31 dicembre 2023

I 30 migliori album del 2023

Il 2023 è arrivato alla fine e come sempre è tempo di bilanci: ecco i 30 migliori album dell'anno, selezionati direttamente dalla nostra redazione.

The Murder Capital - Gigi's Recovery 

I Murder Capital stanno vivendo un periodo d'oro. Apprezzamenti e attenzioni che probabilmente avrebbero potuto avere e che di certo meritavano già nel 2019 per il loro debutto When I Have Fears. In quel caso la "colpa" fu dei Fontaines D.C. e di Dogrel. Il condividere la città di provenienza, Dublino, con la band di Grian Chatten ha spesso confinato i Murder Capital al ruolo di fratelli minori. Gigi's Recovery ha spazzato via per sempre ogni paragone e ha mostrato i pregi di un gruppo che ha una poetica ben definita e un sound che ama spaziare al di fuori dei consueti confini del post punk irlandese degli ultimi anni. Brani come Return My Head, Ethel, We Had to Disappear e The Stars Will Leave Their Stage raccontano l'evoluzione di una band. Il cambio di prospettiva nei confronti dell’esistenza si traduce nella sperimentazione di nuove soluzioni sonore che prediligono spazi larghi e una profondità tale da togliere il fiato. - Samuele Valori

Daniela Pes - Spira

Forse il miglior album italiano dell’anno. Una Targa Tenco come Miglior Opera Prima e tanto lavoro testuale (oltre che sonoro, grazie all’aiuto poderoso di Iacopo Incani, Iosonouncane, in fase di produzione). Daniela Pes è quella marcia in più che serve alla musica italiana per rinnovarsi. Continuare su questa strada, prego. - Giovanni Maria Zinno

boygenius - the record

Tra i numerosi album chitarra e voce femminile di quest'anno, sicuramente fra i migliori non poteva che esserci the record delle boygenius. Phoebe Bridgers, Julien Baker e Lucy Dacus sono riuscite a creare un disco profondo, suonato e ben prodotto. Lo si notava già dai primi singoli $20, Emily I'm Sorry e True Blue. Brano degno di nota, Not Strong Enough, con il suo testo struggente, in cui la fragilità è il tema centrale.
Se non lo avete ascoltato, cosa molto difficile vista la massiccia campagna di marketing e le numerose comparsate televisive delle tre ragazze statunitensi, è giunta l'ora di recuperare uno dei dischi migliori di quest'anno. - Gianmarco Carosi

Massimo Silverio - Hrudja

Una delle più belle scoperte di quest'anno. Un'esordio folgorante. Massimo Silverio è uno di quei nomi che sbuca fuori quando meno te lo aspetti, da dove meno te lo aspetti (in questo caso il Friuli-Venezia Giulia). Hrudja è un disco clamoroso, potente e poetico allo stesso tempo. Le influenze di Sigur Rós e Radiohead si fanno sicuramente sentire, eppure questo disco d'esordio non è incasellabile, e probabilmente sarebbe sacrilego farlo. Un debutto così, in Italia, lo aspettavamo da anni. - Andrea De Sanctis

Lana Del Rey - Did you know that there's a tunnel under Ocean Blvd

Un album delicatissimo, una Lana Del Rey in formissima. Il nono album in studio della cantautrice statunitense ci dimostra che l'artista è una delle più talentuose del suo tempo. Alla produzione troviamo il semper fidelis Jack Antonoff che modella i 16 brani della tracklist su ritmi lenti, eterei e d'altri tempi. Le atmosfere poetiche e rarefatte ancora una volta si riconfermano essere la cifra stilistica di Lana che qui si mette ancora più a nudo con lyrics cinematografiche e dirette: tra gli svariati temi troviamo gli Stati Uniti, riflessioni sui propri cari e sul desiderio, che insieme compongono l'affresco di una donna giunta finalmente alla maturità. - Maria Vittoria Perin

