19 luglio 2020

HÅN è l'artista poliedrica di cui avevamo bisogno: l'intervista

Scoprendo la musica di HÅN, ad un primo ascolto sembrerebbe di essercisi imbattuti in un’artista nordeuropea, sia per il tipo di sound proposto che per la particolarissima estetica. Invece Giulia, questo il suo nome, è italianissima: originaria di Desenzano del Garda, classe 1996, ha iniziato a suonare giovanissima, approfondendo anno dopo anno le possibilità creative a sua disposizione, fino a scrivere e pubblicare i suoi primi pezzi e proporli dal vivo, catturando fin da subito la curiosità del pubblico.

Nel tempo sono state numerose le esperienze significative per la sua carriera, dal Primavera Sound agli opening per i Cigarettes After Sex e Bonobo, platee ottime per proporre una musicalità dal gusto internazionale e raffinato, per una forma di cantautorato dalle sfumature elettroniche come pochi altri sanno fare nel nostro paese.

Tutto ciò è confluito nel suo nuovo EP Gradients, che spicca per una sorprendente attenzione timbrica, frutto della produzione a cura della stessa HÅN, che fra delicati synth, percussioni riverberate ed eteree chitarre, ha dato vita a dei paesaggi musicali suggestivi e soffusi, tanto riflessivi quanto ricchi di carica vitale.

Abbiamo fatto così quattro chiacchiere con lei per addentrarci nel processo realizzativo di questo ultimo lavoro ed esplorare le influenze che ne stanno alla base, in attesa dei concerti estivi di cui sarà protagonista. 

Iniziamo ripercorrendo il tuo percorso fin qui: come ti sei avvicinata al mondo musicale e quali ascolti ti hanno maggiormente segnata?

Ho iniziato da piccola a suonare il violino, per poi passare a cose più contemporanee e al canto. Ho inoltre, nel tempo, iniziato a diversificare i miei ascolti, partendo dai Radiohead su suggerimento di un mio vecchio insegnate e scoprendo sempre più musica, anche lontanissima da ciò che faccio ora: dai Muse ai Linkin Park. Successivamente ho scoperto la musica elettronica, rimanendo affascinata dal suo lato più sperimentale e, in particolare, da artisti come Bonobo e Dream Koala. Dunque, ho avuto numerose influenze dalle persone che mi stavano attorno, e nello stesso periodo ho cominciato a scrivere le mie prime cose, assorbendo direttamente i riferimenti dei miei ascolti e inserendoli nelle composizioni che stavo realizzando. Un ulteriore passo in avanti è stato il mio interesse per il processo di sampling, mi piace infatti campionare suoni dell’ambiente o di video trovati sul web per poi rielaborarli ed inserirli nei pezzi.

Quanto crescere in un luogo di provincia ti ha influenzato nelle tue scelte artistiche? Hai dovuto incontrare particolari difficoltà nell’esporti all’interno di determinati ambienti?

La musica per me è stata una sorta di via di fuga dalla provincia. Come tutti i ragazzi della mia generazione sono cresciuta usando tantissimo internet, vedendo così cosa succede nel mondo anche se abiti in un paesino sperduto. Facendo musica ho avuto la possibilità di scoprire un mondo che il mio contesto non rendeva accessibile. Sono stata fortunata perché il mio approccio con questa realtà è avvenuto in maniera molto semplice e spontanea, mandando le demo all’etichetta con cui tutt’ora collaboro e da lì è partito tutto.

Il tuo nome d’arte ha, per l’appunto, qualcosa di molto nordico, lo hai scelto in coerenza con le sonorità dei tuoi brani?

Sì esatto! Proprio per il motivo a cui accennavo prima: la mia era una specie di fuga anche dai limiti geografici che mi circondavano. Quindi, pensando al mio immaginario sonoro e visivo è stato naturale scegliere un nome che richiamasse il Nord Europa, così lontano da me ma così presente nei pezzi che scrivevo.

Nel tuo EP il tema centrale è quello delle relazioni umane, sotto vari punti di vista. Quali sono state le esperienze di vita che ti hanno maggiormente ispirata durante la scrittura?

Quello che scrivo è quasi tutto autobiografico, ma in un modo che possa essere interpretabile da tutti, in cui il pubblico possa riconoscersi. Se leggi un mio testo puoi non capire immediatamente di cosa si sta parlando, cerco di dare più delle sensazioni e degli spunti emotivi, in una sorta di flusso di coscienza. Non decido mai a priori un tema di cui parlare, lascio che le parole fluiscano mettendo nero su bianco ciò che mi passa per la testa. Le relazioni sono l’elemento portante delle canzoni, che siano esse parentali o amorose, mi piace descrivere i meccanismi che intercorrono nell’approcciarsi ad altri esseri umani.

Il singolo Jenny parla di un pianeta immaginario in cui non esistono le etichette, o quantomeno non hanno grande rilevanza per quanto riguarda sessualità, gender e identità. Traslando questa riflessione al nostro pianeta, pensi e speri che anche nel nostro caso si stia progressivamente andando nella stessa direzione?

