Folk ambient, psych, jazz e musica classica impressionistica sono alcuni dei generi musicali che la cantautrice giapponese Ichiko Aoba fonde per esprimere il proprio subconscio. Un'artista poliedrica, che con il suo ultimo album in studio Windswept Adan ha dato ulteriore prova del suo talento, fondendo giapponese e inglese, strumenti moderni a quelli tradizionali. L'abbiamo raggiunta per un'intervista durante il suo tour mondiale. Reduce dal live sold out di ieri sera all'Arci Bellezza di Milano, Ichiko farà tappa stasera al Locomotiv di Bologna per la sua ultima data italiana. Vi consigliamo di non lasciarvela sfuggire.

I tuoi brani hanno un'atmosfera molto distintiva. In che modo riesci a mantenere questo mood in tutti i tuoi album?
Ad esser sincera, non conosco me stessa per davvero, ma cerco sempre di provare a ricordare come mi sento quanto canto da sola. La maggior parte delle mie canzoni sono ispirate dai sogni che faccio. Ogni volta che mi sveglio, prendo nota dei miei sogni, e questo spesso getta le basi delle canzoni che scrivo. A volte i sogni sono estremamente vividi. I suoni invece vengono più dall'intuito; è difficile da spiegare, ma spesso quando vedo i colori o delle immagini le traduco in musica.
Hai sperimentato con differenti tempi e ritmi nel corso della tua carriera. Ci potresti dire di più riguardo il tuo interesse verso i tempi non convenzionali? Come li incorpori nelle tue canzoni?
I BPM liberi probabilmente sono dovuti alla mia interpretazione musicale dello scenario che vedo quotidianamente. Mi interessa che la musica sia organica, quindi è molto in sintonia con i bioritmi della natura. Noi esseri umani siamo intrinsecamente 'regolari' come le macchine.
Utilizzi spesso strumenti tradizionali giapponesi, come il koto e lo shamisen. Qual è il tuo rapporto con questi strumenti?
Sto imparando a suonare gli strumenti tradizionali giapponesi su una piccola isola di Okinawa. È come aprire una capsula del tempo, perché mi riporta alla mente il passato che è così radicato in quella parte del mondo. Mi interessano gli strumenti in generale, non solo quelli giapponesi. Mi piace il fatto che si possa viaggiare indietro nel tempo fino al periodo in cui un determinato strumento è stato inventato.
Le tue canzoni creano spesso un senso di spaziosità. Come cerchi di bilanciare l'equilibrio tra suono e silenzio e quale effetto speri che abbia sui tuoi ascoltatori?
Sono consapevole che la melodia e la voce sono un'estensione del respiro e del battito cardiaco. La musica è un'arte nobile, ma è qualcosa che viene dall'interno del corpo. Spero che gli ascoltatori possano sincronizzarla con il proprio respiro e battito cardiaco.
Il tuo ultimo album Windswept Adan è un disco intenso, risultato di molte novità per te.
Innanzitutto, era la prima volta che collaboravo con un compositore. E soprattutto, l'ambiente di produzione era completamente diverso dal passato: l'album è stato realizzato nel bel mezzo di una pandemia. La vita e la morte erano ugualmente vicine l'una all'altra. (Anzi, probabilmente c'erano più immagini di morte). All'inizio del 2020, a Okinawa, l'uva di mare (umebudou) e una pianta chiamata Adan mi hanno improvvisamente regalato una visione come una scena di un film. Non era l'immagine di una sola canzone, ma di una storia più ampia. Ho speso molto tempo ed energie per avvicinarmi a quell'immagine forte.
Che relazione c'è fra la copertina del disco e la musica stessa?
L'identità e il colore della serie di pezzi narrativi si è sviluppata gradualmente. Il quinto e il settimo pezzo, rispettivamente Mahoroboshiya e Windswept Adan, sono stati realizzati da fotografi che mi hanno aiutato a trasmettere le immagini in modo più chiaro. Kodai Kobayashi è responsabile della maggior parte degli artwork pubblicati dall'etichetta Hermine. Il lavoro fotografico è possibile solo grazie alla sua profonda conoscenza della musica.
La tua musica ha una componente mistica e ultraterrena. Qual è il tuo rapporto con il soprannaturale e come influenza la sua musica?
Credo che ci siano molte cose che perdiamo di vista quando viviamo in una società umana pensando di essere pienamente umani. Cerco di tenere a mente le mie reazioni animalesche e di mettere in discussione ciò che è considerato "normale".
Scrivi sia in giapponese che in inglese. Come cerchi di bilanciare e fondere le due lingue nel tuo songwriting?
Le canzoni sono fondamentalmente scritte in giapponese e successivamente tradotte in inglese. Alcune canzoni sono cantate con parole mie. Recentemente ho pubblicato un libro che per la prima volta traduce in inglese i testi di tutti i miei album.
È vero che le colonne sonore della Disney ti hanno formato come artista?
Sì, mi davano tanta energia perché rendevano i personaggi principali delle storie e i paesaggi che li circondavano più vividi e ricchi di emozioni. Mia madre lavorava per la Disney, quindi da bambina sono cresciuta ascoltando tutte quelle canzoni.
In questi anni hai collaborato con una vasta gamma di artisti. Qual è stata finora la collaborazione più impegnativa e/o gratificante?
Sicuramente il concerto che ho tenuto con il 12 Ensemble al Barbican / Milton Court di Londra. È stato davvero molto emozionante. La loro grande musicalità, l'intonazione, il tempismo e la comprensione della musica sono stati davvero preziosi. L'album live di quel concerto è stato da poco pubblicato.

Hai anche lavorato con Mac DeMarco e con il compianto maestro Ryuichi Sakamoto.
Ho avuto il privilegio di incontrare e lavorare con Sakamoto-san (che possa riposare in pace) sugli album di Rajio, e il suo spirito rimarrà con me finché vivrò. Adoro l'attitudine all'improvvisazione di Tyler Dupree e la bellezza delle sue armonie è impressionante. C'è ancora molto che vorrei imparare da lui. Per quanto riguarda Mac DeMarco, ho lavorato con lui per una pubblicità del whisky Suntory in Giappone. Mi piacerebbe incontrarlo di persona un giorno e cantare quella canzone.