Slowdive - Everything is Alive

Una domanda sorge sicuramente spontanea: nel 2023 lo shoegaze è un genere che ha ancora qualcosa da dire? Se trovate Everything is Alive in questa lista allora potete benissimo capire come la risposta non possa che essere affermativa. Quello degli Slowdive è un vero e proprio viaggio tra synth modulari anni ’80 avvolti da chitarre shoegaze ricche di riverberi, corpose e dolenti, che trascinano l’ascoltatore nella loro scia malinconica, mentre cori riecheggiano come echi dei nostri ricordi più profondi. Quello che ne esce è un disco struggente e ammaliante, vivo e catartico, dalla bellezza estatica e sofferta, che accarezza e guarisce. Negli anni '90 come nel 2023. Perché certi cerchi sono destinati a chiudersi, o a riaprirsi. - Renato Anelli

Sufjan Stevens - Javelin

Certe volte la solitudine può far scaturire grandi cose. Certe volte in un mare di suoni rumorosi e asfissianti, la calma e la tranquillità sono quei due fattori che servono a ritrovare sé stessi. Così ha fatto Sufjan Stevens, tornando alle sue origini. L'ha fatto da solo, l'ha fatto con i suoi amici di sempre. L'ha fatto combattendo una malattia terribile. Eppure, contro ogni pronostico, di nuovo ha fatto centro. Javelin è il giavellotto che ci colpisce in pieno, facendoci un bellissimo male. Synth, acustiche, controcanti, delicatezza e durezza. Un sound così particolare, e così suo, che non si sentiva da tanto tempo. E per questo verrà ricordato per sempre. - Lucagian

Arlo Parks - My Soft Machine

Confermarsi dopo un esordio come Collapsed in Sunbeam era complicatissimo. Arlo Parks si è affidata alla produzione di un re Mida della musica mondiale: Paul Epworth. Il risultato è un disco più variegato rispetto al precedente. Arlo Parks cambia pelle, ma non il modo di scrivere. Si tratta solo della direzione dello storytelling: se prima era diretto verso l’esterno e il mondo circostante, ora si volta indietro e scava. Qualche volta si lascia più andare ed emergono le sue passioni (Devotion), in altri casi le sue paure (Ghost, Purple Phase). I momenti più emozionanti dell'album rimangono quelli in cui le influenze di Frank Ocean e dei My Bloody Valentine si fanno più marcate (Puppy), la scrittura più narrativa (Pegasus) e subentra persino un filo di rap (I'm Sorry). Un viaggio rigenerante in cui, nella condivisione del dolore, non si viene mai lasciati soli. - Samuele Valori

James Blake - Playing Robots Into Heaven

L'ultimo album di James Blake è un viaggio verso il paradiso. Non solo per il titolo evocativo e per la stessa copertina del disco, ma per la capacità dell'artista inglese di trasportati verso lidi ultraterreni. Le sonorità riportano all'elettronica dei primi album, seppure non manchino gli anelli di congiunzioni con il passato più recente: in questo senso il brano di apertura Asking To Break fa da perfetto collante con i pezzi di Friends That Break Your Heart. Un disco da continuare a riascoltare per tutto il 2024. E non solo. - Andrea De Sanctis

Colapesce Dimartino - Lux Eterna Beach

Sempre e comunque lunga vita al maestro Battiato: è impossibile non pensarci ascoltando Lux Eterna Beach, il secondo album di Colapesce e Dimartino. Lo si sente nel titolo, negli arrangiamenti orchestrali, nei synth anni '80 ma soprattutto nelle parole. La bravura del duo siciliano sta nei testi raffinati e colti, zeppi di immagini cinematografiche e riferimenti pop più o meno noti, che sfidano ogni moda e logiche di mercato che vorrebbero sempre più semplicità e immediatezza. I loro testi incarnano la bellezza della parola scritta magistralmente e per questo si meritano il titolo di poeti contemporanei. Vi basti pensare al titolo del primo singolo pubblicato: La luce che sfiora di taglio la spiaggia mise tutti d'accordo. Il tutto accompagnato da sonorità eclettiche, a tratti si sentono anche chitarre acustiche linde e cristalline come in Splash e Ragazzo di destra, oppure archi più o meno roboranti, come in Sesso e archiettetura, ma anche synth & drum machine vintage, come in Cose da pazzi e Neanche con Dio.  Capolavoro. - Maria Vittoria Perin

