24 ottobre 2023

Elogio alla dolcezza e alla psicoterapia: intervista a The Drums

Parte Let's Go Surfing ed è impossibile non pensare all'estate, ai festini e all'allegria di una sfilza di birrette fresche. Da quel celeberrimo inno indie presente in tutti gli iPod di noi ragazzini alternativi sono passati esattamente 13 anni e di strada i The Drums ne hanno fatta: hanno macinato chilometri a suon di tour mondiali, hanno cambiato formazione diverse volte, hanno pubblicato 6 dischi, tra cui l'ultimo, Jonny, uscito proprio venerdì scorso. La prima cosa che mi viene in mente ascoltando la loro discografia è la spensieratezza fatta di brani veloci e giri di chitarra semplici, ma incredibilmente catchy. Le fondamenta rimangono le stesse anche in questo nuovo lavoro. La maturità porta con sé una manciata di sintetizzatori che vengono messi qui e lì tra le melodie, ciò che cambia è il contenuto dei testi. Al primo ascolto temi come la solitudine, la lontananza e l'insicurezza balzano subito all'orecchio dell'ascoltatore più attento. Con questo album Jonny Pierce si mette a nudo davanti ai propri fan, senza filtri e con 16 brani estremamente personali e intimi racconta il suo passato e il suo presente. Ed è stato proprio lui a raccontarmi, in un flusso di conoscenza su Zoom, il lungo e lento processo che lo ha portato a questo punto.

Jonny Pierce from The Drums
Credits: Qiao Meng

È buffo, sai, ho scoperto i The Drums grazie a Gossip Girl, circa 15 anni fa. Se guardi indietro alla tua carriera, cosa è cambiato in tutti questi anni? Immagino molte cose...

(ride, ndr) Vediamo, cos'è cambiato? Beh, sicuramente molte cose: la band ha perso dei membri, ne ha guadagnati di nuovi, ora ci sono solo io, all'inizio eravamo in quattro e, sai, il suono dei The Drums ha subito dei piccoli cambiamenti con ogni album; ma credo che il cambiamento più grande sia il fatto che io mi sento molto diverso rispetto a molti anni fa, quando abbiamo iniziato. Penso di aver sofferto molto. Credo che tutti vedessero i The Drums come un gruppo allegro di 4 ragazzi che suonavano rock'n'roll in tour in giro per il mondo. Solamente alcune persone molto sensibili e attente potevano vedere che stavo male e mi sentivo perso. Ero allo stesso tempo grato ed emozionato, perché non avrei mai pensato che una cosa del genere sarebbe accaduta proprio a me, che avrei avuto una carriera di successo in una band. Sono cresciuto in un contesto molto povero e ho dato per scontato che sarei stato povero per tutta la vita e che non avrei mai fatto carriera, quindi ero grato ma, dato che non me lo aspettavo, non sapevo bene cosa fare quando ho iniziato ad avere successo.  Adesso grazie al duro lavoro, alla terapia (e all'assunzione di qualche funghetto) sto entrando in contatto con il mio cuore. Si cambia e si invecchia e si spera che questo porti un po' di saggezza.

Come hai affrontato la pandemia?

Quando il Covid è arrivato in America nel 2020 ho deciso di lasciare New York e mi sono trasferito nella mia piccola baita nell'upstate della città, a circa 5 ore a nord. Lì ho passato più di un anno da solo e per la prima volta nella mia vita il mio universo ha rallentato, quasi fino alla totale immobilità. All'inizio è stato molto spaventoso e difficile, ma è stato quasi come se avessi attraversato un tunnel e fossi uscito dopo un paio di mesi dall'altra parte. Alla fine ero davvero entusiasta della mia solitudine. Tutte le mie canzoni in passato erano tipo "non voglio stare da solo, non voglio stare da solo, mi sento solo". In quel momento sono stato davvero da solo, non avevo altre opzioni. Ero circondato da alberi e acqua, ho preso un cucciolo e l'ho cresciuto: in questo modo ho iniziato a vedere me stesso. Penso che sia stata la prima volta che ho iniziato a capire chi fossi e ho iniziato a vedere queste diverse parti di me che non conoscevo e che non avrei conosciuto se non fossi stato fermo, nel silenzio e nella calma. Per un anno intero non ho praticamente ascoltato musica, la musica mi distrae facilmente: è difficile per me anche solo parlare in un ristorante con un amico se c'è musica in sottofondo. Non ho ascoltato praticamente nulla e ho imparato a conoscere me stesso, ho iniziato ad amarmi forse per la prima volta. Poi, con l'aiuto di alcuni funghetti, sono stato in grado di accedere a una parte più profonda del mio cuore, a cui non ero mai riuscito ad accedere prima, e ho imparato cos'è il vero amore e quando l'effetto dei funghetti è passato ho sentito ancora con me quel sentimento vero. Lo sento tuttora, è sempre con me. Ora sono in grado di amare me stesso in modo più profondo e significativo e così facendo amo anche ciò che faccio, capisci? In un certo senso sei quello che fai (ride, ndr)

