C'è una radio più figa della BBC? La risposta è semplice: no. Tra le varie stazioni del servizio pubblico britannico si intrecciano i nomi di qualsiasi genere, dal pop mainstream all'indie di culto, passando per i nomi emergenti più promettenti del momento. Una delle cose più interessanti che viene offerta agli artisti e al pubblico è l'esibizione live di una cover all'interno del loro BBC Live Lounge, nel corso degli anni le chicche non sono mancate, come dimostra questo articolo, motivo per cui vorremmo disperatamente la BBC anche in Italia.
Ben Howard - Call Me Maybe (Carly Ray Jepsen)

Call Me Maybe, singolo estratto da Kiss, il secondo album della cantante canadese Carly Rae Jepsen, è una di quelle hit pop che non solo ha ottenuto un successo clamoroso l'anno della sua pubblicazione, ma è rimasta impressa negli annali. Un vero e proprio tormentone, che anche a distanza di dieci anni sappiamo ancora tutti a memoria. Un brano teen pop semplice e divertente, di quelli perfetti da cantare in macchina con le amiche. Ma avreste mai pensato che sarebbe riuscito a farvi piangere? Ebbene si, è possibile grazie a questa versione realizzata dal cantautore britannico Ben Howard e il risultato è sbalorditivo. Se chiudete gli occhi e vi lasciate trasportare dimenticherete immediatamente il brano originale e vi sembrerà di trovarsi di fronte a un inedito. Verrete risucchiati da una voce che riesce a essere allo stesso tempo calda terribilmente cruda e dalla profondità di un arrangiamento quasi inquietante, impreziosito dalla presenza di un violoncello che è sicuramente la ciliegina sulla torta.
PS: la parte migliore è sicuramente quella in cui il buon Ben non riesce a trattenersi dal ridere mentre sul ritornello canta «Hey, I just met you, and this is crazy but here's my number, so call me maybe».
girl in red - Don't Start Now (Dua Lipa)

Se Don't Start Now eseguito da Dua Lipa serve a dare la carica e a smuovere il ballerin* trash che alberga in ognuno di noi, lo stesso identico brano, eseguito al pianoforte da girl in red sortisce tutt'altro effetto. Dolce e rilassante, il pezzo si trasforma da dance hit a sentimental ballad, complice il tempo più lento. Se nella voce di Dua Lipa si percepisce un ché di sprezzante e vendicativo, quella della giovanissima Marie sembra invece una richiesta di aiuto, meno rabbiosa seppure altrettanto intensa. Questo aspetto meditativo-contemplativo sarà tipico delle cantautrici norvegesi? In fondo, la cover di girl in red mi ricorda vagamente Half the world away degli Oasis cantata da AURORA.
Declan McKenna - Malibù (Miley Cyrus)

Declan McKenna, classe 1998, originario di Cheshunt, negli ultimi anni ha saputo sicuramente farsi notare. A soli 16 anni ha vinto l'Emerging Talent Competition di Glastonbury, ha firmato il suo primo contratto con una major e ha pubblicato il suo debut album, What Do You Think About the Car? Con la semplicità, la freschezza e la schiettezza che caratterizzano gli adolescenti, è riuscito ad affrontare tematiche pesanti in canzoni come Brazil, oppure Paracetamol. Tanto è bastato per far sì che stampa e pubblico iniziassero a etichettarlo come The Voice of a Generation.
Personalmente sono rimasta folgorata da Declan in maniera piuttosto casuale. Un paio di anni fa, guardando svogliatamente video su YouTube mi sono imbattuta in questa sua esibizione alla BBC Live Lounge in cui insieme alla sua band coverizzava Malibù di Miley Cyrus, singolo principale estratto dal Younger Now, il sesto album in studio della pop star americana, nonché quella che per me è la canzone estiva per eccellenza, non accetto pareri contrastanti. Quattro adolescenti con lo smalto sulle unghie e i glitter sul viso che parevano arrivati sul palco trafelati dopo essere usciti da scuola danno vita a una versione decisamente più rock rispetto all'originale, con tanto di assolo di chitarra finale. Quel video mi ha scaldato il cuore e da lì in poi il mio amore per la sua musica non ha fatto altro che crescere.
The 1975 - Thank You Next (Ariana Grande)

