14 agosto 2020

Di jazz, ipocrisia e Elon Musk: intervista a Oscar Jerome

Finalmente è uscito Breathe Deep, album d'esordio di Oscar Jerome. Un disco dove il giovane chitarrista jazz londinese ha modo di confrontarsi con la propria crescita personale e con i grandi problemi dei nostri tempi: migrazioni, cambiamenti climatici e parità di genere sono solo alcuni dei temi che questo esordio tratta. Il disco vede numerosi ospiti, fra cui i membri del collettivo KOKOROKO ed il rapper e poeta Brother Portrait, fondatore del collettivo artistico Steam Down. Questo disco non fa che confermare il momento di rinascita che sta vivendo il movimento jazz nel Regno Unito e non ha paura di contaminarsi con altri generi come il neo soul o l'hip hop.

Raggiungo telefonicamente Oscar per farmi raccontare questo e altro da lui stesso. È la fine di maggio ed il Regno Unito è ancora in pieno lockdown.

Ciao Oscar, come stai?
Ciao! Sto benone, mi sto rilassando.

Come stai affrontando questo lockdown?
Me la sto cavando: probabilmente è molto più semplice per me che per un sacco di altre persone. Sono consapevole di essere fortunato e ne sono grato. In questo periodo mi tengo occupato con l’uscita dell’album, sto scrivendo nuova musica e mangio tante verdure. [ride]

Questa situazione così particolare sta aiutando a far emergere nuovi lati di te come artista?
Sì, decisamente. Sto lavorando su nuova musica e posso farlo senza essere in tour, come sarebbe stato altrimenti. E poi riesco a focalizzarmi anche su altre cose: sai, la musica finisce con l’occupare tutto il tuo tempo libero, quindi è bello poter prendere un attimo le distanze e riflettere su altre cose importanti della vita.

Se dovessi descrivere Breathe Deep con tre aggettivi, quali sarebbero?
Mi metti in difficoltà così! [ride]
Direi… “Me stesso” perché è ciò che è l’album; “Eclettico” e “sincero”.

Qual è il tuo brano preferito del disco e perché?
Ne ho diversi di preferiti, per motivi differenti. Suppongo che quella che ha più significato per me – anche se beh, tutte hanno un significato per me in modi diversi – è l’ultima: Joy Is You. L’ho scritta per mio nipote, quando è nato. È una sorta di omaggio alla mia famiglia: è una canzone che ho scritto molto tempo fa, ma che non avevo mai mostrato al mondo e che finalmente sono riuscito a ultimare in un modo che mi rendeva a mio agio. È sicuramente una traccia densa di significati per me.

Sei stato in tour in giro per il mondo e hai avuto modo di trascorrere del tempo in Africa. Quanto è stato importante ciò per la creazione di questo album?
Viaggiare in giro per il mondo è stato molto… Ha influenzato sicuramente il mio modo di vedere il mondo e il mio essere musicista: ho ascoltato un sacco di persone suonare in posti diversi e mi sono esibito su moltissimi palchi, per cui direi che tutte queste cose mi hanno fatto migliorare. Per quanto riguarda l’Africa, sono stato in Gambia qualche anno fa. Non direi che ci ho trascorso molto tempo per trovare me stesso come musicista, però è stato un viaggio molto appagante: ho imparato molto suonando con i musicisti del posto. Ma sai, alla fine gran parte dello sviluppo dell’album è arrivata mentre ero a casa ad esercitarmi, a studiare, a leggere, a vivere la mia vita, le mie relazioni, etc.

Dicci qualcosa di più riguardo alle tue influenze extra musicali per quest’album: ci sono libri, film o quadri che hanno influito sulla creazione del disco?
Mmm… Per quanto riguarda i libri, quelli abbastanza palesi sono 1984 e Il Mondo Nuovo. Gridalo Forte di James Baldwin. Poi fammi pensare…mi hai messo alle strette con questa domanda. Per quanto riguarda la poesia direi Michael Ondaatje, è un poeta astronomo che leggo molto.