È un tema complesso. Dipende molto da che punto di vista si considera: per quanto riguarda la sessualità e l’identità di genere, in realtà, di etichette ne nascono sempre di più per cercare di definire qualunque identità a cui una persona senta di appartenere. Allo stesso tempo, però, ciò porta a dover sempre esplicitare e limitare se stessi. Considerando invece un’ottica più ampia penso che sia un po’ utopico pensare che in futuro non ci siano più etichette, anche banalmente musicali, perché le cose necessitano di una definizione per essere meglio comprese dalla mente umana. Sicuramente vorrei che fosse il contrario ma non so quanto ci si possa avvicinare nell’immediato futuro.

ionicons-v5-c

Curi personalmente la produzione, con un’accurata scelta dei suoni e dei timbri elettronici. Come lavori in tale fase? Qual è la tua strumentazione di partenza nella nascita di una canzone?

Possiedo una strumentazione molto ridotta, il che mi limita da un lato, dall’altro mi aiuta ad essere più efficace e diretta nelle fasi di lavorazione, non dovendomi perdere nella molteplicità delle possibilità. Amo moltissimo i suoni dei piani elettrici, ottenendoli dalle mie due tastiere, una Nord Lead e una Yamaha, capaci di simulare ottimamente strumenti come wurlitzer e rhodes. Come dicevo in precedenza, mi piace anche riprendere e campionare suoni bizzarri da YouTube, come i campanacci delle mucche al pascolo (ride, ndr) e processarli perché possano suonare come degli strumenti nei brani.

C’è grande attenzione anche nelle grafiche che accompagnano i singoli e nella copertina stessa dell’EP. Ce ne parleresti un po’? Con chi le hai realizzate e quali sono state le principali ispirazioni?

Le grafiche le ho sempre realizzate io, eccetto quella dell’EP curata da Alessandro Menegaz. Ci ho sempre tenuto molto all’aspetto visivo, perché penso che un progetto, soprattutto al giorno d’oggi, non possa essere completo senza un apparato grafico importante. I miei artwork sono sempre stati estremamente artigianali, sarebbe stato bello poter collaborare con molte più persone più brave di me e dedite a questo di mestiere, ma l’essenza indipendente del progetto ha fatto sì che dovessi auto-gestire anche tale aspetto. Ho lavorato senza avere particolari references a dire il vero, non conosco così approfonditamente il mondo degli artisti visivi, le maggiori ispirazioni sono provenute da altre copertine che ho molto apprezzato, come il lavoro fatto dal team di Rosalía per i pezzi del suo album, ciascuno accompagnato da un preciso loop visual raffigurante svariate personalità iconiche. 

Negli scorsi anni, dal punto di vista live, hai avuto occasioni non da poco: hai aperto infatti per musicisti del calibro di Cigarettes After Sex e Bonobo. Cosa ti è rimasto di quelle esperienze?

Sono state esperienze molto esaltanti, nonché grandi lezioni di vita. Quando ho aperto per loro ero proprio agli esordi, ed è impattante approcciarsi a delle realtà così grandi e strutturate, insegnandoti tantissime cose. Osservare da vicino artisti di questo tipo è illuminante, dal momento che sono molto navigati e sanno perfettamente come si tiene un palco, che strumentazione usare, come trascinare il pubblico e molto altro. In particolare ricordo con affetto l’apertura a Bonobo, avvenuta all’Arena Flegrea di Napoli, nettamente differente da quello che sarebbe stato il suo live: noi eravamo in due su un palco gigantesco che di lì a poco avrebbe ospitato ben otto musicisti e uno spettacolo di grande potenza. Questo contribuisce a metterti in una posizione di soggezione, che ogni tanto è decisamente necessaria per farti tenere i piedi a terra.

La tua cifra stilistica sono i testi cantati in inglese, hai mai pensato di approcciarti anche all’italiano in futuro?

Sì ci ho pensato e credo proprio che prima o poi potrei farlo. Al momento sto sperimentando alcune cose, ma non è ancora ora. L’inglese non è stata una scelta, avendo avuto molti ascolti internazionali è la lingua con cui mi è venuto fin da subito naturale esprimermi. Attualmente mi sono aperta di più all’italiano anche come ascolti, quindi lo reputo validissimo per miei lavori futuri.

C’è qualche collega della scena italiana e internazionale a cui ti senti affine e con cui ti piacerebbe collaborare?

Fra gli italiani apprezzo senza dubbio Venerus, Cosmo e Ginevra, poiché li reputo delle proposte diverse e anomale rispetto ai classici generi a cui siamo abituati, quindi sarebbe molto bello poter lavorare con loro. A livello internazionale mi piace tutto il roster di Dirty Hit, l’etichetta dei The 1975, e sto ascoltando moltissimo l’ultimo album di Clairo, ha un immaginario decisamente affine al mio. 

Per salutarci, puoi darci qualche anticipazione sui tuoi progetti futuri? Cosa avverrà nei prossimi mesi?

Durante questa estate avrò tre live: il Diluvio Festival a Brescia, Cuori Impavidi all’Idroscalo di Milano e Musica Tra Le Nuvole, il festival di Radar Concerti in provincia di Padova a cui, tra l’altro, parteciperà lo stesso Venerus e numerosi altri. Poi in autunno teoricamente dovrei partire per l’Inghilterra per frequentare un Master in Music Business ma non so ancora cosa ci riserverà il futuro, quindi attendo un po’ per capire (ride, ndr). Sarà una scelta difficile!

Filippo Duò x Futura 1993: il network creativo creato da Giorgia e Francesca che attraversa l’Italia per raccontarti la musica come nessun altro. Seguici su Instagram e Facebook!