Se c'è una band che pare divertirsi particolarmente nel proporre e rivisitare famosissime hit pop, si tratta sicuramente dei The 1975. In particolare, nel 2018 il quartetto inglese è passato dagli studi BBC in occasione della promozione del loro terzo disco A Brief Inquiry Into Online Relationships, scegliendo di cimentarsi in una personalissima versione di Thank U, Next, uno dei più celebri brani di Ariana Grande. Prima di eseguire la canzone, il leader Matty Healy ha parlato con affetto della pop star americana dichiarando di ammirarla particolarmente e scherzando sul fatto che la sua estensione vocale è nettamente inferiore rispetto a quella della cantante.
She’s become the main protagonist—is that the right word?—in most people’s lives. The person I see spoken about most. And somebody I’ve started to really care about for some reason. She’s had a right old tough time and I like her a lot. I think she’s cool. And she’s got a great voice. And I don’t. So I’m gonna sing one of her songs.
Si tratta una versione decisamente reinventata, La melodia pop originale viene scurita e arricchita dall'aggiunta di distorsioni e, soprattutto, dalla presenza di un coro gospel che interviene specialmente sul ritornello, conferendo al brano le vesti di una sorta di preghiera laica e mondana. Serietà che viene un po' smorzata a metà esecuzione, quando il cantante trafelato inizia a sfogliare gli spartiti presenti su un leggio nel tentativo di ricordare il testo.
Ma Healy e soci non sono stati gli unici a scegliere di eseguire la cover di un brano di Ariana Grande. A omaggiare la popstar sono stati gli artisti più disparati, da Michael Kiwanuka, che si è cimentato sulle note di Into You, a Hozier che ha scelto invece Problem, passando per gli Years & Years, che si sono esibiti sulle note di No Tears Left To Cry, aggiungendo il proprio tocco synth-pop. Fino ad arrivare ai Mumford and Sons, che durante il tour promozionale del loro quarto album Delta hanno regalato un'inedita versione orchestrale di breathin, con la partecipazione del duo Pêtr Aleksänder e dei membri della London Contemporary Orchestra. Tra l'altro, prima dell'esibizione Marcus Mumford ha definito la cantante «la più grande pop star dai tempi di Whitney Houston».
The xx - My Love (Justin Timberlake)

Partiamo dal fatto che qui si parte da un pezzo che ha tutte le carte in regola per essere una hit mondiale, di quelli che vanno suonati esclusivamente ad alto volume, che ti fanno vivrare i subwoofer e il petto per 3 minuti e ti fanno venire un'improvvisa voglia di volteggiare proprio alla Justin Timberlake, peccato non avere un briciolo della sua bravuta e figaggine. Visti i presupposti per una cover degna di questo nome ci vuole qualcuno che ha fatto della coolness il proprio marchio di fabbrica e questi non possono che essere gli xx, che qui impersonano a loro modo il riconoscibile sound pop di inizio 2000 di Timberlake. La produzione roboante da gran studio di Timbaland viene spogliata e alleggerita da jamie xx, che dà a My Love una base elettronica più sofisticata, in linea con i brani di I See You, l'ultimo album della band, su cui si incastrano quei caratteristici riff leggeri di chitarra firmati da Romy. Un mix di strumenti musicali e elettronici che rendono gli xx un gruppo così peculiare. Altra loro carraterristica è il duetto, infatti anche in questo caso le voci delicate di Romy e Oliver si danno ciclicamente il cambio, in un botta e risposta di voci maschili e femminili che rendono questo singolo la prossima cosa che vuoi sentire e ballare alle 2 di notte al Primavera Sound.
The Vaccines - We Are Never Getting Back Together (Taylor Swift)