Hai scritto Your Saint dopo aver visto con i tuoi occhi a Parigi molte famiglie siriane senza dimora nelle strade circostanti le stazioni della metro. Ci puoi dire qualcosa di più a riguardo?
Quel brano è un commento sull’ipocrisia della nostra società – che sia quella francese o inglese – e dell’incapacità della stessa di proteggere i più bisognosi come vorrebbero i valori cristiani sui quali questa società si basa. Tutto questo è molto triste ed incredibilmente ipocrita. Posso capire il fatto che le persone siano più preoccupate per la propria vita, per l’incremento della popolazione nazionale, ma le cose vanno affrontate e bisogna aiutare anche chi ha più bisogno. Le migrazioni saranno sempre di più anche per via dei cambiamenti climatici, perciò bisogna trovare delle soluzioni. Ad ogni modo temo di aver divagato... [ride]

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Ho letto che da ragazzino ascoltavi un sacco di rock band fra cui i Rage Against the Machine. Mi domandavo se la loro musica ti avesse influenzato per la scrittura di Back What U Stole From Me.
Direi proprio di sì, molto. I RATM sono stati i primi che sono riusciti a farmi capire come si potesse trattare di politica attraverso la musica, quindi sicuramento loro sono stati una grandissima fonte di ispirazione per il testo di questa canzone. Attualmente non ascolto più molta musica rock, ma gli anni passati ad ascoltarla da ragazzino mi hanno sicuramente formato.

Ormai sempre più spesso troviamo artisti uomini trattare nelle loro canzone dei loro lati fragili. Dici che qualcosa sta finalmente cambiando?
Penso proprio di sì, decisamente. Anche se sono convinto che la mascolinità ed i ruoli legati al genere siano ancora radicati nella società. Però ormai ci sono anche diversi artisti che trattano queste tematiche, e fanno sentire le persone meno sole. Molte di queste soffrono e vedere un artista per cui stravedono trattare di questi argomenti, può aiutarle moltissimo.

In Do you really parli dello scontro con idée irrealistiche dei ruoli di genere. Come affronti la mascolinità tossica?
Mi fai così dal nulla una domanda veramente profonda e complessa [ride]. Che dire… è un qualcosa che si affronta giorno dopo giorno: questa cosa ti viene impressa il giorno in cui nasci, e anche se la tua famiglia ha dei valori sani, ci entri in contatto nel mondo esterno, a scuola o nei media. Penso che il primo passo sia parlarne, perché è una cosa reale e riflettere sui propri comportamenti e su come le proprie azioni possano influenzare quelle altrui. Il mio è un processo in work in progress, non sono sicuramente un esperto, cerco solo di parlare delle mie esperienze a riguardo.

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Da chitarrista diresti che la tua più grande influenza per il tuo stile sia George Benson?
Direi che lui è il musicista che mi ha fatto avvicinare alla chitarra jazz. Ma in realtà non penso che io suoni come lui. Non ho il suo stesso tipo di velocità e tocco, ma lui è stata sicuramente un’influenza enorme per me. Così come lo sono stati altri grandissimi come Frank Zappa e Jimi Hendrix, Graham Greene e John Scofield.

Pensi che la musica jazz stia attraversando un nuovo rinascimento? C’è una notevole ripresa degli ascolti fra i giovani, soprattutto in UK.
È difficile rispondere a questa domanda. Sicuramente c’è stata una ripresa degli ascolti fra i giovani che ascoltano musica jazz contemporanea. Esiterei già di più nel dire che queste stesse persone poi si mettano ad ascoltare anche Herbie Hanckock e Miles Davis.
Però sì, penso ci sia una sorta di rinascita per il jazz anche se è un qualcosa che va molto ad ondate e quindi è difficile stabilire se questi siano tempi particolarmente significativi per il jazz o se si tratti solo di un’ondata. Alla fine il Jazz è sempre tornato alla ribalta qui in UK: è successo negli anni '80, nei '90… Però sicuramente penso che oggi i giovani vedano il jazz come una cosa cool, mentre probabilmente fino a dieci anni fa non era così.

