Che Ethan P. Flynn fosse un nome da tenere d'occhio lo si era capito già da qualche anno. D'altronde se riesci a collaborare con David Byrne mentre sei ancora uno studente, e poi con Florence + The Machine e FKA Twigs vorrà pure dire qualcosa. Adesso che finalmente è uscito anche il suo nuovo album Abandon All Hope, abbiamo avuto la conferma che effettivamente si meritava tutte le attenzioni del caso. L'ho incontrato qualche ora prima del suo concerto all'Arci Bellezza di Milano. Ecco cosa mi ha raccontato.
Stai vivendo l’uscita di Abandon All Hope un po’ come se fosse il tuo disco d’esordio?
Sì, dopotutto B-sides & Rarities: Volume 1 era uscito come una sorta di compilation, e infatti il titolo non era casuale. Abandon All Hope invece è un qualcosa a cui ho lavorato duramente per poter finalmente dire: questo è il mio album.
Un giorno uscirà anche un B-sides & Rarities: Volume 2?
Chissà, magari molti altri! (ride, ndr)
Il titolo di questo tuo nuovo disco (e delle titletrack) è una chiara citazione alla Divina Commedia di Dante.
Si è da lì che è nata la canzone, anche se poi la storia è cambiata. A volte mi capita di scrivere canzoni e penso a dei racconti elaborati: parto da lì e poi magari la canzone finisce per non raccontare la storia a cui stavo pensando originariamente.
Nell’outro di Leaving The Boys Behind ho sentito una grossa influenza di Beck del periodo di Morning Phase.
Per me questo è un proprio un bel complimento, grazie. Sono fan di Beck, specialmente dei suoi primi album.
L’ultimo singolo ad aver anticipato l’uscita del disco è stato Crude Oil. Non capita tutti i giorni di vedere singoli di 16 minuti…
Questo disco esiste solamente sotto forma di un album lungo 45 minuti. Ed è divertente che tutti i singoli siano stati estratti in ordine alfabetico (Abandon All Hope, Bad Weather, Clutching Your Pearls, Crude Oil, ndr). Ci tenevo molto che Crude Oil fosse messa in risalto, perché è la mia canzone preferita del disco. Mi sono sempre piaciute le canzoni molto lunghe e ho sempre voluto scrivere una. Però alla fine è stato tutto molto naturale. È come se avessi scritto la prima sezione e poi quelle successive: ho cercato di far sì che fossero davvero fluide fra loro. Penso che la musica possa accelerare e rallentare il tempo: molte persone quando l’hanno ascoltata tutta mi hanno detto che sembrava che fosse lunga circa 9 o 10 minuti, mentre in realtà è lunga 16 minuti. So che non finirà mai in radio, ma mi piace l’idea che sia uscita come singolo.
Quando hai deciso che sarebbe stato un singolo, la tua etichetta ne era felice?
Non gli ho dato molta scelta, e di conseguenza non mi hanno mai detto “no, non possiamo farlo uscire come singolo”. E poi mica ho fatto quest’album con l’obbiettivo che fosse suonato nelle radio di tutto il mondo. Avrei potuto farlo se avessi voluto. Ma per me questo disco è sintomo di una profonda espressione. E penso che in Crude Oil questa espressione sia molto chiara.
Non ti interessano i numeri degli streaming e tutto il resto?
Sapevo da sempre che avrei fatto un album come questo. Volevo che la gente ascoltasse esattamente quello che volevo che fosse, non ne avrei fatto uno diverso solo per rendere più veloce l’ascolto alle persone. In tutti gli album che amo, non ho mai l’impressione che l’artista si sia preoccupato di cosa pensassero le persone a riguardo. Lo fa e basta, perché gli piace. Non c’è una ragione specifica. Vale lo stesso per me, da quando sono un ragazzino. Non mi sono mai seduto a tavolino e deciso di fare il musicista, è successo e basta. Così come non mi siederò per decidere in anticipo di fare un album commerciale. Io mi limito a fare la mia musica e basta.
Il fatto che tu l’abbia registrato in soli 12 giorni è abbastanza impressionante.
Sì, le sessioni in studio sono durate 12 giorni. Sono stati giorni lunghi. Ho fatto un sacco di lavoro di post-produzione e poi abbiamo mixato, ma sì, le registrazioni sono durate solo 12 giorni.
Ci sono anche canzoni che hai scritto molto tempo fa?
C’è del materiale molto vecchio, è un processo continuo. Dio, se ci penso ho iniziato a fare musica da quando ho 10 anni. Nell’album ci sono alcune canzoni scritte già 5 anni fa. È da tutta la vita che cervavo di fare un album come questo.
Il titolo può anche essere visto come parecchio pessimista e riflette il periodo che il mondo ha dovuto e sta affrontando: il Covid, le guerre, il surriscaldamento globale e tanto altro.
