Spoiler alert: questo articolo contiene elementi che vi spingeranno a rivalutare completamente la carriera degli Editors.
Avete presente quando vi fermate a ripensare a quegli avvenimenti o a quelle persone che nell’arco della vostra vita sono sempre sembrati marginali e in realtà, solo a posteriori, vi rendete conto che hanno sempre avuto un ruolo nelle vostre vicende? È un po’ quello che si fa quando si analizza un’impresa di squadra, di qualunque tipo, in cui un fenomeno ruba la scena ad una serie di attori co-protagonisti che in realtà tanto co- non erano. Mi riferisco ad esempio ad Iniesta nel Barcellona di Messi, o a Saul Goodman in Breaking Bad, o ancora a Ray Manzarek nei Doors.
Ecco. Mi sono immerso nella medesima riflessione riguardo ad un gruppo post-punk revival di Birmingham nato agli albori del secondo millennio. Siamo così sicuri di aver sempre attribuito agli Editors il giusto peso che meritano all’interno della scena rock attuale?
6 album in studio pubblicati (e uno in arrivo), una raccolta, 4 EP ricchi di succulente B-sides che arricchiscono ulteriormente un arsenale fornitissimo di brani che spaziano, come per pochi altri gruppi di pari genere, da sfumature pop al più tetro e gracchiante post-punk. Un calderone di membri che negli anni si sono passati il testimone e che sempre più spesso hanno sperimentato ruoli completamente diversi. Tanti richiami e tante influenze, a partire da Joy Division e Depeche Mode, passando per i pupilli-avversari Interpol, un bel tocco U2 ed una recentissima evoluzione elettronica. Tutto ciò con un solo e unico denominatore comune che risponde al nome di Tom Smith, frontman dalla voce inconfondibile e senza dubbio membro più accattivante e di maggiore personalità. Ripercorriamo insieme le tappe principali della loro carriera, dal debutto post-punk all'elettronica degli ultimi successi.
Birmingham, 2002. Ci troviamo alla Staffordshire University, dove tra i tanti percorsi è possibile intraprendere gli studi in Music Technology. È quella che gli stessi membri definiranno pochi anni dopo come la vera e propria culla della loro ispirazione e produzione musicale. Per quanto la sostanza abbia già forma propria, trovare un nome definitivo per il loro progetto è inizialmente impresa ardua e i giovani Tom Smith (voce e qualsiasi strumento gli passi per le mani), Russell Leetch (basso e cori), Chris Urbanowicz (chitarra) e Geraint Owen (presto sostituito alla batteria da Ed Lay, data la sua intenzione di seguire un progetto musicale gallese di cui era co-artefice) registrano le prime promo track e suonano i loro primi live passando velocemente dall’identificarsi come The Pilot a The Pride fino a Snowfield, scelto dopo che le prime critiche ufficiali avevano smosso alcune attenzioni nei loro confronti. Il definitivo nome della band Editors arriverà solo nel 2004, pochi mesi prima dell’inizio del loro successo, a seguito della firma per l’etichetta discografica indipendente Kitchenware Records.
Tutto è pronto, i ragazzi sono carichi e hanno trascorso l’ultimo biennio ad affinare i loro gusti musicali e la loro produzione creativa. I singoli Bullets, Munich e Blood sono le granate che scelgono di scagliare per mostrarsi al grande pubblico. La massiccia campagna pubblicitaria auto-imposta (ogni linea della metropolitana di Londra viene letteralmente tappezzata di poster raffiguranti la copertina del disco di debutto) ed il ruolo di band di supporto di gruppi già lanciati come The Boxer Rebellion e Franz Ferdinand fanno il resto del lavoro: gli Editors sono sulla bocca di tutti gli appassionati UK.
The Back Room (2005) è un successo: un cocktail perfettamente riuscito di 4 ingredienti-artisti che sfoderano tutto il loro repertorio nei rispettivi strumenti. La ritmica è il marchio di fabbrica post-punk, la chitarra di Chris Urbanowicz è una sfida-tributo agli Interpol e agli U2, i testi sono semplici e incisivi in perfetto stile Jim Morrison prima e Ian Curtis poi. Il tutto condito dalla teatralità di Tom Smith, interprete magistrale che fa da perfetto collante di tutti i pezzi. A impressionare è la semplicità con cui gli Editors spaziano da hit da cima delle classifiche e pogo ai concerti a ballate strappalacrime (vedi Camera e, soprattutto, Distance).