Credits: Qiao Meng

Il tuo rapporto con le tue canzoni sarà sicuramente cambiato.

Esatto, ho iniziato ad amare le mie canzoni! Non ero nemmeno conscio stessi facendo un album, facevo musica quando sentivo che era il momento di farlo. Mi sono preso molto tempo tra un brano e l'altro, non ho messo fretta al processo creativo, cosa del tutto nuova per me. In passato lavoravo duramente, realizzando un album senza pause, sentivo che dovevo registrare velocemente, dovevo essere molto efficiente, scrivere 12 canzoni in 2 mesi o in 6 mesi: era un continuo "fai, fai, fai" senza riposare. Questo nuovo approccio è molto diverso, mi dico: "Mi prenderò tutto il tempo di cui ho bisogno e se oggi non mi va di scrivere o se il mio corpo mi dice che non è giornata, allora lo rispetterò". Così ho scritto i nuovi brani nel corso di 3 anni e mezzo. A volte non registravo per mesi, perché non mi sentivo pronto. Mentre scrivevo queste canzoni, ho davvero pensato "queste sono canzoni che non condividerò mai con nessuno, sono solo per me e per il mio cucciolo". Poi il mio manager mi ha scritto e mi ha detto: "Ehi, è passato molto tempo dall'ultima volta che ti abbiamo sentito, hai della nuova musica?" Gli ho risposto che gli avrei mandato delle canzoni a caso. Mi ha richiamato subito dopo averle ascoltate: "Jonny, queste sono alcune delle migliori canzoni della tua vita, qui hai un album ed è un grand disco". Ci ho discusso perché non ci vedevo un album, dato che una canzone parlava della necessità di essere gentili, una di abusi sessuali, un'altro dell'innamoramento: cose che per me messe insieme non avevano senso. Nella mia testa tutte le canzoni dovevano parlare delle stesse cose, con gli stessi sentimenti e le stesse emozioni.

Cosa ti ha fatto cambiare idea?

Ho iniziato ad ascoltare quelle canzoni insieme e ho capito che erano tutte un riflesso di me, della mia umanità: in me ci sono emozioni complesse, c'è gioia, ma anche profonda tristezza. Queste cose sembrano opposte ma in qualche modo coesistono. Mi sono reso conto che è profondamente umano avere tutte queste parti diverse che comunicano in modi diversi. Ho capito che aveva perfettamente senso come album: ci ho visto davvero la mia anima. Questo disco è una sorta di viaggio nel tempo, posso tornare indietro alla versione più giovane di me, e posso dire quasi come una madre amorevole: "Sono qui per te, sei al sicuro e puoi esprimere quello che prima avevi paura di esprimere". Mi commuovo sempre a pensarci. E così tutte quelle versioni di me stesso che ho finalmente liberato, sono finalmente in grado di parlare: ho dato loro la lingua di cui avevano bisogno per esprimersi. Fare un album ora è un processo di guarigione: in passato scrivevo nella mia testa, ora scrivo con tutto il mio corpo.

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È questo il motivo dietro il titolo dell'album? Potremmo considerarlo un album omonimo e di solito gli artisti lo fanno all'inizio della loro carriera. Avevi altre opzioni in ballo?