Mi piace il titolo, suona oggettivamente pessimista, ma in realtà quello che cerco di esprimere alla fine del disco è che avere speranza in alcune circostanze non è necessariamente la risposta alle tue preghiere. A volte lasciare andare alcune cose porta a un'esistenza più soddisfacente, ed è questo il punto in cui arrivo alla fine dell'album. È come se, a volte, la speranza non fosse necessariamente ciò che si pensa. La speranza può essere davvero dannosa quando le cose che speri succedano non accadono. Se non si spera e si va avanti, si può vivere una vita appagante. Ma è anche una cosa mentale, come dice la scritta sulle porte dell'Inferno di Dante, quindi è molto interessante.
L’ultima traccia del disco, Demolition, è una canzone cruda, che riflette il modo in cui il mondo feticizzi la sofferenza dell’artista, specialmente dopo che è morto, come nei casi di Nick Drake, Jeff Buckley e tanti altri.
Sì, è una riflessione su come le persone vedono la storia di qualcuno quando questa persona ormai non c’è più, rispetto a quando era viva. Prendiamo ad esempio Nick Drake, un uomo che ora viene principalmente associato alla sua musica. Tuttavia, mentre era in vita, sembrava che la gente non si interessasse molto a lui. È come se dovesse morire per guadagnarsi l'attenzione delle persone. Eppure le canzoni sono sempre quelle, che fosse vivo o morto.
Com’è stato lavorare con David Byrne?
Ho lavorato con lui mentre ero ancora alla Guildhal (scuola di musica londinese, ndr). Ed è stato uno dei motivi che mi ha fatto capire che me ne volevo andare da lì. Ho realizzato che non mi serviva una qualifica ufficiale per fare ciò che volevo. Quando ho ottenuto il lavoro per Byrne ero quasi dispiaciuto per il mio tutor, per il fatto che non avesse ricevuto lui quella proposta.
So che però alla fine non sei neanche stato menzionato dei crediti del disco.
Chiaramente è una cosa che mi ha infastidito, ma mi ha anche aperto gli occhi su come funzioni le cose nel music business.
Però è stato ciò che di fatto ha dato il via alla tua carriera. Dopo è arrivata anche una collaborazione con Florence + The Machine.
Ho lavorato tanto con Florence. È stato veramente bello, anche se poi non se n’è fatto nulla. Penso che le piacesse quello che avevamo fatto insieme, ma alla fine ha scelto un’altra direzione, dato che l’album che ha pubblicato era molto diverso dal tipo di cose su cui avevamo lavorato.
E ovviamente c’è una collaborazione che va avanti da anni con FKA Twigs.
La conosco da sei anni, c’è un bel rapporto professionale e una bella amicizia. L’ho visto giusto settimana scorsa, è da un po’ di tempo che sta lavorando a un nuovo album.
Sei cresciuto vicino a una base militare.
Sono cresciuto nel North Yorkshire, che è un posto davvero molto rurale. Un sacco di colline, boschi e tutto il resto. Ma poi c'era anche questa base militare, dove c'erano pattuglie armate, radar ed era uno spazio di sorveglianza. Io avevo solo sette anni quando ci siamo trasferiti lì. Quindi, fin da piccolo sono cresciuto vedendo questi studenti/cadetti con le pistole e tutto il resto. In qualche modo ti rimane nella psiche.
C’è stato un momento specifico da piccolo che ti ha fatto capire di voler diventare musicista?
Non lo so. Voglio dire, School of Rock e Guitar Hero 3 hanno avuto un forte impatto su di me da piccolo. Poi mi sono appassionato degli Iron Maiden. A 6 anni avevo preso lezioni di chitarra classica, ma è solo stato tempo dopo, quando ho iniziato a suonare la chitarra elettrica che ho iniziato a capire cosa volevo fare un giorno.
Qual è il tuo prossimo sogno che speri di realizzare?
Mi piacerebbe produrre di più e crearmi uno studio grande come si deve. Sarebbe bello produrre davvero un album, sai, sedersi e farlo. Ma alla fine il mio sogno è questo: vivere facendo quello che sto facendo. Fare un altro disco... godermelo. Voglio continuare a fare tutto questo.
Lasciare la scuola e buttarti in questo mondo non sarà stato semplice all’inizio. Ho letto che i primi tempi vivevi da solo in un monolocale e scrivevi canzoni tutto il giorno, senza avere molti amici su cui contare.
In alcuni momenti è stata dura, sì. Quando mi sono trasferito a Londra non conoscevo nessuno. Facevo musica tutto il giorno, ma era anche un test. Nessuno che conoscevo era nella mia situazione. Ho firmato un contratto discografico e nessuno dei miei amici aveva ancora vissuto questa esperienza, è stato piuttosto alienante.
Tutto questo avrà influenzato la tua musica.
Probabilmente in parte sì. La paranoia provata in alcune situazioni: cerco di scrivere anche di queste sensazioni.
Stai ascoltando qualche band particolare in questo periodo?
Ascolto sempre i Jockstrap. Andavo a scuola con loro. Sono miei amici, e non potrei essere più felice del loro successo.