La notizia è di quelle bomba, ed è lo stesso Miles Kane a darmi lo scoop durante la nostra intervista in un hotel milanese: lui e Calcutta hanno già registrato un paio di brani insieme e c’è in progetto una band formata da loro due e Angelica. Insomma, il sogno di ogni indie kid italiano sta per avverarsi. Ma le novità non sono finite qui, fra aggiornamenti sullo status del nuovo atteso album dei Last Shadow Puppets e il racconto della sua giornata speciale con Roberto Baggio (con tanto di occhioni lucidi mentre ne parla). Miles è un fiume in piena, un One Man Band, per citare il titolo del suo ultimo album, che segna un ritorno alle origini per l'artista inglese.
L’ultima volta che ti ho intervistato era nel bel mezzo della pandemia. Mi avevi raccontato che il titolo del tuo precedente album Change The Show ti era venuto in mente mentre guardavi la tv e stavano trasmettendo un confronto fra Biden e Trump. Passano gli anni, ma mi sembra che non sia cambiato poi così tanto…
(Ride, ndr) Sì, hai proprio ragione! Siamo punto e a capo!
Il tuo ultimo album invece è un ritorno alle origini: solo tu e la tua chitarra, esattamente come quando da ragazzino suonavi nella tua cameretta. Cosa ti ha spinto a voltarti indietro?
Non lo so, suppongo sia una di quelle cose spontanee che capitano prima di mettersi a fare un nuovo album. Volevo tornare a fare canzoni più pesanti, e un giorno ho scritto la canzone One Man Band e l’ho mandata a mio cugino James (Skelly, frontman dei Coral, ndr), che poi ha prodotto tutto il disco. Abbiamo subito capito che quel pezzo aveva qualcosa di speciale. Quel brano aveva catturato esattamente l’identità che avrebbe avuto il disco, capisci? E quindi una volta pronta la prima canzone, le altre sono arrivate a cascata. Ogni album che scrivo è sempre molto personale, ma questo lo è ancora di più.
Spesso gli artisti con una lunga carriera alle spalle nel momento in cui vogliono fare un disco che suoni come il loro primo falliscono, o comunque si sente che si tratta di pallide imitazioni, anche perché è una cosa difficile da fare. In questo caso non è così.
Mi piace quel che hai detto: “è difficile da fare”. È verissimo, soprattutto dopo che hai fatto un po’ di album è difficile avere lo stesso tipo di energia del primo disco. Però penso di esserci riuscito con One Man Band, sia in termini di energia che di qualità. Ho messo l’asticella molto in alto e ora intendo mantenerla lì.
Mi stavo chiedendo: quando hai registrato i primi provini per l’album, ti sei messo a suonare alla chitarra le canzoni che suonavi quando hai iniziato?
Sì, mi sono messo a suonare qualche pezzo vecchio anni '60, beat, garage, surf guitar, brani chitarre e voce, con testi molto personali, che sono da sempre il mio pezzo forte. Voglio continuare a farlo e migliorare ancora per il prossimo album.
Hai un rapporto speciale con l’Italia: hai molti amici qui, nonché il tuo più grande idolo: Roberto Baggio. Com’è stato incontrarlo di persona?
È stato il giorno più bello della mia vita! (gli si illuminano gli occhi, ndr) È stato fantastico, mi ha accolto in casa sua con sua moglie e sua figlia, ci siamo seduti e abbiamo bevuto del vino insieme per un paio d’ore. È stato un incontro davvero potente a livello spirituale, se capisci che intendo. Lui è stato davvero carino con me e quel pomeriggio mi ha davvero fatto qualcosa: una cosa del genere probabilmente non mi capiterà mai più nella mia vita e mi sento molto fortunato e grato per questo. Mi ricordo molto bene di quando ero un ragazzino di 10 anni ed ero un suo grande fan, poi 20 anni dopo scrivi una canzone su quello e succede che lui la ascolta e ti invita a casa sua. È una storia incredibile che include la mia infanzia, l’essere un songwriter e incontrare il tuo eroe. È la prova che se ci credi davvero le cose si realizzano alla fine, anche se certo non succede poi spesso. Mi lascia tuttora a bocca aperta se ci penso.