Sì, beh, avevo un titolo diverso per un album che stavo pianificando, che pensavo di scrivere dopo aver lavorato a queste canzoni, ma non posso dirtelo, perché potrei utilizzarlo in futuro. Ma questi pezzi non potevano che essere Jonny. Sai, la gente mi chiede sempre: "Come si fa a fare musica? Com'è stare in tour? Com'è fare un nuovo video musicale?" e rispondo sempre che  sono tutte cose "nuove" ed effettivamente lo sono perché io sono una nuova versione di me stesso, e se c'è un nuovo me in ogni esperienza che vivo anch'essa sembrerà nuova, capisci? Quindi è quasi come se questo fosse il mio primo disco, è l'unico che sono riuscito a finire e poi  riascoltare per un bel po', amandolo fino in fondo. In passato, quando scrivevo un album, non appena lo finivo non lo risentivo più, come se il mio cervello avesse paura del passato, perché, sai, sono cresciuto in un  contesto famigliare abbastanza violento e di conseguenza l'idea del passato non piace al mio cervello.

Il tuo rapporto con i tuoi album precedenti com'era?

In passato magari registravo un disco che ritenevo buono, ma non appena era finito non riuscivo più a guardarlo e iniziavo a odiarlo, iniziavo a odiare il mio lavoro, e credo che di base fossi io a odiare me stesso. Ora che questa sorta di rivoluzione ha avuto luogo nella mia vita, sono in grado di ascoltare la mia musica e di non odiarla più, la apprezzo davvero e trovo gioia in essa. Sto iniziando solo ora a riascoltare un po' di vecchi lavori e ad ascoltarli con amore, senza essere critico, senza essere duro con me stesso, oggi vorrei che le cose fossero andate diversamente, ma sono conscio che in quel momento stavo facendo del mio meglio. I lavori che ho realizzato erano un'espressione del momento della mia vita in cui mi trovavo, così come il lavoro che sto realizzando oggi è un'espressione del momento in cui mi trovo. Quest'album è anche molto lungo, ha 16 tracce, cosa che non ho mai fatto prima. È molto più lungo dei miei lavori passati, perché ci sono volute 16 versioni di me, per esprime quanto sono complesso. (ride, ndr) È il motivo per cui ho deciso di intitolare l'album Jonny. Non volevo lasciare fuori nulla. Sono racchiuse molte cose in esso, è una sorta di viaggio, ma in fondo sono io che mi rifletto in uno specchio.

Credits: Qiao Meng

Come hai appena detto, questo album è pieno di temi: parli di ferite, di solitudine... per esempio, per me il tema della solitudine è quello che mi è balzato subito all'orecchio. Quando è iniziata esattamente questa rivoluzione di cui parli? C'è stato un momento specifico? E la musica ha avuto un ruolo in tutto questo? Magari anche la musica di altri artisti.

Vorrei poter dire che c'è stato un momento preciso, ma è stato il risultato di un processo di guarigione iniziata gradualmente. Alcuni giorni passano senza nessun miglioramento e poi tutto d'un tratto ce ne sono tanti positivi, e avanti così... è difficile trovare IL momento. Però direi che c'è un episodio che mi è rimasto impresso, anche se è piuttosto slegato dalla musica: è stata la mia prima seduta di terapia, forse 5/6 anni fa. Il mio terapeuta, alla fine della nostra prima sessione, come compito per la settimana successiva mi disse: "Pensi di poter essere gentile con te stesso questa settimana? Potresti provarci?" e io ho risposto "certo, sì", ma subito dopo ho pensato "aspetta, cosa significa? Come faccio?". Allora mi ha spiegato questo concetto e quella stessa settimana ho iniziato a cercare di fare le cose in modo più lento e morbido. Invece di svegliarmi al mattino, alzarmi subito dal letto e andare a fare il caffè per avere un sacco di energie, ho iniziato ogni mattina ad accarezzarmi, non in modo sessuale (ride, ndr), ma quasi in modo dolce e materno, cosa che non ho vissuto da bambino, e prima di iniziare la giornata mi sussurravo cose dolci all'orecchio, come "sono molto orgoglioso di te Jonny", "stai andando bene così", "se vuoi continuare a dormire puoi dormire ancora un po'", cose che penso da piccolo mi sarebbe piaciuto sentire da mia madre. Ormai non le faccio più perché sono intrinseche, nelle mie ossa, sento di trovarmi sempre in questo spazio di gentilezza. Mi trovavo in quel mindset quando ho iniziato a fare questo album, ogni canzone è stata composta lentamente, il mio approccio è stato quello di essere gentile, di andare piano e fare canzoni più tranquille, senza dover scatenarmi. In questo modo mi sono sentito liberato.