Prima che Taylor Swift incontrasse Aaron Dessner e Justin Vernon e desse una svolta marcatamente indie al suo sound, la cantante è stata prima incoronata a reginetta del country e successivamente del pop mericano, con pezzi come Shake It Off e Black Space. In quel periodo si incastra l'album Red, con cui è iniziata la sua ascesa e da cui è stato estratto il singolo We Are Never Getting Back Together. Un pezzo squisitamente pop e radiofonico che i Vaccines hanno deciso di reinterpretare in occasione del loro secondo disco, Come Of Age. Niente più accento americano sostituito dal British English di Justin Young, l'intro di chitarra acustica e la batteria confezionata ad arte vengono rimpiazzati da un graffiate riff di chitarra elettrica e un giro di basso molto più sporchi, che conferiscono alla cover un sapore anni '90. Pensando che i Vaccines vantano nel proprio reportorio un debut che per chi è cresciuto a pane e indie è considerato una gemma, sentire il cantante dire «And you would hide away and find your peace of mind / With some indie record that's much cooler than mine» fa sorridere.
Kasabian - Fancy (Iggy Azalea)

Una band che non ha bisogno di presentazioni. Dai Kasabian ti aspetti delle sberle sonore pazzesche, chitarre elettriche ruggenti e muri di amplificatori, basta pensare a pezzi pilastri dell'indie rock come Club Foot e Vlad The Impaler, canzoni che ti fanno gasare in modo esagerato, una botta di pura energia della durata di 3 minuti. Tutto ci si può aspettare fuor che una versione acustica con tanto di archi e maracas di Fancy, il singolo mega pop (e mega caciarone) di Iggy Azalea e Charli XCX datato 2014 e immancabile nelle playlist per la macchina, perchè non può essere che ascoltato a volume altissimo e con i finestrini abbassati. La cover dei Kasabian è l'antipodo della versione originale, dall'atmosfera intima e elegante del setting, al duetto Pizzorno - Meighan che ricorda loro pezzi come Goodbye Kisses o bow, a miticare il tutto ci aggiungono pure un fuck delicatamente censurato.
Foals - Late Night Feelings (Mark Ronson ft. Lykke Li)

Altra band che fa della potenza e dell'energia del sound la propria caratteristica vincente sono i Foals. Ho sempre paragonato Yannis Phillapikis live ad una tigre pronta ad attaccare. La band ai concerti ti spacca le ossa, in cuffia ti spacca i timpani, con quei riff sporchi e roboanti come quelli di What Went Down oppure della più recente Black Bull. Ma i Foals hanno anche un lato più morbido, dolce e sofisticato, come quello di Spanish Sahara o London Thunder, e la bellezza dei loro album sta proprio nello sposare entrambe queste anime e alternarne tra un brano e l'altro, cosa che a mio modesto parere gli è riuscita particolarmente bene anche con la prima parte di Everything Not Saved Will Be Lost. Questa cover ne è figlia, la band riprende la title track dell'ultimo album d Mak Ronson, qui accompagnato da Lykke Li, e lo riarrangia con il proprio stile, perciò i sintetizzatori si fanno giri acuti di chitarra, a cui il gruppo ci ha tanto abituato, i beat diventato battiti di grancassa, le atmosfere notturne si trasformano in atmosferme dal sapore esotico.
Florence + the Machine - Take Care (Drake)

Drake non è solo Hotline Bling, prima del celeberrino singolo che ha impazzato ovunque per mesi e mesi nel 2015, il rapper canadese aveva pubblicato già 4 album tra cui Take Care da cui è estratto questo singolo in duetto con niente meno che Rihanna. In questa session speciale della BBC la voce timida di Florence Welch annuncia la cover con queste parole «It's Take Care, which is produced by Jamie xx and it's by Drake and Rihanna, so 3 of my ablosutely favourite artists». Un terzetto che la cantautrice reinterpreta con la sua voce potente e piena di pathos, in pieno stile Spectrum, in cui i ritmi tribaili e il rappato dei due cantanti vengono sostituiti da un arrangiamento che comprende anche gli archi, che nel finale creato un vortice impetuoso e drammatico, marchio di fabbrica di Florence e motivo per il quale ce la fa adorare; quel «I've loved and I've lost» ripetuto in coda così carico di emozioni arriva dritto in pieno stomaco.
Blossoms - Adore You (Harry Styles)