Anche perché lui è un personaggio molto schivo, che ha sempre vissuto lontano dai riflettori.
Esatto! E questo rende quanto successo ancora più straordinario. Nessuno si sarebbe mai aspettato che potesse accadere una cosa del genere!
Prossima voce nella tua lista delle cose da fare: avere Baggio a vedere un tuo show.
Sì, assolutamente, mi piacerebbe tantissimo. Spero che un giorno succeda davvero.
Passando al calcio inglese, so che adesso tifi Liverpool, ma una volta tifavi Manchester United.
Mio zio, pace all’anima sua, mi portava a vedere le partite e io da piccolo stravedevo per Eric Cantona e per tutti quei giocatori che avevano uno stile proprio come appunto Cantona, Maradona, Baggio… C’è qualcosa di diverso in ognuno di loro rispetto a tutti gli altri, il loro stile, il loro essere totalmente fuori dall’ordinario. Sono sempre stato attratto da personaggi di questo tipo e gravito sempre a tutto ciò che sia diverso dalla norma, non so se mi spiego.
Oggi ci sono ancora giocatori del genere secondo te?
Ci devo pensare su… A essere sincero sono un po’ fuori dal calcio ora (ride, ndr). Adesso seguo tanto la boxe, è quello il mio sport preferito. Mi piace sempre il calcio, ma non sono più sfegatato ecco.
L’ultima volta che abbiamo parlato, mi dicevi che un tuo sogno nel cassetto era quello di fare una colonna sonora per un film. A che punto siamo?
Beh… non è ancora successo come vedi (ride, ndr). Anche se nel mio side project Miles Kane And The Evils ci sono pezzi strumentali alla Link Wray, Dick Dale, sai quel tipo di musica alla colonna sonora di Pulp Fiction, surf music. Quello è progetto sul quale mi concentrerò molto presto ed è molto eccitante.
Nel recensire il tuo ultimo disco, il nostro editor Enrico Baroni ha scritto che The Best is Yet To Come sarebbe il tema perfetto per il villain di un film di Guy Ritchie. Ti ci ritrovi?
Mi piace! Sarebbe un sogno che diventa realtà. Adoroooo Guy Ritchie! Hai visto la sua ultima serie su Netflix, The Gentlemen? È stupenda, per quanto mi riguarda lui può avere tutte le mie canzoni che vuole.
Hai anche molti amici in Italia: l’anno scorso di sei esibito al Mi Ami con Angelica.
Bel festival quello! Mi piacerebbe tornarci a suonare la prossima volta, c’era veramente una bella atmosfera, belle band in lineup.
Su Instagram non nascondi le tue fisse per il nostro paese: spesso condividi canzoni di Celentano, foto della tua moka Bialetti e così via.
(Ride, ndr) Sì! Tutto reale, tutte cose che mi piacciono tantissimo, non faccio finta!
Immaginavo! Anzi penso che qua in molti siano stupiti che tu ancora non ti sia ancora deciso a trasferirti in Italia.
(Ride, ndr) Vero? Mi sa che quella potrebbe seriamente essere la prossima fase della mia vita. Chissà forse è arrivata l’ora per Miles di trasferirsi a Milano!
Non saresti il primo: il tuo amico e collega Nic Cester ormai sono anni che fa la spola fra Milano e Melbourne. A proposito, a che punto siete con i Jaded Hearts Club?
Abbiamo già scritto un paio di canzoni, ma sicuramente ne vogliamo scrivere anche delle altre. Per adesso è ancora tutto abbastanza nell’aria…
A proposito di cose che stanno nell’aria, mi tocca farti la domanda che ti fanno tutti.