Imparare a conoscersi non è mai semplice.

Ho lavorato duramente per capire chi sono nel profondo. Ora ho capito di essere una persona silenziosa, introversa, un po' timida. Mi piace che gli altri parlino e mi piace ascoltare, non metto nemmeno la musica a casa, mi piacciono le cose tranquille, dolci e soft. Ora sono in grado di lasciare che quella parte di me sia presente e ciò sta cambiando la mia vita, non solo ho messo quella dolcezza nella musica, ma la porto con me in tour.  Ho delle nuove regole, ad esempio sul tour bus non facciamo più feste, ci assicuriamo che ci sia sempre un posto calmo e tranquillo per tutti, cerchiamo di mantenere tutto tranquillo. La band non era sicura che fosse quello che volevano, ma alla fine del tour continuavano a dire "Oh mio Dio, questo è stato il miglior tour che abbiamo mai fatto". Abbiamo iniziato a chiamarlo uno spot tour, perché sembrava che tutto fosse così bello e calmo, tanto che i livelli di stress si abbassavano. Il mio nuovo singolo, The Flower, nel testo parla di far caso ai momenti più piccoli e dolci e di non aver bisogno che le cose siano troppo grandi. In America, quando sei piccolo, ti insegnano che il mondo è tuo, ti dicono di pensare in grande, di sognare in grande, che tutte le possibilità saranno tue, in realtà è solo il capitalismo (ride, ndr). Sembra bello, ma in realtà è come se ti dicessero che devi lavorare duramente per tutto il tempo, così puoi avere tutto quello che vuoi, ma nessuna di queste cose è vera o garantita. Per me la vita è tutt'altro, vorrei degli insegnanti che dicessero "pensa in piccolo, guarda le piccole e dolci cose, le piccole cose possono essere tue". Perché per me la verità è che è lì che sta l'amore, è lì che si trova la vera connessione umana. Si tratta di cose semplici, come focalizzarci su un bellissimo, dolce fiore e semplicemente stare lì a guardarlo, o un dolce bacio che qualcuno ti dà, e lasciare che si depositi nel tuo corpo e tocchi il tuo cuore. Sono davvero grato per la terapia, non so come la vediate in Europa, ma in America è piuttosto popolare. Ciò che posso dire per me è che ha davvero cambiato la mia vita e ha cambiato il modo in cui mi impegno con me stesso.

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Hai appena detto che il tuo modo di fare è cambiato quando ti sei avvicinato alla terapia, l'intero processo di scrittura è diventato più lento, il che penso sia l'opposto di quello che è l'industria musicale al momento. Cosa ne pensi? Visto che tutto è così veloce, credi che torneremo indietro e rallenteremo tutto?

È difficile per me prevedere come andranno le cose nell'industria musicale, ma ho un'idea più precisa del percorso che farò io individualmente come artista. Ora che sono entrato in questo processo più lento e dolce di fare musica, non riesco a immaginare di tornare a qualcosa di più ambizioso, più affamato, più veloce e forse anche punitivo. Negli ultimi quattro anni ho davvero sperimentato quest'atmosfera di pace, calma e gioia nella mia vita, in modo del tutto inaspettato. Se mi guardo indietro so che è davvero il frutto di un rallentamento generale e della decisione di essere meno ambizioso, di seguire solo dove il mio cuore vuole andare, sia nella mia vita personale che nel mio percorso artistico. È un modo bellissimo di fare musica. Molto tempo fa ho deciso che avrei smesso di correre dietro ad un fantomatico premio, come può essere la fama, il denaro, il potere. In America siamo cresciuti sentendoci dire che dobbiamo ambire a tutte queste cose, ma fare tutto ciò mi ha solo portato dolore, attacchi di panico e ansia, mi ha fatto sentire nel caos e mi ha allontanato da me stesso. Rallentare è stata pura magia per me, voglio rimanere in quel microcosmo il più a lungo possibile, per me è questo il premio finale.

