Giocare è la parola-chiave, il paradigma su cui si basa il nuovo album di Colombre: Realismo magico in Adriatico. Si tratta del suo terzo disco, che arriva dopo l'uscita di Corallo (pubblicato sempre per Bomba Dischi nel 2021) e Pulviscolo. Anticipato da tre singoli (Niente è come sembra, Durerebbe un'ora e Io e te certamente, in duetto con Maria Antonietta), l'album può definirsi un ibrido interessante tra i suoi due precedenti lavori.
Con Giovanni abbiamo parlato in un giorno di grandine a Roma di fine marzo, evento già di per sé "magico" nella Capitale, soprattutto se la copiosa caduta di ghiaccio avviene nel terzo mese dell'anno. In un'atmosfera à la García Márquez, miscelata ai racconti di Borges, con Colombre abbiamo parlato sia del nuovo disco, sia di cosa voglia significare per lui vivere in una città che affaccia sull'Adriatico, un mare dai mille punti interrogativi, analizzato con precisione e dovizia di particolari in tutto il suo ultimo lavoro. Oltre al featuring con Maria Antonietta, Franco126 è il secondo ospite di Realismo magico in Adriatico: riguardo la sua figura, Colombre ci ha parlato di un incontro veramente particolare: tra "piovre", ristoranti di pesce e misteri sul conto finale da pagare, Franco126 si è rivelato fin da subito una persona su cui contare, "un amico".
Perché con Giovanni non ci si annoia mai, né a sentire i suoi pezzi, né a parlare a ruota libera dei suoi recenti accadimenti extra musica: soprattutto delle sue principali ispirazioni, come quella volta che ha letto da qualche parte della nascita di un nuovo prodigio del pallone ("Il nuovo Messi") e ha buttato giù, senza troppo starci a pensare, Naturale, la penultima traccia del disco. Ultimo disclaimer: ma quanto sarebbe bello farvi cullare dalle note di Io e te certamente, mentre leggete le sue risposte alle nostre domande?
Noi, gli illusi di sempre.
Qual è stata la cosa più complessa da realizzare in quest'album, che non ti era mai capitata rispetto ai lavori precedenti?
Non so. Ogni cosa che fai ha sempre dei risvolti che non ti aspetti (e oserei dire, per fortuna). Bisogna sempre seguire il flusso: ho sempre fatto così. La cosa diversa rispetto agli altri dischi (grazie ai quali ho anche collaborato con altre persone, anche dietro le quinte), è che qui ho trovato differente il fatto che prima di andarlo a registrare, quindi in fase prettamente di produzione, mi sono aperto molto di più all'incontro con altre persone. Ti spiego: non mi era mai accaduto nella stesura dei testi. Oltre ai due featuring, Franco126, ad esempio, mi ha aiutato a comprendere come mandare avanti Allucinazioni, un pezzo che poi non ha cantato, ma mi ha dato il la per comporre poi la strofa. Questo è stato un bel flusso, che non accade spesso: il condividere la propria quotidianità e intimità con un'altra persona che ti comprende così tanto che poi si amplifica anche dentro di lui.
E oltre agli artisti che si leggono, c'è qualcuno che ti ha seguito fin dall'inizio e che ha lavorato "a braccetto" con te?
Ti direi Fausto Cigarini: con lui ho fatto tanta pre-produzione, di quasi tutte le tracce, a livello di arrangiamento, soprattutto in Qualche specie di amore.
Proprio qui volevo portarti: Qualche specie di amore ha degli strumenti veramente particolari, tra cui un organo: che senso volevi dare al pezzo, nella sua interezza, inserendo questo strumento?
Ho dato carta bianca a Fausto e Saverio (suo fratello) per quanto riguarda gli arrangiamenti del pezzo. In passato non l'avevo mai fatta, ero e sono tutt'ora un po' un controllore, ma per questo pezzo qui in particolar modo ho lasciato più fare agli altri, aprendomi e collaborando. Questa cosa me l'ha insegnata Chiello, dopo che gli ho prodotto Oceano Paradiso: ho sentito su di lui un'anima che ti lega, al di là dei diversi generi che facciamo.
