Ero al liceo e il giornalino della scuola era appena rinato, se hai appena scoperto che ti piace parecchio scrivere, il tuo professore di lettere è uno dei tuoi più grandi sostenitori, cosa vuoi fare se non proporti di buttare giù qualche riga per il prossimo numero? Già allora la musica era un chiodo fisso, perciò non potevo che buttarmici ancora più a capofitto e azzardare una recensione. Tra gli album usciti in quei mesi c'era Coming Of Age, con una manciata di riff basilari i Vaccines avevano già conquistato il mio cuore, nel vecchio ipod grigio Norgaard e If You Wanna era in rotazione costante, perciò non mi rimaneva che provare ad improvvisarmi Lester Bangs. Risultato: diversi compagni mi vennero a ringraziare per aver scoperto una nuovo gruppo da tenere assolutamente d'occhio. E come dimenticare uno dei miei primi concerti in un piccolo locale di provincia, tra le prime file, abbagliata dalla frenesia e dalla potenza di quattro ventenni, un po' scanzonati, che, a suon di pezzi brevi su cui il sing along parte dal minuto uno, stavano conquistando la scena indipendente britannica e il mondo intero.
In poche parole, i Vaccines sono parte integrante della mia tarda adolescenza, ho sempre ammirato la band per la loro schiettezza musicale, un'immediatezza da punk rock, ma ripulito e abbellito di coolness britannica, e per i loro testi in cui buttarsi a capofitto se hai tra i 16 e 18 anni. Non a caso il mio mantra è stato e rimarrà sempre «Well, you wanna do things differently /Go do them independently». Ma si cresce, si matura, si cambia (le tendenze di mercato con una velocità ancora più spaventosa) e soprattutto per una band che con il primo disco ha fatto faville e ha divorato critica musicale, classifiche, pubblico grazie anche a complimenti e cinque stelle su cinque (giustamente meritati), rimanere sulla cresta dell'onda non è facile. What Did You Expect From The Vaccines? rimane una piccola gemma della musica indipendente degli ultimi dieci anni, un album semplice, ridotto all'osso, breve ma intenso, capace di dare una carica ad altissimo voltaggio nell'arco di mezz'ora. Replicarsi senza risultare una copia di se stessi, con il rischio di essere alla lunga indigesti, è un'impresa molto difficile, con Coming Of Age non ci sono stati grossi problemi, abbiamo preso a pugni il muro su Bad Mood e abbiamo cantanto a squarciagola sulle note di No Hope, con English Graffiti qualcuno ha iniziato a storcere il naso, ma tuttora ascoltando Handsome o 20/20 non si riesce a stare fermi.
Ad un certo punto però gli inni generazionali finisco e le prime avvisaglie si sono percepite con Combat Sports, pubblicato nel 2018, I Can't Quit e Your Love Is My Favourite Band ci fanno sperare di tornare ai fasti del passato, il disco nel complesso risulta piacevole ma alla fine lascia un po' l'amaro in bocca mancando di quel vigore a cui i Vaccines ci avevano abituato. L'ultimo, quinto lavoro, Back In Love City, pubblicato lo scorso 10 settembre, fa seguito ai singoli appena accennati, non mancano i vortici di chitarra elettrica di Freddie Cowan e la voce con quei testi dolci-amari caratteristici di Justin Young, canzoni come Headphones Baby e Jump Off The Top rimangono nelle orecchie al primo ascolto, ma il sound vira verso il cheesy pop con punte di surf rock, in cui l'influenza degli Stati Uniti è fin troppo evidente, e perciò accanto ai classici elementi alla Vaccines troviamo cavalcate alla Spaghetti Western come in Wanderlust, clapping e ritmiche che sanno di profondo Sud, non solo per il titolo, come in El Paso e giri rapidissimi di chitarra che ricordano gli anni '50 e '60 come in Alone Star.
Ma che vuoi dirgli? Vi sarò sempre fedele e all'occasione di fare due chiacchiare con il frontman, Justin Young, non ho potuto resistere, perciò ci vediamo su Zoom il giorno prima dell'uscita di Back In Love City. Ora non mi resta che vederli live per la quinta volta.
Ciao Justin, come stai?
Sto bene grazie, tutto bene.
Dove sei in questo momento?
Sono a casa mia a Londra, tra poco andremo in tour.
Com’è la situazione lì? Ho visto che recentemente avete fatto un concerto, com’è stato tornare a suonare live?
Faremo un concerto stasera (10 settembre ndr), il che è molto emozionante. Non so, è difficile dire che direzione prenderanno le cose, però essere lì fuori, suonare di nuovo, è molto eccitante.
Immagino sia un po’ strano dopo tutti questi mesi.
Assolutamente!
Vi invidio molto perchè anche qui in Italia abbiamo ripreso a fare concerti ma dobbiamo stare seduti per tutto il tempo, è davvero strano vedere certi artisti in quel modo.
Sì, non c’è atmosfera.
Quest’anno è il decimo anniversario di What Did You Expect From The Vaccines?, il vostro disco di debutto, tu cosa ti aspettavi all’epoca?
Certamente molto meno, non mi aspettavo di essere ancora qui dopo 10 anni, speravo di portare un po’ di gioia a noi stessi ma anche ad altre persone per un paio di anni o qualche mese. Davvero non saprei, non sapevo che aspettarmi, quindi immagino sia abbastanza incredibile che siamo ancora qui.
E qual è il più bel ricordo che hai di quel perido?
Credo semplicemente il fatto di essere in grado di andare in giro e vedere il mondo per la prima volta, abbiamo visitato dei posti che mai avrei pensato sarei stato abbastanza fortunato di vedere, penso che questo sia stato davvero speciale.