Il fatto che questo album sia così personale si riflette ovviamente sull'artwork e sulle copertine dei singoli. Per me questa foto significa "Eccomi, questo è ciò che sono". È giusto?

Sì, questo è sicuramente uno degli elementi, ma ce ne sono diversi. Sai, quelle foto le ho scattate io stesso circa 10 anni fa, sono degli autoritratti. Un amico mi aveva regalato una vecchia macchina fotografica e non ne avevo mai usata una; così, senza avere un piano, ho deciso di guidare fino alla casa dove sono cresciuto. Quando sono arrivato lì, vedendo che non c'era nessuno, ho aperto la finestra della mia cameretta e sono entrato. Era vuota, così ho montato il mio treppiede e un piccolo timer, e senza sapere bene perché mi sono spogliato e ho iniziato a fotografarmi in tutti i diversi luoghi della casa in cui si sono verificati degli eventi traumatici per me. E hai ragione, quando riguardo le foto c'è una parte di "eccomi, questo sono il vero io, questo sono io vulnerabile". Però penso anche che, andando di nuovo in quel posto, ho portato tutta la forza che ho acquisito in uno spazio in cui da piccolo non ne avevo: è stata una specie di ribellione, come dire "ora sono qui".

Dev'essere stata veramente molto dura per te.

Ovviamente le cose sono più complesse di così, penso ci sia anche un altro risvolto forse un po' più oscuro, una sorta di sindrome di Stoccolma: ritornare al luogo dell'abuso, ritornare nel posto dove vive chi ha abusato e rivivere quella vulnerabilità, spogliarsi in quello spazio è una sorta di desiderio di essere vicino alla sofferenza, e questa cosa alle volte mi confonde. Potevo andare ovunque per scattare le foto, in mezzo ad un bosco, in una spiaggia o nel mio appartamento, ma sono tornato nel luogo che mi ha causato molta sofferenza e mi sono spogliato. In qualsiasi momento poteva rientrare qualcuno, non era un ambiente sicuro per me.

Una sorta di catarsi.

Sì, ho sentito il bisogno di usare questo artwork e la ragione più grande è che questo album per me è significato guardarmi indietro, dando voce alla versione più giovane di me stesso, ed è così bello che il me più giovane abbia "ricambiato" questo dono scattando queste foto per il me di adesso. È uno scambio simbiotico tra il mio io passato e il mio io presente, e mi è sembrato molto in linea con la musica di questo album, in cui convivono gioia e sofferenza. A volte è difficile per me anche solo guardare queste foto, alcuni giorni penso "sì, sono proprio un punk, sono un cattivo ragazzo, sono così coraggioso" e poi, come ad esempio oggi, mi sono svegliato, ho dovuto guardare alcune foto per approvarle e non volevo guardarle, "blah, toglietele da qui" ho pensato. Ma amo questa complessità. Del resto, la vita non è così? È un disco così umano e mi piace questa sensazione di sentirmi umano quando mi confronto con le immagini dell'album.

The Drums "Jonny" artwork 2023
The Drums, "Jonny" (2023)

Sia con l'artwork che con i testi metti completamente a nudo te stesso, non hai un po' paura di tutto questo?

No, ho paura di nascondermi per tutta la vita. Mi hanno fatto spesso questa domanda e per me la privacy è sopravvalutata (ride,ndr). Quando siamo piccoli esprimiamo molto di quello che proviamo, quando siamo adolescenti siamo molto emotivi e i nostri ormoni impazziscono, poi diventiamo adulti e ci insegnano a metterci una corazza per proteggerci in modo che tutto il mondo possa pensare che stiamo bene, ma tutti soffriamo a modo nostro, alcuni soffrono molto, altri un po' meno. Tutti abbiamo bisogno di certe cose, tutti abbiamo speranze e sogni, alcuni di questi non funzionano, proviamo tutti del dolore dal passato, abbiamo tutti a che fare con l'odio per noi stessi, e ho pensato che il mondo in cui voglio vivere è quello in cui possiamo connetterci l'uno con l'altro e aiutarci l'un l'altro e sostenerci. L'unico modo in cui puoi connetterti e sostenere e amare qualcuno è se lo conosci, se non lo conosci non sai come instaurare un rapporto, non hai una vera connessione, non hai un vero sostegno. Così ho pensato che avrei dovuto dare l'esempio, non avrei aspettato che lo facessero gli altri, l'avrei fatto io. Ho notato che da quando ho iniziato ad espormi di più, i miei spettacoli sono migliorati, il rapporto con il pubblico è migliore: le persone che hanno paura della vulnerabilità se ne vanno, non comprano il biglietto per lo show, smettono di ascoltare i miei nuovi lavori, e così si fa spazio per le persone che sono pronte per tutto ciò e ce ne sono molte. Di conseguenza anche la mia fanbase sta cambiando.