Mi stai dicendo un qualcosa che nella musica accade molto di rado...
Ma credo sia tutto lì. Il vedersi dal vivo, interagire... la canzone avrebbe preso una piega differente, o addirittura non sarebbe mai venuta fuori. Ci tengo che quando si faccia qualcosa con qualcuno, siccome non l'ho mai fatto spesso, si debbano ponderare molto bene alcune scelte, perché voglio ci sia un'umanità di fondo che leghi le persone che si incontrano nel brano. Non è facile aprirsi alle persone, sembra una banalità dirlo, ma fare un percorso compositivo insieme non mi era mai capitato così a fondo e in profondità negli altri due album.
L'idea di fondo era quella di unire i due album precedenti e farne un ibrido?
Esattamente. Unire Pulviscolo e Corallo: la cosa più eterea e in presa diretta del primo e i provini "a click" e gli overdub della batteria del secondo. Anche qui avevo tutto preparato, ma ho voluto aggiungere ancora più libertà d'espressione, aprendomi agli altri, coinvolgendoli già da prima e non nel momento in cui si va in studio.
In Midollo dici tanto di voler andare via, anche lontano: più che la destinazione, ti chiedo quale sia il punto di partenza, ossia il luogo che vuoi lasciare? È un posto fisico?
La canzone nello specifico parla più che di un posto geografico, di difficoltà interiori. Mi sono chiesto quante volte mi è capitato di stare in un luogo in cui non mi trovo a mio agio, in cui non ho il controllo interno ed esterno della situazione. Una sensazione di volermene andare, perché sono nel posto sbagliato, nel momento sbagliato e sogno di volermene andare via, senza avere il peso delle situazioni. È una voglia di stare bene, in primis, con me stesso, di evadere con la mente, perché col corpo non posso farlo.
Nonostante, però, il disco sia molto "geografico"...
Quello certo, assolutamente. Il gioco sta un po' lì, le situazioni "da realismo magico", realistiche ma con un twist surreale. La stessa Midollo ti dà quella vibe lì. "Per magia" sogno di andarmene.
Un po' allora come Black Mirror: elementi del tutto reali ed in linea, ma un elemento, anche unico risulta straniante...
Ti direi più come il... mare Adriatico, allora! Un mare di provincia, defilato, che sembra un lago, poco profondo, che appare tranquillo ma che ha questo fattore inquietante delle correnti un po' incontrollate. Succede quello che non ti aspetti in questo mare ed è un simbolo per me e viene così celebrato anche il posto dove abito.
Questo straniamento tipico dell'Adriatico si nota soprattutto in Qualche specie d'amore quando dici "Qualche specie d'amore, si mantiene intatto, solo sotto la cenere".
Esatto. Questa cosa qui è un po' inquietante, non credi?
Parlando allora di mare: ho sentito che partirai il giorno dell'uscita dell'album proprio per un viaggio lungo la costa adriatica. Mi puoi dire qualcosa di più?
È un grande...
Interrogativo?
(ride, ndr.) in realtà volevo dire road trip, ma è anche quello sicuramente, perché le cose belle sono anche (e soprattutto) dettate dal caos! L'abbiamo organizzato con i ragazzi di Bomba Dischi: partiremo da Trieste e arriveremo vicino Ancona e incontreremo delle persone con storie magiche, dettate dalla libertà, dalla scoperta, con incontri pazzi... e tutto ciò sarà in viaggio e in movimento come altri road trip ben più famosi e conosciuti internazionalmente.
Mi stai scomodando Kerouac, per caso?
Non volevo scomodare il maestro, ma una roba del genere, capito?! Mi piaceva l'idea di suonare qualcosa di acustico in questi luoghi, incontrare casualmente delle persone e stare con loro senza filtri, senza troppa programmazione: birrette, bevute, musica e chiacchiere. Nel frattempo però sei in viaggio, non sai cosa può succedere, ma allo stesso tempo si possono creare delle situazioni veramente incredibili.