Squid - O Monolith

Gli squid hanno questa grande capacità di mutare in continuazione, rimanendo sempre se stessi e senza farlo notare immediatamente all'ascoltatore. Sì, c'è Siphon Song che è qualcosa che non avevano mai provato prima d'ora e che li conduce in territori più radioheadiani, ma il resto lo fanno i dettagli. O Monolith è nato durante il social distanced tour, un album in progressione poi "fermato" e registrato nella campagna inglese, nei prestigiosi Real World Studios di Peter Gabriel. La produzione di Dan Carey quasi viene messa in secondo piano dalla psichedelia post punk di Undergrowth e The Blades. La natura, le leggende, il folklore del Wiltshire parlano attraverso i synth e gli archi di After the Flash. Un secondo album in cui gli squid rileggono e fuggono da se stessi cavalcando i loro incubi, che diventano anche i nostri. - Samuele Valori

shame - Food for Worms

Se il post punk è vivo e vegeto anche nel 2023, una cospicua parte del merito va sicuramente agli shame. La band londinese torna dopo soli due anni dal precedente disco con il terzo lavoro in studio: Food For Worms. Un titolo emblematico e perfettamente calzante per il susseguirsi di sfortunati eventi che hanno portato la band a comporlo e registrarlo (è una locuzione gergale molto comune in UK che può essere tradotto con "essere spacciati", come approfondiamo nella nostra recensione). Ritrovarsi sull'orlo del baratro aiuta spesso a racimolare le proprie energie e ad incanalarle verso la salvezza, seguendo il primordiale istinto di sopravvivenza. Voglia di mettersi in gioco, di sperimentare e cambiare e soprattutto di riprendersi ciò che la pandemia gli aveva tolto, mettendosi di traverso sul più bello. Un disco rappresentativo di tutto quel potenziale espresso fino ad appena un anno fa, senza troppi fronzoli e con una trama ben definita. - Enrico Baroni

Young Fathers - Heavy Heavy

Ci sono dischi che più li ascolti e più ti mancano le parole per descriverli. Fin dal titolo, Heavy Heavy, è un ossimoro: gli Young Fathers non hanno realizzato un album "pesante", ma qualcosa che trasuda ritmo, tribalità e speranza. I primi tre brani Rice, I Saw e Drum giocano con l'elettronica, la musica black e il soul. Poi si passa al crescendo commovente di Tell Somebody, per giungere a Shoot Me Down che penetra nei territori del gospel. Testi antemici e minimali che lasciano spazio all'emotività dei un universo sonoro ibrido, tra tradizione e modernità. Il trio scozzese è tornato alle origini della musica, soprattutto quella black, con l'obiettivo di riconquistare quel senso primordiale di condivisione e per 32 minuti ti trasportano altrove. - Samuele Valori

Lucio Corsi - La Gente che Sogna

Lucio Corsi come Lucio Dalla. Lucio Corsi come David Bowie. Lucio Corsi come Lucio Battisti. Lucio non è un semplice cantautore. Lucio è un frontman a tutti gli effetti camaleontico, ma con un animo ribelle. Lucio viene da un altro pianeta per mostrarci La Gente Che Sogna. E come lo fa? A suon di elettronica, a suon di acustica e a suon di dream-pop bowieano. Al suo secondo lavoro, anche questa volta, questo ragazzo non ci ha delusi. Ma ci ha aperto gli occhi per permetterci di poter volare con i nostri desideri e con la nostra fantasia verso luoghi fantastici ed inesplorati. Tutto questo mostrando la sua abilità compositiva e la sua innata bravura nella scrittura dei testi. - Lucagian