Abbiamo seguito i Blossoms fin dall'inizio, quando ancora avevano una manciata di followers su Twitter e se li taggavi ti rispondevano ai tweet. Diciamocelo, il loro debut fu di tutto rispetto con quelle sonorità marcatamente anni '80 che in seguito si sono prepotenente imposte nella scena indipendente inglese, tuttora canzoni come Charlemagne e Honey Sweet non possono mancare nelle playlist di ogni indie kid che si rispetti. Peccato che dopo 3 album tutti sulla stessa onda il fenomeno si sia un po' sgonfiato. Questa comparsata del cantante e del chitarrista della band risale ad inizio 2020, in concomitanza con la promo del loro ultimo disco Foolish Loving Spaces. I due in questa occasione reintrepretano in una formazione molto semplice voce - chitarra - coro uno dei singoli estratti dall'ultimo album di Harry Styles, Fine Line, che nella versione originale ricorda proprio le sonorità della band di Stockport.
Wolf Alice - Steal My Girl (One Direction)

Di cover dei One Direction al Live Lounge, nel corso degli anni, ne sono state fatte diverse. Se c'è una cosa che mi uccide quando vado a riascoltarmele è sicuramente il fatto che, basta affidarle a qualche artista appartenente al mondo indie e, improvvisamente, sembra che il brano in questione si trasformi in una canzone seria. E' questo sicuramente il caso di Steal My Girl, singolo principale estratto da Four, il quarto album in studio della boyband inglese, qui coverizzata dai Wolf Alice. Il brano nella sua veste originale vanta una melodia che suona un po' come una ballad rock uscita dagli anni '70/'80. In questa versione viene trasformatato dal quartetto britannico in un pezzo che strizza l'occhio al grunge, con la voce delicata di Ellie Rowsell che echeggia su potenti e decisi rift di chitarra.
Da non perdere, inoltre, la cover di Nigh Changes, dove un concentratissimo Justin Young dei The Vaccines cerca di dare il meglio di sè con il falsetto, e quella della super hit What Makes You Beautiful che, nelle mani dei The 1975, si trasforma in una lenta e straziante ballata al pianoforte, accompagnata da una chitarra travolgente e dalla voce struggente del frontman Matt Healy.
Tom Odell - Roar (Katy Perry)

Prima che Tom Odell partisse per la tangente sbagliata aggiungendo inutili orpelli elettronici ai suoi brani cantautorali, aveva colpito il pubblico indie per la semplicità delle sue canzoni, in cui la sua voce cristallina si amalgamava al piano e dava vita a dei classiconi come Another Love o Hold Me capaci di arrivare diretti al cuore. In questa session del Live Lounge facciamo un tuffo nel passato, agli albori del cantante (quando NME diede zero al suo Long Way Down); Tom opta per Roar, uno dei cavalli di battaglia della superstar del pop americano, Katy Perry, e la stravolge completamente realizzandone una versione che vedrei bene in un vecchio pub inglese, fedelmente accompagnato dal suo pianoforte nero. Il vigore e la potenza del ritornello super catchy vengono resi tramite un coro di voci che vanno a rinforzare quella di Odell che in questo video sembra preso benissimo.
Christine and the Queens - Kiss It Better (Rihanna)

Una location esclusiva per l'esibizione di Christine and the Queens, non più gli studi radio di BBC ma uno studio di registrazione in cui reinterpreta in un medley Kiss It Better di Rihanna e Wuthering Heights di Kate Bush. La scelta di Riri non è casuale, infatti Letissier ha spiegato proprio alla BBC «When I think of Rihanna I think of empowerment. Anti is all about being strong when you unfold, which is quite compelling I think. The strength never stops, it’s quite a feminist statement». I beat R&B di Rihanna vengono ammorbiti e rallentati e viene creata una miscela sensuale e sofisticata, marchio di fabbrica di Christine and the Queens, in cui i versi della grande Kate Bush si incastrano alla perfezione.
Lewis Capaldi - Shallow (Lady Gaga)

