mondo che li circonda e tutte le contraddizioni di quest'epoca. Il titolo dell'album prende spunto dal romanzo filosofico "The Story of B" di Daniel Quinn che racconta il distacco di un giovane prete dalla sua religione verso nuovi credo. Per tutti i dieci brani si avverte una spada di Damocle sulla testa, assaliti da una presenza costante: la malinconia che impregna questo album è veramente costante. Quasi prende forma. Ci sono tutti gli strascichi che i DIIV si portano dietro da più di dieci anni: se "Deceiver" doveva essere l'album della rinascita (e per certi versi lo è stato, anche se inizialmente fu bruscamente stoppato dal Covid), "Frog in Boiling Water" sarebbe potuto essere la totale consacrazione di una band iconica. Purtroppo gli spettri della vita sono tornati a chiedere pegno a un gruppo tormentato che sta ancora pagando il prezzo di un passato oscuro, ma che meriterebbe molto più di quanto raccolto finora.

16

Amyl and the Sniffers - Cartoon Darkness

Con "Cartoon Darkness" la band australiana ha raggiunto una nuova fase di maturazione artistica, confermando il suo posto di rilievo nella scena punk. Amy Taylor intreccia testi che spaziano tra rabbia e riflessione sociale, incarnando una ribellione sia personale che generazionale. Gli Amyl and the Sniffers ampliano la gamma dei temi trattati, affrontando questioni sociali e personali più complesse, pur mantenendo il loro approccio caustico e ironico. "Cartoon Darkness" conferma così l’evoluzione della band, che riesce a coniugare la spinta provocatoria del punk con un'esplorazione più profonda delle dinamiche della realtà contemporanea, distinguendosi per la ricchezza e la varietà dei temi affrontati. Argomenti che spaziano dalla condizione femminile alle critiche sociali, passando per una ferma opposizione ai pregiudizi. Pezzi rapidi e aggressivi si alternano a momenti di introspezione più pacati, mantenendo un equilibrio dinamico che rende la tracklist coinvolgente e ben strutturata.

15

Nick Cave - Wild God

Arrivati al termine di "Wild God" si rimane spiazzati, c'è poco da esaminare in questo disco, perché l'energia spirituale liberatoria che irradia ovunque eclissa qualsiasi problema sostanziale possa avere. Ci si rende conto che, sì, sono state fatte delle sperimentazioni, ma non quanto negli album precedenti, optando per una trasmissione di 45 minuti con un chiaro messaggio: sii gioioso. Si tratta di un lavoro epico, estremamente emozionante e artistico che come i due precedenti si colloca giustamente tra alcuni dei lavori più feroci ed essenziali di Cave. Un vero punto culminante tra ciò che questo anno ha fornito musicalmente finora e un gradito ritorno nell'attuale panorama musicale.

14

Khrunangbin - A La Sala

La reputazione che avevano - meritatamente - saputo costruirsi nei dieci anni di carriera sotto i riflettori ha fatto sì che "A La Sala" suonasse quasi come una cosa normale per un gruppo del calibro dei Khruangbin. Il loro disco, composto da 12 tracce compatte e coerenti, è un viaggio nei deserti dell'Ovest degli States, a coronamento di un percorso iniziato nel 2014 e impreziosito dalla collaborazione di uno specialista come Leon Bridges. Un disco probabilmente senza sussulti e senza le hit dei precedenti lavori, ma sicuramente tra i più onesti intellettualmente e artisticamente per una band, tra le poche al giorno d'oggi, che riesce a riempire palazzetti e sale concerti grazie al groove e ai soli strumenti. Questo la dice lunga sulla loro caratura.

13

Mount Kimbie - The Sunset Violent

Che la sperimentazione fosse una costante nella loro carriera ormai lunga 15 anni era sempre stato chiaro, ma con "The Sunset Violent" i Mount Kimbie hanno probabilmente saputo trovare la veste migliore per esprimere tutto il loro potenziale. Come in tanti altri casi recenti, il ritiro spirituale della band nel deserto statunitense, ha permesso di formulare un perfetto mix di dreampop, shoegaze, psichedelia e assaggi di elettronica. Senza dubbio uno dei dischi più intriganti dell'anno.

12

Mannequin Pussy - I Got Heaven

Il quartetto punk rock, capitanato dalla cantante Marisa Dabice, è riuscito ad alzare ancora di più l'asticella, con un lavoro completo sotto tutti i punti di vista, che coinvolge l'ascoltatore dall'inizio alla fine. Brani catchy, energici, guidati dallo stile unico della band, ma con una messa in musica stratificata e più complessa che ci dimostra come il gruppo sia cresciuto e si sia evoluto con il passare del tempo. Un mix perfetto di punk rock e power pop con elementi shoegaze che aggiungono qualcosa di nuovo al loro sound rendendo il tutto ancora migliore.

