04 novembre 2022

Uno sguardo al Su:ggestiva Festival: musica pura in un luogo straordinario

Siamo stati al Su:ggestiva Festival 2022: l'atmosfera e il luogo erano incredibili e la musica presentata non è stata da meno. Ecco il nostro itinerario musicale all'interno di questo festival, coadiuvati dalle voci dei protagonisti: Her Skin e Mòn.

Ph. Music Photography Academy

Suggestioni al Su:ggestiva

Due venue ben distinte: il Ninfeo della Villa dei Quintili e il Parco Archeologico immerso entro l'Appia Antica. Attraverso una selezione di perle rare (sia in quanto a brani che, ovviamente, ad artisti scelti), Su:ggestiva ha offerto dal 14 al 23 ottobre di quest'anno un’esperienza di ascolto unica in un contesto più che esclusivo nel cuore di Roma. Un evento che ha unito emozionalmente e ha permesso di scoprire luoghi e musica... o luoghi attraverso la musica.

Il livello si è alzato praticamente da subito, dal 16 ottobre data in cui gli I Hate My Village hanno offerto agli spettatori un’esperienza unica nel suo genere: la band, nuovo punto di riferimento per la scena alternative rock in Italia, composta da Adriano Viterbini, Fabio Rondanini, Alberto Ferrari e Marco Fasolo (eccezionalmente nel ruolo di bassista poiché Ferrari è attualmente impegnato nella lunga tournée con i Verdena) si sono insediati nel Ninfeo della Villa dei Quintili, per una residenza all’insegna della composizione e della sperimentazione, durante la quale il pubblico ha avuto la possibilità di assistere a quattro sessioni di prove aperte chiamate “Ruderi Session”.
Questa esperienza è stata poi riportata integralmente nel concerto speciale e conclusivo del 23 ottobre, durante il quale la band, oltre ad aver ampiamente sperimentato, ha suonato anche alcuni brani tratti dall'ultimo EP Gibbone.
Nota positiva della serata è stato anche l'opening, con C Duncan, compositore scozzese, che ci ha fatto assaporare climi innovativi e multi-traccia grazie alla sua ultima fatica Alluvium. Un artista che vi consigliamo di tenere d'occhio, soprattutto perché il suo bedroom pop miscelato ad atmosfere tipicamente lounge si sposava benissimo con l'ambientazione circostante della Villa dei Quintili.

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Her Skin non ha (ancora) trovato un posto in cui riposare e, forse, è un bene

Facciamo un passo indietro, di sole 24 ore dall'esibizione degli I Hate My Village: alle 21 spaccate è salita sul palco la giovane cantante Her Skin che, dopo l’album d’esordio Find A Place To Sleep del 2018, ha suonato in tutta Italia, supportando artisti come Cat Power, Kele Okereke e Motta, e seguendo il progetto “Quando tutto diventò blu” di Alessandro Baronciani e Corrado Nuccini. Il nuovo album, I started a garden racconta la confusione di vivere i vent’anni al giorno d’oggi, alla ricerca del proprio posto nel mondo, piantando un seme alla volta.

Con lei abbiamo anche chiacchierato dopo il soundcheck: "I started a garden ha rinforzato decisamente il sentimento che ho per questo lavoro. Quando mi hanno chiamato per andare a suonare a Manhattan è come se fossi partita con il cuore a metà e fossi tornata piena di gioia e di amore." Quando, però, le chiediamo se avesse trovato veramente "un posto per dormire", come cantava nell'album d'esordio, ci risponde negativamente: "È una bugia! Non l'ho trovato. In realtà non l'ho trovato fisico e forse ho capito che dovevo più cercare dentro di me che fuori." Colpiti da questa estrema chiarezza di mentalità, cerchiamo di metterla un po' in difficoltà, chiedendole se si può paragonare l'atmosfera di questo album almeno ad un brano di I started a garden: "Forse Bones. Perché è quella più enigmatica e più cupa. Meno eterea rispetto a Lungs".

Le risposte di Sara, come la sua musica, arrivano dirette, senza troppi giri di parole o inutili artifici retorici. Le sue canzoni, allo stesso modo, sono caratterizzate, spesso, da una durata breve, in cui le storie raccontate, come in piccoli quadretti e scenette di vita quotidiana, sono racchiuse in due minuti e mezzo di canzone: "È una cosa che mi viene molto naturale fare. Brani così corti. Dopo il secondo ritornello mi viene spesso di chiudere la canzone, però lo faccio in modo naturale".

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Mòn, o quando la forma-canzone è stravolta per raggiungere qualcosa di più elevato

Per chi mastica un po' la scena alternative rock romana, i Mòn non suonano di certo nuovi alle orecchie allenate di qualche ascoltatore. Gruppo composto da Rocco, Carlotta, Michele, Stefano e Dimitri. Proprio con quest'ultimo, il batterista del gruppo, abbiamo avuto il piacere di scambiarci quattro chiacchiere. Inizialmente concepito come un progetto squisitamente indie-folk, il loro sound, fin dal primo album Zama è divenuto un mix vincente tra post-rock, ambient, electro-folk e indie-pop. Il vero spartiacque della loro, seppur giovane, carriera è stato il concerto realizzato all'Auditorium di Roma con un ottetto di archi e fiati lo scorso dicembre: "Avevamo scritto soltanto poco delle partiture di archi e fiati e ci ha dato un'enorme mano Margherita Flore che ha curato tutta la parte degli arrangiamenti", ci ha detto Dimitri. Per quanto riguarda il set di Suggestiva invece: "Non ci sono stati inediti, perché ci teniamo molto a farli sentire al nostro pubblico in una veste decisiva". Alla nostra domanda se mai sentiremo i Mòn in una versione tutta italiana, cantato compreso, ci viene detto: "Mai dire mai. Stiamo provando qualcosa, non lo neghiamo, ma è ancora tutto in cantiere. Ci siamo sempre approcciati con l'inglese, perché l'abbiamo da sempre sentita una lingua più musicale e, paradossalmente, più diretta rispetto all'italiano, ma qualcosa in futuro (non sappiamo però effettivamente quando potrà uscire)."

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E così salutiamo Dimitri, i Mòn (che ci hanno deliziato al Su:ggestiva con un set molto variegato e assolutamente non statico), C Duncan (che ci ha colpito veramente tanto), Her Skin e gli I Hate My Village, consci del fatto che realizzare concerti in una location di questo genere, più unica che rara, nel cuore della Roma che fu, è un piacere sia per gli occhi che per le orecchie e tutti questi artisti non hanno deluso affatto le aspettative.
All'anno prossimo.

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