Difficile reinterpretare un brano ineccepibile come Shallow, romantica colonna sonora del film A star is born, con una popstar del livello di Lady Gaga come protagonista. Cosa avrebbe potuto mai aggiungere Lewis Capaldi a cotanta perfezione? Ma è chiaro: la sua voce carica di pathos! Un coro di quattro voci angeliche armonizzano delicatamente, facendo eco al giovane cantautore scozzese. Si sa, Capaldi è adorato per il suo carattere spiritoso, ma le canzoni commoventi sono decisamente il suo forte. Non si è smentito neanche in questa cover, e non è facile non essere da meno rispetto a due artisti come Lady Gaga e Bradley Cooper.
Rex Orange County - I Don't Care (Ed Sheeran ft. Justin Bieber)

L'abbiamo sentita in radio, nei centri commerciali, nei programmi TV e per strada. Un duetto tra due delle più grandi popstar del decennio, Ed Sheeran e Justin Bieber, che ha ricevuto miliardi di ascolti sulle piattaforme di streaming in tutto il globo. Ed ecco che arriva il giovane Rex Orange County solo con una chitarra e spoglia questo pezzo dalla patinatura della cima delle classifiche, rendendolo un'intima, timida e romantica ballata indie. Attraverso questa sognante esibizione, l'artista rende il pezzo e il testo più genuino, facendolo quasi sembrare un inedito. Avviso: difficile togliersi il ritornello dalla testa.
Bastille - Bad Guy (Billie Eilish)

Nel 2019 Billie Eilish è stata il fenomeno dell'anno. Ma i Bastille non si sono accontentati di realizzare una cover del famosissimo singolo Bad Guy, seppur dando un tocco leggermente gospel alla canzone grazie all'aggiunta dei cori. Hanno infatti preferito un mash up tra -- appunto -- Bad Guy, Bad Romance di Lady Gaga, Bad Blood di Taylor Swift e la loro Bad Decisions uscita insieme al terzo album Doom Days poco prima di questa partecipazione al BBC Live Lounge. Quindi, non una semplice cover, ma una serie di canzoni con la parola "bad" nel titolo accompagnate dal riff di chitarra di Miserlou di Dick Dale. E per quanto riguarda le parti di Bad Guy, anche il testo originale è stato leggermente modificato. Sul finale "I'm a bad guy" diventa "you're a bad guy". Plot twist. Un tentativo decisamente riuscito, da ascoltare.
I Bastille comunque si beccano la doppia nomination in questa lista con l'iconica cover di We Can't Stop di Miley Cyrus, la prima canzone dell'era Bangerz che aveva fatto sussultare un po' tutti all'epoca. In risposta, la band inglese sceglie uno dei brani più hot del momento, unisce il riff di Lose Yourself di Eminem a Voglio Diventar Presto un Re tratto dal Re Leone (ma come cavolo...) e per finire scambia il bridge con Achy Breaky Heart di (proprio così) Billy Ray Cyrus. La ciliegina sulla torta? Il "Only Dad can judge us" riferito proprio alla relazione tra Miley & Billy. Il risultato è un pezzo strabiliante che rimane in testa a vita e che cattura alla perfezione l'anima spensierata, un po' cazzona e molto talentuosa dei Bastille nel loro momento migliore.
The Maccabees - Hello (Adele)