11

St. Vincent - All Born Screaming

Si posizionava sicuramente tra le uscite più attese dell'anno, come d'altronde non poteva essere altrimenti vista la qualità dei lavori da sempre garantita oltre al carisma del personaggio. St. Vincent è tornata ad inizio 2024 con "All Born Screaming", un disco che assume i toni di un colossal cinematografico per la varietà di spunti che ne hanno ispirato i brani (tra cui, ad esempio, una collaborazione con Dave Grohl) e per le tante assonanze con le più classiche colonne sonore di 007. Le 4 nomination ai Grammy, che si terranno il prossio 2 febbraio 2025, certificano ulteriormente la qualità del prodotto di Annie Clark, che dopo due dischi prodotti con Jack Antonoff, si mette in proprio e si occupa interamente della composizione e della produzione. 

10

Michael Kiwanuka - Small Changes

In un mondo che va sempre più veloce e in cui siamo sempre più sottoposti a stimoli e cambiamenti di ogni sorta, Michael Kiwanuka ci regala l'occasione per concentrarci su noi stessi in un'oretta di vita lenta. "Small Changes" arriva a 5 anni di distanza dall'acclamatissimo "KIWANUKA" e conferma ancora una volta la qualità della produzione artistica del cantautore britannico attraverso un lavoro introspettivo. I riferimenti tornano ad essere i grandi classici del blues e del soul e un team di produzione di primissimo piano esaltano gli undici brani avvolgenti composti nell'Hampshire, dove Kiwanuka si è spostato per rallentare, ritrovare se stesso e vivere la paternità. Un disco che suona quasi senza tempo.

9

Charli xcx - brat

Charli xcx è una di noi e non poteva che dircelo meglio con "BRAT". Se per un momento lasciamo da parte tutto il corollario che c’è stato attorno all’uscita più chiacchierata dell’anno (meme, balletti virali su TikTok e quant'altro) il sesto album della cantautrice inglese è in primis un manifesto di empowering femminile. Charli ci legittima ad essere delle bad bitch indipendenti e fiere: la sua è una ragazza con una forte consapevolezza di sé e che ha coraggio di osare; ma allo stesso tempo con un linguaggio terribilmente onesto, personale e disarmante. Ci dice che è ok essere sottone, innamoratissime e insicure. Il tutto viene accompagnato da basi che prendono a piene mani dall’elettronica, i bassi sono prepotenti, l’autotune onnipresente, i 130bpm di alcuni brani si sentono tutti ad altezza stomaco per una sana dose di caciara. "BRAT" è rivoluzionario non soltanto perchè è culturalmente rappresentativo dei giovani nel 2024, ma perché ha reso mainstream la cultura rave dando un nuovo, inedito twist al pop.

8

IDLES - TANGK

L’amore è il filo conduttore di TANGK, l’ultimo album esplosivo degli IDLES. La band di Bristol parla del sentimento più nobile senza perdere la propria anima post-punk, un’anima che non si vergogna di essere anche vulnerabile. Non è solo passione di coppia, l’amore cantato dagli Idles è quello semplice del quotidiano, fratellanza e paternità, o pura gioia del successo dei propri cari. Le tracce di Tangk sono inni alla chitarra elettrica, in cui gli affetti vengono glorificati per il loro potere salvifico e unificante

7

Royel Otis - Pratts & Pain

Royel Maddel e Otis Pavlovic si sono conosciuti in un bar in Australia, a Bondi Beach, e da lì è iniziata, come i due amano definirla, la loro "relazione" musicale. Dopo due EP sorprendenti, il disco d'esordio "Pratts & Pain" è stata più di una conferma. Gusto pop, nostalgia alternative e ritornelli irresistibili che raccontano esperienze e suggestioni quotidiane. Registrato a Londra negli studi di Dan Carey, l'album non stanca mai, neppure nella versione deluxe con le due bombe "If Our Love Is Dead" e "Til the Morning". Se non li avete ancora scoperti, date loro una possibilità e, fidatevi, diventeranno una bellissima ossessione.

6

The Last Dinner Party - Prelude to Ecstasy

In un mondo vittoriano, catapultato nel ventunesimo secolo, cinque ragazze hanno deciso di sbaragliare le carte portando la loro musica ai vertici del successo internazionale. Le Last Dinner Party sono delle outsider, ma non per questo meno cool e cazzute rispetto a tutti gli altri. Con un album d'esordio da perdere la testa, intriso di suoni e testi che ti fanno scendere in piazza a manifestare, hanno veramente dato una scossa ad un sistema che non era assolutamente abituato. Non solo la formazione tutta al femminile, che nei live si veste come se fosse alla corte di una regina Vittoria post-punk, ma proprio l'attitudine che le ha rese indispensabili in questo nuovo panorama che si prospetta all'orizzonte. E musicalmente non possiamo obiettare nulla, neanche la minima nota fuori posto. Perché va bene che sia così.