Ma siamo solo all’inizio. Il serbatoio creativo è tutt’altro che carente e gli Editors alzano la posta in gioco lanciando nel 2007 il secondo capolavoro di indie rock e post-punk revival che non fa che aumentare la portata della cassa di risonanza attorno al loro nome. An End Has A Start è probabilmente il disco che meglio rappresenta la band di Birmingham, con le sue strimpellate di chitarra, i ritornelli orecchiabili e i testi nichilisti post-punk. Gli Editors piazzano il disco in vetta delle classifiche UK, vendono decine di migliaia di copie nella prima settimana e si guadagnano la convocazione a Glastonbury (il Festival per antonomasia) e lo status di band di apertura del Sig. Michael Stipes (e i R.E.M. tutti, a scanso di equivoci).
Ma gli Editors non sono solo chitarre e post-punk. La voce di Tom Smith e le idee stilistiche della band si combinano alla perfezione un gruppo rispetto cui ogni paragone risulta quanto meno rischioso: i mitologici Depeche Mode. Tom sul palco si atteggia e si contorce come Dave Gahan e i testi dei due sembrano scritti a quattro mani, per temi trattati e metrica. Il punto di congiunzione definitivo tra i due gruppi è senza ombra di dubbio il synth-pop. Il massiccio utilizzo dei sintetizzatori nel disco In This Light And On This Evening (2009) introduce gli Editors in un mondo fatto di suoni sporchi e stridenti, a partire dalla sperimentazione completamente strumentale della title track fino alla più delicata Push Your Hand Towards The Air, passando per il successone Papillon, ancora oggi il brano più ascoltato e riconoscibile della band. Quello su cui ai concerti si scatena il putiferio, per intenderci.
Il nome scelto per il disco è una dedica di Tom Smith alla sua città natale, Londra. “I actually think it's in every song. In the right time and place, in the right light and on the right evening, something you have seen 1,000 times before can still take your breath away whilst the background of electronic whirrs and hums that run under many of the tracks mimic the constant background noise of the city”, dichiarò in un’intervista dello stesso anno.
Dopo anni di ascesa arriva il primo vero e proprio ostacolo che la band si ritrova a dover affrontare. Un evento che farà da spartiacque per la produzione musicale della band di Birmingham: Chris Urbanowicz lascia la band per divergenze artistiche. Possiamo parlare del 2012, nel sistema di riferimento del post-punk revival, come il momento che scandisce l'era avanti-Chris e quella dopo-Chris. Su ammissione dello stesso Tom Smith il rapporto con il chitarrista si incrinò e la produzione musicale si fece più difficile: era come se, per uno strano scherzo del destino, Urbanowicz fosse la corda lasca di una chitarra che fino a quel punto aveva suonato alla perfezione.
Justin Lockey (chitarra) e Elliott Williams (tastiera, chitarra, seconda voce, produttore, e chi più ne ha più ne metta) sono i sostituti designati e con loro parte la registrazione del nuovo disco. The Weight Of Your Love (2013) è un ritorno al passato attraverso i nuovi mezzi acquisiti lungo il percorso, facendo sfoggio delle sonorità più recenti. “It's still going to be fairly electronic, I think, compared to our earlier records. So far it feels quite muscular with a bit of swagger and a bit more of a groove. The last record was liberating in lots of different ways and I think we just need to, kind of, build on that... with a nod to our past as well”, ammetterà Tom Smith a registrazioni intraprese.
Nonostante alcuni brani che sarebbero diventati nel corso degli anni iconici e tra i preferiti dei fan, si può tranquillamente affermare che il disco non fece seguito alle aspettative create dai primi enormi successi. La critica si divise sulla lettura della loro intenzione di rimestare nuovi e vecchi suoni e ci lesse una sorta di testacoda stilistico che mise in discussione la crescita fino a quel punto esponenziale del gruppo. Pezzi come Sugar, Honesty, A Ton Of Love e Formaldehyde sono senza dubbio i singoli di maggior successo e rimangono tuttora pietre miliari dei loro live.
