12 agosto 2020

10 canzoni che ti fanno deprimere quando la giornata sembrava iniziata per il verso giusto

Succede, quando qualcosa è bella e basta, di accettarne anche gli aspetti più scomodi. Si sa. Essendoci fra queste cose, ovviamente, la musica, non è il caso di fare un’eccezione. Forse è l’unica che perdoniamo quando ribalta il nostro umore e questo capita veramente spesso, specialmente se siamo amici fidati della riproduzione casuale e ci abbandoniamo, un po’ per pigrizia, un po’ per curiosità, a quello che decide di riservarci.

Eccoci KO.

È per questo che ho deciso di stilare la lista delle 10 canzoni che ti fanno deprimere quando la giornata sembrava iniziata per il verso giusto, una sorta di playlist della tristezza. E no, non sto parlando di pezzi come November Rain dei Guns N’ Roses o Hurt di Johnny Cash; parlo di quella tristezza un po’ più frizzante, figlia dei social, mascherata dal fatto che sì, possiamo stare male, ma di base ci piace divertirci e non siamo mai tristi per davvero.

Di canzoni tristi ne è pieno il mondo, il tempo, ne sono piene le generazioni e le relazioni e purtroppo (o per fortuna) una Top Ten non è abbastanza esaustiva. Peccato che io abbia la geniale abitudine di creare delle playlist per ogni periodo della mia vita, cosa che mi permette, in maniera abbastanza intuitiva, di ripescare facilmente le fidate compagne di QUEI giorni. Ci sono delle mattine in cui, nonostante l’estate, nonostante gli autobus che passano in orario, nonostante il buonumore e la lunga collezione di giornate di merda che ci ritroviamo alle spalle, essere tristi ci va incredibilmente BENE.

Ecco le 10 canzoni, più o meno recenti, che nel 2020 ci autorizzano ad essere tristi.

NASCOSTA IN PIENA VISTA – I CANI

Mi sembra proprio il caso di partire con uno dei gruppi più cinici e bellissimi mai esistiti in Italia e quindi di partire col botto. Niccolò Contessa e I suoi Cani non si fanno più vedere (né tantomeno sentire) da qualche anno, ma nel 2018 hanno ben pensato di ricordarci chi comanda e chi sa spezzarti il cuore davvero, lanciando negli spazi di Calabi – Yau Nascosta In Piena Vista. Associare questo brano solo alla tristezza è riduttivo. Si tratta, piuttosto, di qualcosa di estremamente ermetico e di dimensioni universali contemporaneamente. Morte e Vita insieme. Orrore e Speranza. Realtà e Sogno. Potrei continuare con questo dualismo a tratti irreale, ma solo ascoltarla potrà farvi capire.

Nel cielo stellato
Ho intravisto il mio destino
Tornerà a trovarmi
Come quando ero bambino
E credevo di sentire anch'io
Qualcosa che non c'è
Qualcosa che non c'è
Nascosta in piena vista

Se dovete ascoltarla per la prima volta, vi invidio. Se non piangete dopo il primo ascolto, probabilmente non siete degli esseri umani.

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SHAMPOO BOTTLES – PEACH PIT

Le bottiglie di cui si parla sono sfatte, usate svariate volte, in quel bagno da chissà quanto tempo ma, soprattutto, appositamente lasciate lì. Sono fra le cose che possiamo lasciare a casa degli ex quando cala il sipario e gli ex c’entrano sempre con le canzoni tristi. Si parla di shampoo, certo, ma anche di spazzolini, caricabatterie, deodoranti e qualsiasi altro oggetto che in origine era solo funzionale ma adesso diventa tremendamente deleterio:

I've run out of my speed stick honey
So I have been using yours
It's fricking trash all that Organic hoo hah
From one of your health food stores

It is seemingly worsened everyday
All this shit of yours around my house
If I could've had it any other way
Then by now I would've chucked it out
But it seems to wanna stick around

Ennò, mi spiace, amico, ma come insegna Nuovo Cinema Paradiso «non ti fare fottere dalla nostalgia!»

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VINAVIL – GIORGIO POI

Lo ammetto: è stato difficile scegliere una sola canzone di Giorgino, quindi ho optato per la mia sua preferita. Credo che con una voce del genere anche alla primavera verrebbe voglia di dileguarsi; e infatti anche il suo ultimo singolo, Estate, colonna sonora della serie Netflix Summertime,  non celebra la bella stagione, come può sembrare dal titolo. Ma torniamo a Vinavil: tratta dal secondo album, Smog, inizia con delle note inconfondibili che riaffioreranno ogni volta che il nostro cervello si ricorderà del concetto di MALINCONIA. È una serie di immagini familiarissime che si possono quasi toccare con mano (il titolo ci aiuta in questo), sfondo dell’ennesima relazione travagliata e normalissima nella gioventù che sembra essere uguale a tutte le altre ma è, invece, diversa, è una di quelle che fa male in una maniera un po’ più poetica.

E poi contiene la frase

Per essere contenti
anche senza dirlo mai

ed è qui che si perde ogni speranza di ottimismo, anche se in maniera quasi sublime.

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SAD DAY – FKA TWIGS

Vi sembrerà didascalico, vi sembrerà banale, ma non potevo non scegliere una canzone di uno degli album più assurdi del 2019, MAGDALENE.

Every time you look outside your window
Everything is just the same as before
You are turning round and round
You see, it's a sad day for sure

Non proprio uno splendido inizio di giornata. Diciamo che in tutto l’album si percepisce l’aura della rottura fra lei e Robert Pattinson. E diciamo anche che il tono catastrofico del testo e della musica fa arrivare il messaggio forte e chiaro. Kate Bush è tornata più straziante e straziata che mai.