Un pezzo che vedrei benissimo in acustico, anche magari un po' riarrangiato, sarebbe Naturale. Mi ha colpito soprattutto quando dici: "Se vinco se perdo, non vedi che è uguale, forse conta soltanto giocare: è così naturale". In che modo, secondo te, possiamo rifuggire da una società che invece guarda sempre più alla performance?
Giocando. Non dimenticandosi di giocare, che è la cosa per cui siamo, effettivamente, nati. Alla fine muove tutto, anche le aspettative che si hanno. Abbiamo tutti i nostri "avvoltoi", personali o del circondario, e in questo gioco non tutti vincono o perdono. Ma l'importante, alla fine dei conti, è ritornare a quello a cui tieni e sei nato per fare: ossia giocare. Non per scadere nella retorica poetico-letteraria, ma è un po' come fosse il fanciullino di Pascoli...
E non hai paura che, essendo bambino e giocando, ti perdi qualcosa del mondo degli adulti?
Secondo me no, perché, per forza di cose, non si può rimanere sempre bambini. Magari è la tua anima interiore a rimanere tale, ma nel momento in cui cresci poi ti scontri con la realtà. Il gioco è una questione di attitudine.
Ma quindi come ti è venuta in mente Naturale?
In pratica avevo letto questo articolo sul "piccolo Messi", questo bambino-fenomeno del calcio. Questi bambini-prodigio spesso hanno i genitori che gli tolgono l'infanzia per realizzarsi attraverso il figlio, che, però, non è una macchina programmata. Naturale è quest'urlo liberatorio qui: si vuole solo giocare a pallone, che vinca o che perda non me ne importa nulla.
Arriviamo all'altro featuring del disco: era prevista l'uscita di Io e te certamente come singolo, oppure avete cambiato le carte in tavola a programmazione dell'album già cominciata?
Abbiamo cambiato le carte in tavola, sì. Ci sono una serie d'incastri che ci hanno portato a inserirla come secondo singolo soltanto in corsa. È un pezzo stupendo che ha scritto Letizia (Maria Antonietta, ndr.) e io poi gliel'ho arrangiata. Quasi per gioco avevamo cominciato a cantarla in casa assieme e dopo questa altalena vocale è uscito il brano per come è oggi.
Lo vedi allora giocando cosa esce fuori, forse non hai tutti i torti...
Eh ma... è la mia filosofia!
Su Instagram ho letto di un tuo particolare incontro con Franco126. Hai parlato di essere stati "spennati da una grande piovra"... in che senso?
Ricordo a Piacenza il primo incontro con lui. Suonava ancora con Carlo (Carl Brave, ndr.) e mi disse: "a Colò, io t'ho capito a te, sei come noi!". Questo mi ha portato tante volte a collaborare con lui, c'è un grande feeling di base.
La questione della "piovra" invece è stata l'ultima volta che ci siamo visti: eravamo a mangiare in questo posto e Franco ha scelto lui cosa ordinare per tutti (come sempre fa!). Eravamo tipo ad un sushi e la famosa piovra sono i 100€. Franco ha coniato questo termine per noi comuni mortali, che secondo me è gigantesco e perfetto per quando vieni trascinato in un abisso dopo aver pagato un bel po' ad un ristorante.
Finiamo con una provocazione: ma siccome nell'Adriatico c'è del realismo magico, è possibile, allora, possano esistere dei... coralli non ancora scoperti?
Beh, la scoperta è quella che ci aspettiamo domani quando ci alziamo, sennò saremmo ingabbiati in una realtà priva di magia. Se fossimo incastrati in questo canone sempre fisso non ci sarebbe la magia delle cose, quindi secondo me è evidente che sotto le Tremiti ci sono delle pareti di corallo non ancora scoperte, magari lì, nelle coste rocciose del Gargano.
È forse così anche per i miei dischi: la naturale evoluzione del secondo che poi, con il terzo, diventa mare.