5

English Teacher - This Could Be Texas

Quattro ragazzi che si sono conosciuti al conservatorio di Leeds e che suonano da dio. Gli English Teacher sono la cosa più interessante uscita quest'anno dall'Inghilterra. Stupisce soprattutto il fatto che il gruppo, attingendo a suoni affermati, come l'art rock alla Black Country, New Road o alle chitarre enigmatiche dei Dry Cleaning, riesca comunque a esprimersi in modo inedito e profondamente personale. Lily Fontaine è la frontwman e la star della band. Con la voce fa ciò che vuole e passa dallo spoken all'R&B con una facilità disarmante e va a segno pure con l'autotune ("The Best Tears of Your Life"). Delle tredici canzoni di "This Could Be Texas", prodotto dalla nostra Marta Salogni, non si può scartare davvero nulla e arrivati alla fine, con il crescendo da brividi di Albert Road, ci si sente sfiniti emotivamente. Gli English Teacher sembrano conoscerci da sempre pur essendo al primo album, pur cantando di se stessi, delle loro passioni, di letteratura inglese e disegnando quadri surrealisti.

4

Yard Act - Where's My Utopia?

Inizi ad ascoltare il disco e la prima cosa che ti viene da pensare è: "Ma cosa diavolo hanno combinato?". Se avevate amato il debutto "The Overload", sappiate che "Where's My Utopia?" non ha quasi nulla in comune, se non i testi stracolmi di parole. Potremmo benissimo parlare di una sorta di "secondo primo album": basso e chitarra si mescolano all'elettronica e al funky e scendono in pista da ballo mentre i brani rimangono in equilibrio senza mai perdere una patina pop danzereccia. Un'altra grande novità è il filo tematico del disco: la critica socio-economica diventa anche analisi personale e interiore. James Smith affronta il passaggio del tempo, che scorre inesorabile come il fiume della copertina, il successo e la fine delle illusioni. Tutto questo è riassunto nello stupendo storytelling autobiografico alt-jazz di "Blackpool Illuminations". Esiste ancora per gli Yard Act l'utopia di poter conciliare idee e successo? Sembrerebbe proprio di sì.

3

The Smile - Wall of Eyes

"Wall of Eyes" è un piccolo capolavoro, un disco che brilla di luce propria e che ha dimostrato quanto gli Smile abbiano una lora identità, distaccata dalla discografia ingombrante dei Radiohead. Un album di otto tracce, tutte ben corpose: la più corta (la beatlesiana "Friend Of A Friend") dura “solo” 4 minuti e mezzo, la più lunga ("Bending Hectic") ben 8. Ed è proprio quest'ultima che racchiude in sè tutta la genialità di Yorke, Greenwood e Skinner. Un lungo climax che esplode in una catarsi meravigliosa. Un album da ascoltare e riascoltare in meditazione.

2

Vampire Weekend - Only God Was Above Us

L’attesa è stata lunga e il risultato non ha deluso le aspettative: i Vampire Weekend sono tornati con lo spirito coraggioso dei primi due album e con la saggezza degli ultimi due lavori. "Only God Was Above Us" è passato e presente che si mescolano, è la conferma che il trio statunitense vuole proseguire la sua ricerca instancabile di suoni e influenze dal mondo. L'album è anche il testamento dei millennial. Da bravi appartenenti a questa generazione, fatta più di sconfitte che di traguardi, in questo ultimo disco i Vampire Weekend hanno messo da parte il brio che avevano da ragazzini per spiegare agli ascoltatori che il tempo scorre e l’uomo non è protagonista, è un triste spettatore che osserva un mondo alla deriva.

1

Fontaines D.C. - Romance

La band di Dublino, per la prima volta assisitita da James Ford alla produzione, travalica i confini del proprio suono e si ritrova in un universo kubrickiano e distopico. Grian Chatten si impone con il suo cantautorato a metà strada tra realtà e fantasia, forte anche dell'esperienza con l'album solista. Joyce e la letteratura rimangono sullo sfondo, come punto di riferimento. Dopo essere usciti dall’Irlanda per osservarla dall’esterno, introiettarla e infine abbandonarla, ecco "Romance": il disco più universale dei Fontaines D.C.. Meno ruvido, ma con molte più sfumature. C'è il tempo per giocare con il trip hop /("Starburster"), con lo shoegaze ("Desire"), con il dream e l'alt rock inteso in senso tradizionale ("Here's the Thing"). Sul finire arriva anche il momento di guardarsi indietro con "Favourite", abbracciare la melodia e abbandonarsi all'emozione facile di una nostalgia che racconta i sei anni di un gruppo in continua evoluzione. Non vediamo l'ora di conoscere la nuova fase.