Penso che dopo 10 anni molte cose siano cambiate, siete cresciuti, avete cambiato uno dei membri della band e tu hai anche dato vita ad un progetto parallelo (Halloweens ndr), cos’è rimasto di quei primi anni in questo nuovo disco?
Spero quell’energia, quell’entusiasmo, e quel sentimento frenetico. C’è sempre stata una sorta di euforia, degli elementi un po’ pop, un po’ tristi in tutto ciò che facciamo. Penso ci sia una certa urgenza in ciò che facciamo, non saprei, sento che le parole che ero solito usare per descriverci sono tuttora attuali, sicuramente c’è del pop nella nostra musica, ma anche una sorta di elemento punk-rock. Probabilmente questo è il tuo lavoro non il mio.
[rido] Il sound di Back In Love City è molto più americano e tu lo hai descritto come indie rock Morricone desert sound. Ho letto che hai preso ispirazione in uno scambio di abitazioni che hai vissuto in uno dei tuoi soggiorni ad LA. Tra l’altro avete inciso il disco ad El Paso e c’è una canzone, Heart Land, che parla degli Stati Uniti. Quali aspetti di questo paese trovi più affascinanti, ti ispirano di più?
Beh, ovviamente, l’America è un posto caraterizzato dagli estremi, ha un incredibile lato luminoso, ma ha anche delle incredibili ombre, c’è prosperità ma ci sono anche disperazione, depravazione, povertà e questo tipo di cose. Voglio dire ogni tanto penso che gli Stati Uniti vendano una propria versione di loro stessi, ma in un certo modo rifiutano di guardarsi allo specchio. Trovo questo molto affascinante. Ci sono tutte queste cose fantastiche sull’America, ma è anche un posto molto turbolento, ma un po’ come tutti noi no? O come tutti i posti.
Secondo me gli Stati Uniti sono molto molto diversi dall’Europa e dal Regno Unito, quando sei lì in tour o per i fatti tuoi quali sono le differenze che più ti colpiscono?
Penso che in realtà non si possano paragonare e che siano incompatibili. Ad essere sincero, sono due mondi completamente diversi. Non abbiamo molto in comune se non la lingua.
Tornando indietro a parlare del vostro album, Back In Love City è stato ispirato da una serie di città immaginarie, ma anche da posti reali come Las Vegas e Tokyo, qual è il tuo preferito?
Amo Tokyo, davvero, è un posto speciale.
È una città fuori di testa!
Sì!
Un altro elemento che penso sia abbastanza presente nelle vostre canzoni e nella vostra intera discografia è l’amore, il romanticismo, la vostra idea di romanticismo. Come lo descriveresti? Cos’è romantico per te?
Credo che sentirsi amati sia romantico.

Invece parlando di Headphones Baby hai detto «se vuoi vivere la vita come se fosse perennemente in technicolor allora devi sapere dove trovarla», tu dove la trovi?
Penso che debba venire da dentro, ad essere sincerto. Credo che tu debba trovarla all’interno di te stesso probabilmente prima di essere in grado di proiettarla sugli altri. Penso ci voglia molto lavoro.
Credo che con il passare degli anni il vostro sound sia cambiato molto e sembra che con questo nuovo disco vi stiate avvicinando più alla musica pop. Avete lavorato con Daniel Ledinsly, che ha prodotto diversi grossi artisti pop, come sono cambiate le vostre influenze negli anni?
Penso che abbiamo sempre abbracciato il pop, magari nel primo disco era più un pop classico, abbiamo sempre adorato le grandi melodie, le lyrics dirette e questo genere di cose. Negli ultimi 10 anni abbiamo continuato ad ascoltare sempre più musica ed ad essere ispirati da essa, non vogliamo essere una band che si rifà al passato, noi alle volte ci vediamo molto come una rock band, ma penso che con questo disco abbiamo provato a capire cosa significasse essere una rock band nel 2021, capisci?
E se dovessi menzionare degli artisti che vi ispirano chi citeresti?
Amiamo i Phoenix, credo siano una grande band, per me sono un ottimo esempio di cosa signfica essere una band rock con un sound moderno.

Prima dell’uscita di questo nuovo album avete pubblicato un EP di cover. Qual è il tuo must ad una serata karaoke?
Oh questa è una bella domanda! Direi Common People dei Pulp.
E qual è la serata karaoke più memorabile che hai avuto?
Ho fatto una fantastica serata karaoke in una bettola di Mosca, è stato abbastanza da matti. E anche in Korea, a Seoul, siamo stati in un posto per karaoke pazzesco.
Ultima domanda, in un’intervista che hai fatto di recente hai detto che far parte dei Vaccines è fottutamente divertente. Qual è la cosa più divertente che avete vissuto insieme?
Bella domanda… Onestamente ogni giorno è un’avventura. Non saprei, voglio dire puoi prendere quella serata karaoke nel bar di Seoul. È come se non riuscissi mai davvero a credere che la mia vita abbia preso una certa piega, che sei qui con i tuoi migliori amici, cantando al karaoke in giro per il mondo. Non saprei, è una cosa speciale.