slowthai - UGLY

L'amore verso se stessi è la più alta forma di egoismo, ma talvolta è indispensabile per amare chi ti sta attorno. L'essere diventato padre non ha solo cambiato le priorità di Tyron, ma ha influenzato inevitabilmente la sua musica. UGLY è una lunga seduta psicoanalitica in cui slowthai si prende gioco dei suoi demoni, li affronta e con essi interpreta la società che lo circonda. Alla scrittura l'artista britannico è affiancato dalla penna sapiente di Ethan P. Flynn che fa anche un cameo canoro nella stupenda Never Again. Un disco rap non convenzionale che possiede il suono post punk di Dan Carey e che di traccia in traccia cambia mood, rimanendo sempre al limite. L'esito della seduta era chiaro fin dall'inizio, Tyron se l'è tatuato in faccia: U Gotta Love Yourself. - Samuele Valori

Studio Murena - WadiruM

Uno dei gioielli (non troppo) celati della nuova wave hip-hop nostrana. Tra The Comet Is Coming e C'Mon Tigre, WadiruM è un luogo catartico dove riposare la mente e, al contempo, ricaricarla di nuove idee. L'album che ne consegue è un jazz-rap elettronico con pochi eguali quest'anno. Consigliato per un viaggio alternativo. - Giovanni Maria Zinno

Bombay Bicycle Club - My Big Day

I Bombay quest'anno si sono proprio divertiti. Se la sono spassata in giro per i club più importanti d'Europa presentando un album che non è solo il loro grande giorno. Ma anche il nostro. My Big Day è per eccellenza il loro progetto più intraprendente della loro carriera, fatto di influenze così lontane ma vicine ad ogni componente che non sembra di sentire qualcosa di sano. Ci sono tutti in questo disco: da Damon Albarn a Chaka Khan fino ai suoni più strani e mai sentiti. Non si tratta solo di chitarre elettriche, di synth o di alternatività strumentale. Si tratta di sperimentalismo, fatto con una buona dose di divertimento e pazzia. - Lucagian

Queens of the Stone Age - In Times New Roman…

Circa a metà di quest’anno abbiamo anche assistito alla vestale rinascita dei Queens Of The Stone Age, sotto l’egida di una nuova corona d’alloro di stampo napoleonico: un rito iniziato ormai una decade fa e solennemente consacrato In Times New Roman…
Graffiati e graffianti, Josh Homme e soci firmano un duro vaticinio crepuscolare che a suon di sfarzose spallate reclama un proprio trono all’interno della discografia del gruppo: tagliando le chicane dell’oblio con densi riff ovattati e travolgenti cori. Il morso di questo serpente ormai eterno ne testimonia così il sentimento d’urgenza e di riscatto, sibilando con impeto il presagio: “Après nous, le déluge.” Si va in scena. - Jacopo Giovanni Peroni

Beirut - Hadsel

Se c'è una cosa che non possiamo dimenticare è che ogni volta che i Beirut sfornano un nuovo disco, noi ascoltatori siamo catapultati in un altro luogo. In questo caso, per Hadsel, ci ritroviamo nella fredda e remota Norvegia. Tra un fuocherello in una casetta sperduta chissà dove e una chiesa anch'essa abbandonata, ma dove risuona ancora forte un organo. In questo album, il ritrovare sé stessi e il proprio scopo è il primo obiettivo della lista. E Zach Condon ci porta per questa strada solitaria, desolata ed innevata nella sua ricerca. Se c'è una cosa che vi ricorderete saranno proprio le note degli organi lontani e abbandonati. - Lucagian

The Kills - God Games

Il 2023 è stato anche l'anno del ritorno dei Kills. A distanza di ben 7 anni dal precedente Ash & Ice, Alison Mosshart e Jamie Hince hanno dimostrato di sapere ancora dire la loro. God Games non sarà probabilmente il loro disco migliore, eppure è uno di quei dischi che non stancano anche dopo centinaia di ascolti. New York, Love and Tenderness, 103 e Wasterpiece sono sicuramente gli apici dell'album. - Andrea De Sanctis