Non ti preoccupare, spara! Riguarda i The Last Shadow Puppets?
Bingo.
Anche lì le cose stanno nell’aria! Sta tutto dentro alla lampada magica, in attesa che qualcuno la sfreghi per far uscire il genio (ride, ndr).
Quindi non riuscirete a rispettare l’intervallo degli 8 anni per un nuovo album.
Sarebbe stato bello riuscirci e continuare la tradizione degli 8 anni, ma purtroppo no, non c’è il tempo materiale.
Ma avete già delle idee, ne avete parlato?
Sai io e Al (Alex Turner, ndr) ne parliamo ogni tanto, ricordiamo quanto fatto insieme e ci diciamo che dobbiamo fare un nuovo album, ma dobbiamo iniziare a scrivere le canzoni prima (ride, ndr).
Non si può negare l’impatto che i Last Shadow Puppets abbiano avuto sulle vostre rispettive carriere. Influenze che si sentono anche nei tuoi lavori o negli ultimi 2 album degli Arctic, ad esempio.
Sai probabilmente è una cosa che è dentro a ciascuno di noi due e quello poi si riflette nelle cose che facciamo entrambi per i nostri progetti, che siano gli Arctic Monkeys per lui o la carriera solista per me. Ci sarà sempre quella componente, è parte di noi. Ci saranno sempre un po’ di influenze Puppets nei suoi dischi, come ci saranno nei miei, a meno che non ci mettiamo a scrivere un album dance o techno. Ma i Puppets sono quello che siamo davvero. E penso che sia una cosa speciale.
Poco fa abbiamo citato Angelica. Già che ci sono volevo chiederti anche di un altro artista italiano…
Calcutta! Lo amo.
Quand’è che farete insieme qualcosa?
Abbiamo scritto un paio di canzoni insieme. E anche quella è un’altra cosa che sta… lì nell’aria (ride, ndr). C’era l’idea di fare una piccola band con lui, Angelica e me. Vedremo.
Tu canterai in inglese e lui in italiano?
Abbiamo fatto solo un paio di canzoni per il momento, ed è stato un po’ l’uno e un po’ l’altro: lui canta in italiano e io in inglese, una sorta di botta e risposta: è un esperimento ma tutti e due non vediamo l’ora di finirlo. Abbiamo fatto delle demo qui a Milano.
Per questo disco hai voluto togliere tutti gli archi e renderlo minimale e semplice. In Heal ho sentito dei rimandi a Michael Kiwanuka.
Ah wow, interessante!
Lo stavi ascoltando in quel periodo?
Probabilmente non nello specifico, ma sono un suo fan. Il suo ultimo album mi è piaciuto tantissimo e quindi lo prendo come un complimento.
Storicamente c’è sempre stata una grande connessione fra il rock ’n’ roll e la moda. Tu stesso hai un rapporto stretto con il mondo del fashion e collabori da tempo con Fred Perry. Ci sono altre collaborazioni all’orizzonte?
In questo momento no, ma ci sono sempre un paio di opzioni. Alla fine faccio tutto da solo, non ho uno stylist, ma sono sempre aperto a cose di quel genere. Il modo in cui mi vesto voglio che esprima sempre il mio mood, che sia con del make-up o in giacca e cravatta o con una giacca glam glitterata.
Ultima domanda: come vedi la nuova scena inglese? C’è davvero mancanza di nuove band figlie della working class?
No, penso che siano sempre là fuori. Certo, la Brexit ha reso le cose più difficili, specialmente per quanto riguarda i tour in Europa. Adesso è tutto molto più caro e quindi più complicato suonare per band emergenti in posti come la Francia, la Spagna e l’Italia.
Hai qualche nome che vorresti consigliare ai nostri lettori?
Ce ne sono molti… C’è questo ragazzo con cui ho registrato che si chiama Tom A. Smith, è un ragazzo della working class di Sunderland, ed è molto bravo.