Ogni volta che Adele pubblica un nuovo disco, rigorosamente intitolato come gli anni che ha al momento della stesura, ci ritroviamo tutti a cantare i brani che scalano le classifiche mondiali. Ma quanti temerari ne fanno una cover pubblicamente? Cantare un pezzo di Adele significa essere bravi, perché la produzione della cantante inglese non è alla portata di chiunque a livello tecnico. I Maccabees non si sono fatti scoraggiare, facendo proprio il brano.
Hello, in questa rivisitazione molto indie, perde la propria conformazione solenne ma guadagna vitalità, poiché il sound viene arricchito da chitarra, basso e batteria. Se questa fosse stata la versione originale, si sarebbe meritata comunque un primo posto nelle charts. Da far ascoltare a tutte le persone a cui Hello non è piaciuta: si ricrederanno.
Jungle - Uptown Funk (Mark Ronson ft. Bruno Mars)

«Doh / Doh doh doh, doh doh doh / Doh doh», chi se lo scorda più quell'intro. Uptown Funk di Mark Ronson e Bruno Mars tra il 2014 e il 2015 (eh sì, di già) era una vera e proprio persecuzione, era ovunque: in radio, al supermercato, in tv, tra i consigli di YouTube, tra le canzoni in loop ascoltate dal cuginetto. E come non riconoscere un'altra volta il talento a Mark Ronson: il singolo è solare, frizzante, facilmente memorizzabile, con un pizzico di funky a rendere meno plasticoso il pop e con un Bruno Mars più smagliante che mai, la ricetta perfetta per il buon umore e per il tormentone da 4 milioni di views. Perfetto per i Jungle, Josh “J” Lloyd-Watson e Tom “T” McFarland, il duo britannico che miscela elettronica, funky e groove trascinanti. Infatti in questa cover i ragazzi chiamano tutta la squadra al rapporto nel Live Lounge e tra cori, riff di Stratocaster e trombe creano un omaggio a Ronson e Mars più che una rivisitazione, senza stravolgere troppo l'originale.
Arctic Monkeys - Hold On, We're Going Home (Drake)

Settembre 2013, a poche settimane dall'uscita del loro celebratissimo album AM, gli Arctic Monkeys sono ospiti del Live Lounge per esibirsi in un'insolita cover del rapper canadese Drake. La band stessa aveva ammesso che nella fase di scrittura di AM l'influenza dell'hip hop era stata cruciale, basti pensare ai riff di basso, ai ritmi sensuali e all'atmosfera di alcuni pezzi dell'album. Infatti, alla presa con la cover non se la sono cavata affatto male. Anzi, hanno dato una lettura interessantissima di un pezzo non esattamente nelle loro corde. Un'esibizione elegantissima, che sprigiona un immaginario cinematografico da raffinato locale immerso in una metropoli oltreoceano, rendendo il pezzo ancora più ammiccante e interessante anche grazie al calore della voce di Alex Turner.
Jamie T - All About That Bass (Meghan Trainor)

Che bello il feel good indie rock, così adatto per riempire quei viaggi in macchina nei pomeriggi soleggiati, quel richiamo all'estate che sembra uscire dalla colonna sonora di un film. Ecco, qui un'istituzione dell'indie come Jamie T si presta ad una spensierata esecuzione di un successone pop della cantante statunitense Meghan Trainor. Una cover senza troppe pretese ma assolutamente divertente e ballabile, come un pezzo vintage che riascolti dopo anni per ricordare piacevoli ricordi di una passata estate. Più Kooks o più Beatles?
Jake Bugg - Be The One (Dua Lipa)

Altro artista di cui ci mancano come l'aria i suoi albori chitarra - voce. Quando uscì il suo debut la critica britannica si azzardò a dire che il ragazzino poteva diventare il nuovo Bob Dylan per le sue capacità di scrittura e per l'essenzialità dei suoi brani, che nella maggior parte dei casi presentano uno scheletro di pochi accordi di chitarra acustica a cui si appoggia la voce nasale (da Topolino) e caratteristica di Bugg. In questa session il cantautore torna a quelle origini accompagnato semplicemene dalla sua fedele acustica e reinterpreta una delle primissime hit di Dua Lipa, Be The One. Era il 2015, la voce calda e vigorosa della cantante inglese dopo la pubblicazione di New Love si affaccia per la seconda volta alle nostre orecchie e in pochissimo tempo diventa un tormentone, incoronandola uno dei nomi più interessanti e in voga del nuovo pop, capace di costruire dei successoni uno dietro l'altro, che confermano che si può fare pop divertente e super catchy senza risultare stomachevoli o artefatti. Nello stesso periodo purtroppo Jake Bugg pubblicava il suo primo flop: On My One.
Circa Waves - Love Me Like You Do (Ellie Goulding)