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DIABOLIK – TUTTI FENOMENI

Questa è l’emblema del piegarsi alla tristezza per la troppa bellezza. IMPOSSIBLE TO SKIP. Merce Funebre di Tutti Fenomeni (ecco, Niccolò Contessa producendo questo album si è fatto perdonare tutto) ti costringe, traccia dopo traccia, a osservare che cosa caspita è l’esistenza umana. La filosofia dietro a questo progetto è inafferrabile ma potentissima. Diabolik è probabilmente la dichiarazione più emotiva fra tutte.

Ho fatto un sogno e mi sentivo un piccione
Come il 95 per cento di tutte le persone
Forse il 99
Forse il 99
Tramonta il sole anche nel giorno peggiore
Triste quando è libero, triste nella prigione

 Sentirsi fragili, del resto, vuol dire sentire TUTTO.

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ANOTHER LOVE – TOM ODELL

Sono un po’ (molto) andata indietro di qualche anno perché se dovessero chiedermi qual è, per me, la canzone più triste in assoluto io direi che è proprio questa. Tom Odell in generale non è sinonimo di gioia, ma è qui che è riuscito a creare LA combo letale, quella che all’altare è capace di farti retrocedere:

And if somebody hurts you, I wanna fight
But my hands been broken, one too many times
So I'll use my voice, I'll be so fucking rude
Words they always win, but I know I'll lose

And I'd sing a song, that'd be just ours
But I sang 'em all to another heart
And I wanna cry I wanna learn to love
But all my tears have been used up
On another love

Con la speranza che il nostro prossimo amore sia questo e non, appunto, quell’ altro lì.

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ANTONIO – LEVANTE

Magmamemoria ha colorato il mio scorso autunno di un rosso potentissimo, se ci piace associare il rosso a qualcosa di estremamente forte e passionale. Penare tocca a tutti, pure a Levante (la canzone è palesemente dedicata al suo ex Diodato) e da qui un disco viscerale e femmineo. Ci viene ricordato che, alla fine dei giochi, sono proprio le parole scelte per descrivere un sentimento a rivelarne il valore. La bellezza si può intravedere anche dopo, quando il dolore inizia a prendersi tutto:

Tu, il tempo è tutto un istante
Non è mai ora di lasciarsi
Solitudini violente, fingere che non fa niente
Tu, la mia preghiera costante
Lo sai che ce la faccio sempre
E corro il rischio di cadere e farmi male
E farmi male e farmi amare

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PERFECT PLACES – LORDE

Molto probabilmente Melodrama di Lorde contiene brani ben più drammatici, appunto, di Perfect Places, ma nel 2017 è uscito uno dei miei album della vita. Non parliamo di un album con cui entri in fissa per mesi e a una certa basta, parliamo dell’esigenza ciclica di ascoltarlo a distanza di anni. E di rifugiarsi in particolare in queste parole qua, che sono un po’ il mio posto perfetto, lo ammetto:

All of the things we're taking
'Cause we are young and we're ashamed
Send us to perfect places
All of our heroes fading
Now I can't stand to be alone

Let's go to perfect places
All the nights spent off our faces
Trying to find these perfect places
What the fuck are perfect places anyway? 

Nonostante l’energia della base e del testo, che grida incoraggiamento, libertà e pericolosissima gioventù selvaggia, l’effetto che questa canzone mi fa è sempre quello che farebbe un orsetto dato in mano a una bambina: mi ricordo che sono giovane, che ce l’ho sempre fatta e sempre ce la farò e poi PIANGO.

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PALAZZINA GIALLASCARDA

Un flusso di coscienza, un delirio molto onesto su una base pseudo allegra, fresca. La palazzina che cita Scarda è gialla ma diventa rossa, blu, bianca e di qualsiasi altro colore associabile a quella persona che, per un motivo o un altro, è sparita dalla nostra vita. Semplice e malinconica al punto giusto, perfetta per i primi tre giorni post chiusura, quando siamo tutti un po’ meno lucidi.

E forse adesso tu ti meriti questo
Io sveglio che ti penso al buio pesto
E guardo la tua palazzina gialla
Quando ci passo con il cuore a galla
Fra le domeniche e gli aperitivi
Le serie in streaming e le cose che scrivi
Sicuro stai vedendo qualcun altro
Ed io coglione che ti scrivo affranto
Perché da soli non riusciamo a starci
Il bello è sempre stato assomigliarci
Ti penserò sotto la luna piena
Ti penserò guardando un'altra schiena

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I KNOW THE END – PHOEBE BRIDGERS

No, non è casuale che sia messa alla fine. Questo piccolo capolavoro si piazza proprio sul finire di Punisher, uno dei tanti album-regalo post quarantena e il secondo album dell’artista. Se prima di giugno c’era il rischio che qualcuno non conoscesse Phoebe Bridgers (eccomi presente!) sono sicura che adesso questo rischio non si correrà più. I Know The End racchiude, parafrasando il titolo, una consapevolezza e una disillusione uniche.

Romanticize a quiet life
There’s no place like my room
But you had to go
I know, I know, I know
Like a wave that crashed and melted on the shore
Not even the burnouts are out here anymore
And you had to go
I know, I know, I know

Il dolore che ne scaturisce è tangibile, ma si impara non solo ad accettarlo, ma anche ad accoglierlo in maniera liberatoria (ancora una volta verso la FINE della canzone sono le melodie a esplodere e rendere tutto solennemente meraviglioso). La descrizione fin troppo intima e cruda dell’America contemporanea per tutto il disco si trasforma in un sentimento visionario, come se il personale e l’universale si unissero. Insomma, la povera Phoebe in una sola canzone se le addossa proprio tutte le ingiustizie. E noi con lei.

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