Ragazze, comprate uno strumento, strimpellate, suonate, divertitevi, fatevi due risate ma fatelo. Questo è il caso di The Big Moon, gruppo londinese formato da: Juliette, Soph, Celia e Fern. Quattro ragazze semplici con una passione smisurata per la musica. Alzi la mano chi non si riconosce in questa descrizione? Io sarei la prima. E quante di voi hanno deciso di imbracciare uno strumento e iniziare a suonare? Scommetto che a questa domanda le mani alzate si sono già dimezzate. Infatti il mondo musicale è sempre stato quasi esclusivamente maschile, sarà che si crede che ci vogliano palle per lavorare in quel settore, sarà che le ragazze sono state affiancate più alla figura della groupie che a quella del musicista sotto i riflettori, fatto sta che se si pensa a band interamente al femminile si fa abbastanza fatica a raggiungere una lista di 10 gruppi: Haim, Hinds, Honeyblood… e qui ci si ferma. Vengono in mente centinaia di cantanti, look, gossip, magari si pensa anche band come Wolf Alice o Daughter con un componente femminile, ma è difficile pensare a un gruppo formato interamente da donne, dalla voce alla batteria. The Big Moon sono l’eccezione che conferma la regola, anche se a loro non piace parlare di band interamente al femminile. La musica dovrebbe essere pur sempre musica.
Dopo una serie di singoli dal sound terribilmente catchy, come Nothing without you e Eureka Moment, grazie alla quale non sono passate inosservate agli occhi di NME e DIY e attraverso cui le ho scoperte, il 7 aprile è uscito Love in the 4th Dimension, il loro debut di cui avevo un disperato bisogno. Ne avevo bisogno perché sono una ragazza, perché loro sono ragazze e perché il loro album parla d’amore, un amore visto dal punto di vista femminile, fatto di cotte, di amori che alle volte tramutano in amicizie ("I never thought that you would become my greatest friend", e che male c’è?), di notti passate insieme, di dubbi e perplessità su noi stesse e su chi sta d’altra parte del letto ("Finally you're here with me, And will you stay the night? I'd like to let you stay the day but my schedule's very tight"). Per sintetizzare quest’album basta utilizzare ciò che Juliette ha detto di Cupid: “quando davvero vuoi qualcosa o qualcuno e fai di tutto per averlo: ti dai delle arie, ti prepari, fai delle fantasie sul vostro delizioso futuro insieme, convincendoti che sei pronta e con coraggio ti butti a capofitto in questa nuova situazione, per poi scoprire che nonostante i tuoi attenti piani , i nervi hanno la meglio su di te”. Le care vecchie odiose farfalle nello stomaco, ci capiamo cara mia. Le ragazze hanno speso dodici giorni in studio quest’estate insieme alla produttrice Catherine Marks, sperimentando, improvvisando e tagliando i pezzi finché tutti i suoni che volevano sono usciti in una sola volta e il risultato è un indie pulito, semplice, composto da accordi basic, niente distorsioni o sintetizzatori, che dà vita a sonorità a tratti vicine ad un dolce punk , a tratti vicine ai Libertines e ai primi Palma Violets. Per la band è stato come “avere undici bambini piccoli tutti in una volta sola, ognuno con la propria faccia, voce e personalità", e tra questi rimangono particolarmente impresse canzoni come Sucker, Cupid, Bonfire e The Road che hanno già risuonato tra le tende del SXSW e di Glastonbury e hanno fatto breccia nel mio cuore al tempo record di un ascolto. Il loro indie così semplice e piacevole, mai troppo banale e trito, e la loro girl power mi hanno talmente incuriosito che ho deciso di parlare con Fern e Julliette riguardo al debut e per farmi dare qualche consiglio sul come si mette insieme una band tutta in rosa.
Ciao ragazze! Sono molto felice di essere qui ad intervistarvi per NoisyRoad. La prossima estate pubblicherete il vostro primo album. Cosa dobbiamo aspettarci da questo lavoro e da voi?
J: Sì, uscirà il 7 aprile, siamo molto emozionate. Siamo molto orgogliose di quello che abbiamo fatto e non vediamo l’ora di mostrarlo al mondo!
Sembra che l’amore giochi un ruolo importante nei vostri testi. C’è anche una canzone che si chiama “Cupid” nel vostro LP di debutto. Potete dirmi qualcosa di più? Cos’è l’amore per voi? Quanto è importante?
J: L’amore è tutto! L’amore è il numero uno, senza amore tutto sembra abbastanza senza senso.
Dai vostri singoli mi sembra che la vostra musica ricordi i primi Strokes e i Libertines. Amo questo genere di musica indie, mi fa venire voglia di saltare e ballare per ore! Quali sono le vostre maggiori influenze?
F: Tutte noi abbiamo un gusto musicale che propende verso l’elettronica, ma credo che ci siano un paio di band/artisti che piacciono a tutte, come i Pixies, i White Stripes e molti artisti pop degli anni ’90.