Hai studiato jazz al Trinity Laban . I tuoi insegnanti erano aperti mentalmente riguardo alla contaminazione del jazz con generi relativamente più giovani come l’hip hop?
Non erano molto a favore. Ma poi dipendeva molto da insegnante a insegnante: alcuni erano molto più aperti di altri. Ma alla fine per tradizione il jazz per natura si contamina con tutto ciò che lo circonda.

Parlando del tuo processo creativo, vengono prima i testi o la musica? 
Ogni volta accade in modo diverso. Spesso scrivo prima la musica e la lego a idee di testo avute precedentemente. E vado avanti e indietro fra testo e musica fino a che non riesco a far combaciare questi frammenti. Scrivere testi mi occupa più tempo rispetto alla musica, perché specialmente quando si tratta di elementi politici e sociali ci tengo a dire la cosa giusta. Poi il fatto è che io sono il primo ad essere molto critico quando si tratta dei testi altrui, perciò devo essere sicuro che i versi che scrivo siano effettivamente molto buoni. [ride]

Searching for Alien sembra riverberare la tua passione e la tua fascinazione per l’universo. Tu in passato avevi scritto Gravitate, una canzone che parlava della formazione di una stella.
Gravitate era una metafora: la formazione della stella era come la crescita di una persona che sta maturando e sta diventando più sicura di se stessa. Però direi di si: lo Spazio mi affascina, è un qualcosa che mi ispira costantemente. Con il sound di Searching for Alien cerco di ricreare un’immagine di spazio profondo che creo nella mia mente.

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Guarderai il lancio di stasera di Space X?
Guarda, lo Spazio mi affascina un sacco, ma ho diverse riserve nei confronti di tutta questa storia dei viaggi spaziali e di Elon Musk. Sembrano tutte espressioni del suo ego immenso, tutti quei soldi usati così quando c’è così tanta disparità e disuguaglianza qui…

In effetti Elon Musk incarna tutto ciò contro cui canti: ricchezza sfrenata, corporazioni senza controllo, capitalismo…
[ride] Sì, direi di sì. In America c’è un tasso di povertà SPAVENTOSO. Penso a tutte quelle persone che non hanno accesso al servizio sanitario o che non hanno abbastanza cibo per sfamarsi e per me non ha senso vedere uno degli uomini più ricchi della Terra occuparsi dello spazio e non di problemi più concreti.

Tornando ad argomenti più veniali: con che artista sogni di collaborare in futuro?
Mi piacerebbe tanto un giorno suonare con George Benson, anche se probabilmente sarebbe abbastanza terrorizzante come esperienza. [ride] Poi ci sono diversi producers con cui mi piacerebbe lavorare in futuro: Flyling Lotus sarebbe un sogno. Mi piacerebbe avere l’occasione di jammare con qualche musicista maliano. Ad ogni modo mi sento molto fortunato, perché qui a Londra è pieno di musicisti eccezionali e alla fine qui riesco ad avere tutti gli stimoli e l’ispirazione di cui ho bisogno.

Hai un tour fissato per quest’autunno . Quando inizierete le prove?
Penso che inizieremo le prove un paio di mesi prima del tour, se sarà possibile. È tutto molto incerto al momento. La cosa importante è che sia un tour sicuro per tutti: pubblico, musicisti, roadies, etc. Ad ogni modo non vedo l’ora di poter tornare a suonare su un palco.

Hai mai pensato di spostare la release dell’album?
Sì, abbiamo pensato seriamente di farlo . Ma ho deciso che questo fosse il momento giusto: alla fine non sappiamo quanto durerà questa situazione e io voglio farlo uscire per iniziare poi a lavorare sul mio prossimo lavoro. Sono grato di avere la musica a tenermi concentrato in questo periodo.