Come anticipato, l’evento chiave per interpretare correttamente la svolta musicale degli Editors è proprio l’uscita di scena di Chris. Per gli appassionati (me compreso), è impossibile comparare i dischi pubblicati dopo il 2012 con i primi capolavori della band. Ma se aggiungi ad un gruppo super rodato, con un cantante stratosferico, un elemento (Elliott Williams, tra le altre cose ex-membro dei primi The 1975) estroso e con idee innovative, qualcosa di buono sicuramente ne esce.
Sperimentazione diventa la parola più ricorrente nel vocabolario della band e il disco In Dream, uscito nel 2015 a soli due anni dal precedente lavoro, è la prova di una ritrovata voglia di ricercare nuovi suoni. Come dimostra il primo singolo No Harm, elettronica e sintetizzatori tornano a essere preponderanti nelle produzioni e i pezzi sono ancor più cuciti ad hoc per far rendere al massimo delle sue potenzialità il fantastico baritono di Tom Smith.
La nuova ventata di creatività porta con sé diverse novità. Il brano The Law vede la collaborazione di Rachel Goswell degli Slowdive ed è il primo featuring effettivo che la band abbia mai inserito in un disco. Rahi Rezvani, artista olandese di origini iraniane, inizia una fitta e cospicua collaborazione con la band e diventa a tutti gli effetti il responsabile della fotografia e dei video che accompagneranno ogni iniziativa degli Editors. Lo spazio lasciato a brani puramente sperimentali è sempre più ampio: Marching Orders ne è la prova ed è la prima avvisaglia di quello che nel futuro della band sarà una formula sempre più frequente. Oltre 7 minuti di brano, di cui la seconda metà meramente strumentale e grande libertà a Tom Smith di incantare l’ascoltatore con vocalismi vari.
La produzione continua senza sosta e tra un tour e l’altro inizia a prendere forma l’album che sancirà la definitiva transizione alla nuova forma del gruppo. Prodotto da Benjamin John Powder e Leo Abrahams (duo elettronico noto con lo pseudonimo di Fuck Buttons), nel 2018 esce il sesto lavoro in studio della band che, per scelta ed esigenza viscerale dei membri del gruppo, assume un tono piuttosto politico. Violence è un invito a prestare attenzione a come il mondo attorno a noi ci bombardi continuamente di negatività e ad apprezzare la compagnia delle persone a noi care per scongiurare il rischio di diventare sempre più oggetti. Brani come Darkness At The Door e Magazine sono la materializzazione di questa politicizzazione, No Sound But The Wind (registrata per la prima volta esattamente 10 anni prima e inserita nella soundtrack di un film di una nota saga di vampiri) la lenta ballata che ci culla tra un pogo e l’altro. La title-track è, in definitiva, IL Brano dei nuovi Editors. Sintetizzatori e chitarra a volontà, testo breve e incisivo, 2 minuti e oltre finali di strumentale in grado di trasportarci in una dimensione parallela. La trasformazione è completa.
20 anni di storia fatta di successi, cadute (poche) e sussulti (tanti), di stravolgimenti di formazione e di una grande attenzione a generi musicali che si discostano anche di molto dalla nebulosa in cui la stella degli Editors ha iniziato a brillare. Essere inquadrati in un genere in cui attualmente sono attivi gruppi del calibro di Interpol e White Lies su tutti, ha probabilmente distolto più del dovuto l'attenzione dai ragazzi di Birmingham, facendoli scivolare nella più classica fascia di gruppi che vengono riconosciuti dagli ascoltatori di musica mainstream come "un gruppo per persone alternative" (e a dirla tutta non è che questa cosa ci dispiaccia poi tanto). Le presenze ai principali festival a livello globale, i tour europei e mondiali in stadi e palazzetti, la qualità dei lavori pubblicati e la consapevolezza con cui hanno saputo nel tempo attingere a generi come post-punk, new wave, indie rock e synth-pop parlano però chiaro. Gli Editors sono da considerare a tutti gli effetti come una grande band contemporanea.
Intanto, lo scorso 23 settembre, è uscito il nuovo album EBM, che vede l'ingresso di Benjamin John Power (dj e producer noto come Blank Mass) come nuovo membro ufficiale della band. All'orizzonte, una tournée europea autunnale. Di carne al fuoco ce n'è davvero tanta. Avete tutto il tempo di cominciare a dare a Tom e compagni tutte le attenzioni che meritano.
Qui trovate i biglietti per le date italiane annunciate:
- Milano @ Fabrique il 20/10/2022
- Bologna @ Unipol Arena il 21/10/2022