11 dicembre 2023

Ha ancora senso pubblicare un Greatest Hits nell'epoca dello streaming?

Il Greatest Hits per anni è stata la panacea di tutti i mali, per alcuni appassionati il regalo perfetto di Natale. La soluzione alla macchinosa pratica di cambiare il cd in auto o nello stereo, o peggio ancora il vinile sul giradischi. Una raccolta delle principali canzoni di un artista o di una band che nella maggior parte dei casi erano una manna dal cielo per gli appassionati, ma non espertissimi del suddetto artista, o addirittura motivo di discussione per quella canzone o quel singolo lasciato fuori. Pochi giorni fa è uscita una nuova raccolta dei Killers, la quarta, intitolata Rebel Diamonds. Venti tracce, di cui tre inediti che ci hanno spinto a una riflessione. Oggi, con lo streaming e le ormai celebri mega playlist Spotify This is + (nome artista), ha ancora senso pubblicare delle raccolte?

The Killers "Rebel Diamonds" Greatest Hits artwork The Killers - Rebel Diamonds
The Killers - Rebel Diamonds

Partiamo col mettere le mani avanti. Questo non è un articolo contro i Killers. Non ce ne vogliano i fan della band di Brandon Flowers, Rebel Diamonds è solo un punto di partenza. Avrebbe potuto essere anche il Greatest Hits dei Jalisse, la riflessione sarebbe stata identica.

Oggi la musica è principalmente fruita attraverso le piattaforme e i servizi streaming. Il mercato fisico è in crisi, anche se il vinile sta vivendo una rinascita sorprendente. D’altronde, si avvicina Natale e qualcuno avrà già pensato di regalare il 33 giri I/O al grande fan dei Genesis di Peter Gabriel. Oppure l'LP coloratissimo di Annalisa E poi siamo finiti nel vortice. Va sottolineato comunque che la musica in formato fisico, anche se sta prendendo piede pure tra i più giovani, è sempre legata al piacere primordiale del collezionismo. Avere tutti i possibili package, vedere fisicamente, posizionati sullo scaffale davanti ai tuoi occhi, tutte le opere che hanno fatto da colonna sonora alla tua esistenza.

Bob Marley and The Wailers "Legend" Greatest Hits album cover Bob Marley & The Wailers - Legend
Bob Marley & The Wailers - Legend

Tenendo conto di questa premessa, il discorso sulle raccolte può essere affrontato da diversi punti di vista. Quando si pensa ai Greatest Hits i primi esempi che vengono in mente sono quelli epocali. Il Greatest Hits dei Queen del 1981, il disco più venduto della band inglese. Legend (1984), la madre di tutte le raccolte, quella con cui, tutti quelli nati dopo gli anni Ottanta, hanno conosciuto Bob Marley. Il Greatest Hits 1972-2002 di Elton John, e perché non citare il Tuttomax (2005). Ammettetelo, per quanto possiate dichiararvi indie e alternative, se siete nati alla fine degli anni ‘90, la raccolta di tutti i successi degli 883 in due dischi era la conditio sine qua non per un viaggio in macchina senza tagliarvi le vene. Ovviamente fino ai 10 anni, se i sintomi ancora persistono, forse c’è qualche problema.

Prima dell’avvento dello streaming, le raccolte erano l’unico modo per avere le canzoni più famose, quelle di cui sapevi a memoria i testi tutte insieme, nello spazio al massimo di tre dischi. E poi, in alcuni casi, erano pure infarcite con degli inediti niente male. In quel caso diventavano fondamentali perché erano l’unica soluzione per ascoltarli a ripetizione. A meno che non eravate tra coloro che si facevano le cassettine o tra quelli in possesso di un lettore mp3 in grado di registrare la radio. Se ve lo state chiedendo, sì sono esistiti, ma per pochissimo tempo.

Max Pezzali + 883 - TuttoMax
Max Pezzali + 883 - TuttoMax

Oggi lo scenario è mutato completamente. Oltre al fatto che la forma album stessa sembra essere entrata in crisi in favore di una pubblicazione continua e mensile di singoli, il bisogno di avere tutte insieme delle canzoni di un artista non è più così impellente. Ci pensano le stesse piattaforme, ormai diventate dei contenitori giganteschi. Tutte le canzoni sono a portata di touch, non c’è nemmeno più il bisogno di cercarle nei singoli album o una per una. Ci sono già playlist che raccolgono tutto il meglio. In più, se uno ha voglia e ha sempre avuto il sogno di fare l’editor discografico, può crearsi il proprio personalissimo greatest hits della sua band.

Allora, che bisogno hanno i Killers, o chiunque altro, di pubblicare delle raccolte, per di più mettendole anche in digitale. Un non luogo dove in pochissimi ascoltano gli album, ma appunto, passano di canzone in canzone. Non possiamo saperlo, ma possiamo ipotizzare che sia un modo per giustificare un tour, o un contratto con la propria etichetta. C’è anche qualcuno, come i Muse, che anziché lavorare a una raccolta, si presenta dalla casa discografica con Will of the people, dicendo: “Questo è il nostro greatest hits”.

The Killers photo promo
(C) Anton Corbijn

Non c’è una risposta univoca, la musica per ognuno assume un senso e un significato diversi ed è proprio questo il bello. Per chi ha rinunciato da tempo al fisico e per color che sono nativi digitali e non hanno interesse a spendere altri soldi oltre all’abbonamento del servizio streaming, le raccolte non hanno alcuna funzione. Diventano addirittura una scomodità, un album in più tra l’elenco e le figure che compaiono sotto la pagina dell’artista. Se c’è qualche canzone nuova, magari la possono inserire nella loro personale playlist. Per i fan ancora legati all’aspetto materiale della musica, o semplicemente per coloro vittime della sindrome del collezionista, un greatest hits diventa un altro cimelio da acquistare. A maggior ragione se contiene pure degli inediti.

Allora una raccolta può diventare un ricatto, un altro quadro da aggiungere al museo, o l’ennesimo degli innumerevoli quadratini disegnati sotto al menu album di Spotify. Soprattutto quando in carriera hai già pubblicato altri tre greatest hits (riferimento puramente casuale).