I Circa Waves li definisco da sempre un gruppo duttile, che si sa organizzare, conscio della sua bravura, forza e audacia. Quando nel lontano 2016 ascoltai per la prima volta questa cover ne rimasi piacevolmente colpito e sorpreso: in effetti, al tempo, non conoscevo bene il gruppo ma quel mix di sound che mi ricordava qualcosa a metà fra The Strokes e The Kooks mi ha permesso, successivamente, di approfondirli sempre più. Qui, ospiti al Live Lounge, riarrangiarono per l'occasione Love Me Like You Do di Ellie Goulding. Il brano originale, uscito nel 2015, faceva parte della colonna sonora del tanto discusso film Cinquanta sfumature di grigio e ricevette, fin da subito, l'elogio generale della critica. In questa versione, invece, "la dolce voce da bambina smarrita" della Goulding (per citare Farber del Daily News) è sostituita da quella molto particolare (ma comunque adatta) di Kieran Shudall, voce e prima chitarra della band di Liverpool. Il risultato, alla fine della fiera, risulta essere positivo: la loro intenzione non è quella di realizzare una mera cover, bensì di trasportare questa canzone verso un sound a loro più congeniale, ossia quello indie rock. "What are you waiting for?" La canzone vi aspetta.
Royal Blood - Happy (Pharrell)

745 milioni di visualizzazioni su YouTube. Questo il dato da capogiro di Happy nella versione originale di Pharrell Williams. Una dei brani-tormentone degli anni '10 che raggiunse perfino una candidatura agli Oscar 2014 nella categoria miglior canzone. Insomma, un successo planetario. Ora, dimenticate tutto. Cancellate le atmosfere festanti, spensierate, con tanto di Minions che girano per tutta casa mentre canticchiate o fischiettate Happy. È il momento della versione dei Royal Blood. Un suono distorto, sinistro, che incute una certa ansia. Un timore percepibile fin dal primo accordo. Fin dalla prima nota. Secondo noi rischia di non essere nemmeno più una cover, quanto più una canzone inedita con un testo dal successo assicurato. Un mix perfetto. Una dicotomia melodica e testuale che naviga tra il felice e il preoccupato, tra i sorrisi a trentadue denti dell'originale e le elucubrazioni che solo il sound dei Royal Blood può portarti. Per citare un commento sotto al video: "How did we get so happy?". Ce lo chiediamo anche noi.
Kings of Leon - Dancing On My Own (Robyn)

È il più tradizionale degli episodi di qualsiasi serie tv per teenager: classico liceo americano di un sobborgo americano, ballo di fine anno nella palestra della scuola, un sacco di ragazzi intorno e nonostante questo la sensazione di essere inesorabilmente soli. La band che suona sul palco sono i King of Leon e la canzone sembra parlare proprio a noi e a quello che sentiamo in quel momento, vedendo la nostra amata ballare con qualcun altro. Siamo stati tutti adolescenti in fondo. Dancing On My Own di Robyn in questa cover perde tutta la carica dance elettronica per abbracciare invece le malinconiche chitarre della famiglia Followill, che ci regala così una versione molto più rock (e diciamolo, persino migliore) di uno dei brani pop più riconoscibili di questa ultima decade. Avrei voluto partecipare al ballo di fine del mio liceo se i Kings of Leon fossero stati lì a cantare delle mie sofferenze di cuore.
Tame Impala - Say It Right (Nelly Furtado feat Timbaland)