Grian Chatten - Chaos For The Fly

Ci troviamo difronte a uno dei cantautori più rilevanti del panorama musicale mondiale, c'è poco da discutere. Il sospetto che un suo album solista potesse suonare come una fotocopia sbiadita di un disco dei Fontaines D.C. ce l'abbiamo avuto tutti. E invece Grian Chatten è tornato a casa. A trenta miglia da Dublino, lungo Stoney Beach, si è fermato al Casinò di Bob: lì ha ritrovato i personaggi del presente e del passato. Beckett e Joyce come tutori, l'abilità nel descrivere i movimenti dell'anima oltre a quelli del corpo, che gli irlandesi la paralisi ce l'hanno nel dna, come la poesia e gli archi, e in qualche modo devono vincerla. C'è chi parte con un traghetto (Fairlies) e c'è chi si rimane e si fa cullare dagli arpeggi di chitarra e pianoforte alla Echo & The Bunnymen (All of the People). L'unica presenza costante è la morte, una compagna silenziosa e stimolante senza cui l'arte probabilmente non esisterebbe. - Samuele Valori

Ibisco - LANGUORE

Nei comunicati stampa che accompagnavano il primo vero anno di carriera sotto i riflettori di Ibisco (il 2022) si associavano i Joy Division a Lucio Dalla e proprio questa fusione, tra una penna tipica del cantautorato italiano e un suono ispirato alle spinose Manchester e Berlino, lo ha velocemente scaraventato nella lista degli artisti italiani pronti al grande salto. Se con Nowhere Emilia era riuscito a dar vita al suo soundscape, un paesaggio musicale perfettamente in grado di generare delle immagini nebbiose e piatte come la pianura padana, LANGUORE è senza dubbio la prova di maturità ampiamente superata in cui alla sperimentazione e alla voglia di distinguersi si aggiungono un bisogno autentico di veicolare un messaggio e un sapiente uso del proprio potenziale all'interno della scena musicale nazionale, con un occhio sempre puntato verso i riferimenti stranieri. Abbiamo un disperato bisogno di emozionarci e dare la giusta importanza al nostro vissuto e a quello di chi ci sta attorno: questo disco è la perfetta colonna sonora dei giorni nostri. Bel colpo. - Enrico Baroni

Overmono - Good Lies 

Good Lies, il primo vero e proprio album degli Overmono, è un gioellino per gli amanti dell'elettronica. 13 canzoni da ascoltare una dietro l'altra caratterizzate da crescendo trascinanti, voci femminili ed eteree accompagnate da beat delicati e calibrati al millimetro che creano atmosfere sofisticate e notturne. Non aspettatevi ritmi acidi e scatenati o turbinii di suoni da 180 BPM, Good Lies è un bel viaggione su cui ballare sì, ma con moderazione e soprattutto con stile, nella scia dei conterranei Bicep e George Fitzgerald. - Maria Vittoria Perin

Colombre - Realismo magico in Adriatico

Un album che solo dal titolo ha qualcosa di speciale, ti porta immediatamente in riva al mare, a quell'Adriatico che bagna la costa romagnola con quella colorata estetica che Luigi Ghirri ha saputo immortalare così poeticamente bene. Con il suo terzo album Colombre torna alle sonorità del primo apprezzatissimo Pulviscolo, dal sapore dolceamaro e velatamente vintage, dal ritmo scanzonato e dolce, di cui Io e te certamente con la fedele Maria Antonietta ne è l'emblema. Questa manciata rapida di canzoni (l'album dura solo una mezz'oretta) sono la colonna sonora perfetta per le giornate velatamente calde passate lentamente, senza troppo da fare. Colombre ci ricorda ancora una volta come suona l'indie italiano fatto bene. - Maria Vittoria Perin