J: Io ascolto anche molta musica un po’ più datata, come Elvis, i The Kinks e Iggy Pop. Spesso, mentre sto scrivendo una canzone, cerco di immaginarmi le mosse di danza che farei, è un modo per capire come voglio che suoni la musica e se ho trovato il ritmo giusto.
Come si è formata la vostra band, The Big Moon?
F: Tutto è cominciato nel luglio del 2014, quando ho conosciuto Jules. Avevo sentito da un amico di amici che stava cercando qualcuno con cui formare una band, in quel periodo non stavo facendo niente quindi ci siamo trovate, abbiamo suonato qualcosa e ci siamo subito trovate bene. Poi abbiamo speso i 5 mesi successivi cercando il resto della band!
J: La mia vita era arrivata ad un vicolo cieco, lavoravo come cameriera, ero abbastanza infelice. Ho deciso che l’unica via d’uscita sarebbe stata provare a creare una band, e mi è andata fottutamente bene. Queste ragazze sono le mie migliori amiche e non riesco ad immaginare niente di meglio che viaggiare per il mondo insieme a loro e suonare un sacco di rumore assordante.
Siete già state in tour con The Maccabees e con The Vaccines e avete fatto un tour tutto vostro in UK e negli USA. Come vi sentite? Ci sono delle differenza tra i concerti del passato e quelli di adesso? Come stanno cambiando?
F: Credo che ora ci sentiamo molto più a nostro agio sul palco. Sento che abbiamo suonato alcune di queste canzoni abbastanza a lungo per riuscire ad essere rilassate e goderci di più la performance.
J: Adesso amo suonare dal vivo, amo togliermi la chitarra e saltare per il palco. Mi sento molto più sicura di me ora rispetto a due anni fa.
Voi, una band formata esclusivamente da donne, siete un’eccezione nell’industria musicale. Secondo voi, perché? Trovate particolari difficoltà?
F: Credo che ci siano diverse ragioni, una di queste è una sorta di sotto-rappresentazione. Tempo fa, il rock and roll era un mondo composto solo da uomini, ma, lentamente, stiamo vedendo sempre più donne rompere gli schemi. Può darsi che sia difficile, parlando dalla prospettiva di una giovane ragazza, sperare di un giorno essere un qualcosa che non si vede spesso in giro, quindi è meno probabile che a una ragazza venga voglia di prendere in mano uno strumento. Non ne sono sicura, però. So solo che io personalmente sono stata ispirata da moltissimi batteristi uomini, ma allo stesso tempo ricordo la prima volta che ho visto suonare Stella Mozgawa (la batterista dei Warpaint) e l’ho trovata sconvolgente. Ha un talento così grande che mi ha influenzata tantissimo nel modo di suonare.
J: Da quel che so, non abbiamo mai avuto delle vere difficoltà, ma so che per alcune persone può essere un problema. Penso che essere una grande band è la cosa migliore che possiamo fare, ed è tutto ciò che ci interessa, non abbiamo bisogno di rendere il nostro sesso parte della nostra identità musicale.
Ho sempre pensato che avere una band formata solo da donne sarebbe molto dura, cioè, a causa della rivalità e dell’invidia. Com’è far parte di una band al femminile?
F: Credo che quest’idea sia il motivo per cui molte ragazze non vogliono iniziare a suonare. Non sono sicura da dove derivi, ma non potrebbe essere meno vero, almeno per quanto riguarda la mia esperienza personale. Al contrario, far parte di una “band al femminile” significa far parte di un contesto solidale, incoraggiante e affettuoso, sempre per mia esperienza personale. Inoltre penso che venga posta troppa enfasi sul termine “band al femminile”, sul serio, siamo sono una band, che, casualmente, è composta da donne. Non è una rappresentazione della nostra musica, della nostra personalità o di qualunque altra cosa che non sia il nostro sesso.
J: È una cazzata, le ragazze non sono piene di rivalità o invidia, è probabilmente solo ciò che viene trasmesso dalla TV e dai film ma le ragazze non sono tutte delle stronze.
Se una ragazza volesse avvicinarsi all’industria della musica e formare la propria band, cosa le suggerireste?
F: Prima di tutto, non vorrei che pensassero alla musica come a un’industria. Sì, lo è per un certo verso, ma pensare alla musica in questo modo fa scomparire la magia. Se una ragazza volesse formare una band, gli direi tre cose: 1) Impara a suonare uno strumento; 2) Trova delle belle persone con cui mettere su la band; 3) Suona.
J: Esatto, queste tre fasi sono perfette. Inoltre, non arrendetevi! Noi sono anni che suoniamo e c’è voluto molto tempo prima che qualcuno ci notasse: succederà così anche a voi.
Sfortunatamente questa è l’ultima domanda: Juliette, Soph, Celia e Fern quali sono le vostre canzoni o album preferiti?
F: L’album che in questo momento mi piace di più è Andy Shauf – The Party
J: Una delle mie canzoni preferite di sempre è Strangers dei The Kinks, in più mi ritrovo sempre a riascoltare l’album Low di David Bowie.
Per altri spunti al femminile, abbiamo creato una playlist: Indie Pink.
Si ringrazia Gaia Muser Bandiziol per la traduzione.