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Come spesso hai detto, questo album contiene molti elementi del tuo vissuto da bambino che, ho letto, in parte è stato influenzato da una setta. Tu ora credi in qualcosa?

Quando dico "setta", non intendo una vera e propria setta. Lo sembrava, ma tecnicamente era ancora un ramo della chiesa protestante, però era così estrema nel suo fondamentalismo che alcune delle credenze, dei comportamenti e dei modi di fare si avvicinavano a quelle che noi consideriamo credenze di una setta. Voglio essere chiaro su questo punto. È lontano da ciò in cui credo oggi, sto lavorando anche su questo aspetto e ho davvero difficoltà a credere che ci sia un Dio che veglia e si prende cura di tutti noi. Credo molto di più nell'ordine della natura, nel caos della natura e nel modo in cui queste due cose convivono. Sono molto interessato all'evoluzione e sono molto curioso in merito, sono molto più orientato verso la scienza, i fatti, i dati e le informazioni. Ho vissuto in quel clima per la maggior parte della mia vita, quando qualcuno raccontava una storia di fantasmi o voleva sapere qual è il mio segno zodiacale, alzavo sempre gli occhi al cielo, erano cose che mi facevano arrabbiare molto perché credo che mi ricordassero il modo in cui sono cresciuto, circondato da un sacco di assurdità, bugie e cose non vere. Mi dicevano che dovevo credere e ora ho una sorta di avversione per queste cose, ma mi sono reso conto di aver vissuto in un contesto abbastanza rigido dal punto di vista religioso, della spiritualità e del misticismo. Sto davvero cercando di ammorbidirmi a riguardo. Penso che le religioni più importanti nel mondo siano state profondamente dannose per la società, per il pianeta, per gli animali e per le persone. Quindi quello in cui credo è qualcosa di più mistico, il potere dell'umanità o il potere della natura, in un certo senso rimango ancorato a questa fede, ma dato che sto facendo un certo tipo di lavoro sto cercando essere più flessibile sulla fede in cose "invisibili", ad esempio mi arrabbio meno se qualcuno mi chiede qual è il mio segno zodiacale, perché non credo che ne  valga la pena, ora capisco che è un trigger che mi porto dietro dall'infanzia.

Negli Stati Uniti ci sono molte situazioni come questa, molte sette, secondo te come mai?

Beh, credo che la maggior parte di esse provenga dalla California e ho sempre avuto questa teoria al riguardo, avendo vissuto a Los Angeles. Lì si sente dire tutto il tempo "oh è la città dei sogni, vai lì per essere una star", essere una star significa essere diversi dagli altri, essere in un qualche modo elevati. Molte persone vanno lì per questo ma non ci riescono, per cui si trovano in una situazione disperata, si sentono tristi e vulnerabili e effettivamente sono vulnerabili, ma hanno ancora quella parte di loro che li porta a volersi distinguere dagli altri, ad essere speciali, quindi credo siano più disposti a far parte di qualcosa che può sembrare  affascinante solo per il fatto che è diverso da tutto il resto, che li fa sentire dei prescelti. Penso anche che essere un attore o un cantante famoso possa darti questa sensazione. Non so esattamente perché, credo che qui in America un po' deliriamo e siamo più disposti a credere alle sciocchezze, mentre una delle cose per cui amo l'Europa è che in generale gli europei tendono a essere più attaccati alla verità e siano un po' più inclini a essere sinceri, quindi lo apprezzo.

Credits: Qiao Meng