Baustelle - Elvis

Anche se hanno cambiato il loro entourage, i Baustelle mantengono il loro posto come gli zii snob d'Italia. Ma allo stesso tempo, resuscitando dalle ceneri Elvis, si consacrano come superstar. Dopo la deriva pop del dittico dell'amore e della violenza, il gruppo toscano decide di ampliare i propri orizzonti lasciandosi riscaldare da suoni più soul e R&B e leccati a loro volta da chitarre e tastiere più grintose che mai. Dieci brani che non sembrano Baustelle, ma che sembrano il dopo dei Baustelle ovvero quello che succederà d'ora in poi. Hanno assaggiato (di nuovo?) la droga del rock'n'roll e difficilmente potranno farne a meno. E Claudio Brasini con quella chitarra vi farà bagnare come non mai. Finalmente. - Lucagian

Wednesday - Rat Saw God

Se il secondo album è il più difficile, il terzo, quando le cose vanno bene, è quello della consacrazione. Per i Wednesday le cose vanno splendidamente e Rat Saw God è uno dei dischi rock alternative più belli del 2023. C’è tutto nel loro ultimo disco: ritornelli melodici (Quarry), folk psichedelico (Formula One), influenze emo hardcore (Chosen to Deserve) e uno storytelling straniante (Turkey Vultures). L’ambientazione rurale del North Carolina e le vicende semiautobiografiche raccontate fanno da sfondo alla voce metamorfica di Karly Hartzman, talvolta malinconica, altre così aggressiva che sembra colpirti con una mazza da baseball. Rat Saw God non è un album immediato, ma non annoia mai, tantomeno negli otto incredibili minuti di Bull Believer. - Samuele Valori

Bud Spencer Blues Explosion - Next Big Niente

Viterbini e Petulicchio sono un duo indie, nel vero e originale senso del termine. Cinque pezzi con testo, cinque strumentali che segnano il ritorno, a cinque anni dall'ultimo lavoro discografico, del duo più anarchico della scena alternative italiana. Lisergico, ludico, sovversivo, cibernetico, corrosivo, tra l'onirico e il meditativo. Meravigliosamente caotico, romanticamente nichilista. - Giovanni Maria Zinno

Black Pumas - Chronicles of a Diamond

Quando il disco di debutto ti porta dritto dritto in cima al mondo e alle varie classifiche musicali, parlare di aspettative è sicuramente riduttivo. Se poi ci si associa la storia incredibile che li ha portati ad incontrarsi, si capisce ancor meglio perché i Black Pumas sono dal 2019 sulla bocca di tutti. Il loro ultimo album Chronicles of a Diamond riassume alla perfezione le loro ambizioni, le loro origini e i loro riferimenti in un distillato di black music lungo 10 canzoni. Dentro è possibile ritrovarci la continuità rispetto all'omonimo disco di debutto a suon di blues e rock'n'roll, new soul, r&b e fino alla psichedelia, che hanno da sempre annoverato tra i loro generi di riferimento e appartenenza. Il pezzo più rappresentativo del disco è sicuramente Mrs. Postman. - Enrico Baroni

Motta - La musica è finita

Motta è tornato e l'ha fatto in grande stile. La musica è finita è un disco diretto, senza fronzoli che racchiude tutti i lati migliori del cantautore toscano. Diversi ospiti (Willie Peyote, Giovanni Truppi, Jeremiah Fraites dei Lumineers...) e una produzione firmata Tommaso Colliva che è una meraviglia. Ci voleva proprio un disco così. - Andrea De Sanctis

Blur - The Ballad of Darren

Fateci tornare ad ascoltare all’infinito The Narcissist e Barbaric con una birretta al tramonto, meglio se seduti sopra ad uno scoglio, mentre guardiamo il tramonto. Abbiamo chiesto troppo? È il minimo di riconoscenza nei confronti di un ritorno attesissimo e che non ha deluso le aspettative. - Giovanni Maria Zinno