“Qualsiasi cosa che tocca diventa oro” è una frase sentita e accostata tantissime volte nel primo decennio degli anni 2000 a Timothy Zachery Mosley, in arte Timbaland, produttore statunitense capace di rivoluzionare la musica R&B e hip hop e di contribuire al successo di artisti come Justin Timberlake, Jay-Z e per l’appunto Nelly Furtado. Se c’è un gruppo del decennio successivo per il quale ho risentito spesso la stessa frase, è proprio quello capitanato da Kevin Parker ed è proprio con questa cover di Nelly Furtado (prodotta per l’appunto da Timbaland) che i Tame Impala lo dimostrano ancora una volta. La capacità di rimanere fedeli a sé stessi e al proprio stile è forse uno dei punti di forza della band australiana che con questa cover riesce a reinterpretare e rendere personalissimo uno dei brani più iconici degli anni 2000.
Two Door Cinema Club - Treasure (Bruno Mars)

Bruno Mars ha l'abilità di far piacere a tutti il pop del momento. Charme, carisma e consistenti doti canore l'hanno reso famoso in tutto il mondo, dal 2010 in poi. Ciascuno di noi conosce almeno un paio dei suoi singoli, caratterizzati spesso da un leggero retrogusto funk e da video musicali con un ché di anni Ottanta.
Pur essendo un personaggio moderno, cita e omaggia spesso altre decadi del secolo scorso con leggerezza, e questo ci piace. Non siamo i soli a trovarlo interessante. Proprio i Two Door Cinema Club, pietre miliari di generi completamente diversi e per niente nostalgici nello stile, hanno scelto la famosissima hit del 2012 della popstar per una cover. Sarà sicuramente un po' meno "tormentone estivo", anche perché i riff nello stile dei TDCC lasciano un marchio indie rock inconfondibile, però l'anima allegra e frizzante della canzone è rimasta intaccata. L'abbinamento in qualche modo funziona, forse perché i Two Door Cinema Club e Bruno Mars hanno in comune l'obiettivo di far ballare i propri fan di tanto in tanto.
The Amazons - New Rules (Dua Lipa)

Dua Lipa con riff elettrizzanti e un'attitudine che richiama quei pezzoni indie rock suonati nei festival britannici? Beh, mi sembra quantomeno interessante. Tra i cavalli di battaglia della popstar Dua Lipa, New Rules viene qui stravolta e adattata allo stile tendente all'arena rock degli Amazons, con i loro ritornelli da cantare a squarciagola e quella grinta tipica dei loro break strumentali. Binomio senza dubbio insolito, ma prestandogli ascolto ci accorgiamo che un pezzo così starebbe davvero bene in una loro scaletta, tanto per farci prendere ancora una volta dalla nostalgia dei concerti dal vivo. Mettete le vostre giacche di pelle e tenetevi forte.
Hozier - Sorry Not Sorry (Demi Lovato)

Un bizzarro scambio di posto s'è visto anche tra quel timido di Hozier e l'audace popqueen Demi Lovato: lei si prende Take Me To Church, lui rilancia con Sorry Not Sorry. Nel live Hozier si fa strada tra sguardi timidi e mani incerte, confermando: togliete tutto ad un cantautore, ma non la sua chitarra. Aggiungeteci pure un testo da bad bitch (cit.) ed il gioco è fatto. Hozier, all'anagrafe Andrew Hozier-Byrne, è uno di quegli artisti senza confezionamento e lustrini, canta senza compromessi ad occhi chiusi e con il cuore in tasca; ed è proprio la sua integrità a consolidare al contempo un'artista versatile, capace di fondersi lentamente in un brano altrui e renderlo proprio. Da dire che è proprio uscendo dalla comfort zone dove le cose si fanno interessanti: in poco meno di quattro minuti Hozier prende confidenza e, aiutato dal coro e da un tamburello tra le mani a tenerlo buono, trasforma un revenge pop in una piacevole ballad soul-funky.
Articolo scritto a più mani da: Maria Vittoria, Federica, Greta, Jacopo, Martina, Giovanni, Renato, Alessia e Selene.