Il libro
Se questa fosse una recensione, riassumerei questo libro con l’aggettivo commovente. Il libro di Andrè Aciman uscito nel 2007 è un romanzo romantico, passionale, emotivo, struggente, tutto ciò che ci si può immaginare da una grande storia d’amore. Da una parte Elio: diciassettenne italo-americano, figlio di un professore universitario, appassionato di musica classica, in generale dalla cultura sconfinata per la sua età, atipico. Dall’altra Oliver: 24 anni, neo professore alla Columbia di New York, belloccio, appassionato di presocratici, collanina in oro con la stella di Davide al collo, jogging o nuoto ogni mattina. Il setting: anni ’80, una cittadina fronte mare mai riportata a chiare lettere di nome B., immersa tra i cipressi e le cicale del litorale ligure. Ma questo non è specificato. Il bello del libro sta innanzitutto proprio nel fatto che niente viene mai descritto completamente in modo nitido, rimane sempre un margine di immaginazione per costruirsi nella propria testa le fisionomie dei due protagonisti, le stanze della grande casa con vista, i vicoli, che potrebbero essere di qualsiasi paesetto italiano, su cui i due sfrecciano in bicicletta.
Oliver arriva un giorno d’estate in taxi, come parte di una lunga tradizione di famiglia, quella di ospitare ogni anno un giovane dottorando per aiutarlo nella stesura di uno dei suoi saggi. Elio lo osserva dal balcone di camera sua, a cui è costretto a rinunciare proprio a causa del nuovo arrivato, e che lo porterà per 6 settimane ad occupare la stanza adiacente, con cui condivide il terrazzino. Spicciolo, diretto (Later!), nottambulo, Oliver allo stesso tempo intriga subito Elio, che ne nota ogni più piccolo dettaglio, ma per i suoi modi e le sue presunte one night stands con diverse ragazze del paese, è convinto di non piacergli, perciò rimane sulla difensiva. I due per le prime settimane a malapena si parlano, tanto che Elio ripiega su Marzia. Che confusione, sarà perché ti amo echeggiava in radio qualche decennio fa. Ma Oliver rimane sempre sullo sfondo. È una sorta di ombra, un reminder costante nella testa di Elio, un impulso irrefrenabile, un desiderio. E improvvisamente la trama sterza completamente. Classico giro in bici, la posta, poi le traduzioni da raccogliere dalla signora Milani, e una chiacchierata che porta Elio a schiudersi finalmente con il proprio amato. Da lì, un turbinio che travolgerà gli animi e i corpi dei due amanti: un bacio in un posto che ha a che fare con Monet, un appuntamento a mezzanotte, “chiamami con il tuo nome e io ti chiamerò con il mio”, una pesca, un viaggio a Roma, la partenza, una manciata di giorni che non sbiadiranno mai.
Questo libro mi ha accompagnato lungo le giornate torride di fine luglio, e inutile dirlo, si è guadagnato un posto d’onore tra i miei libri preferiti. Era da un po' che non trovavo un libro che mi prendesse così tanto, che fosse scritto così bene. Ogni parola seppur semplice è calcolata, studiata al millimetro, i dialoghi sono intrisi di una profondità spiazzante, di frasi che vi faranno sottolineare mezze pagine, che evocano luoghi, sensazioni e emozioni vividi, che sembra di tastare con mano. La passione nuda e cruda di un amore giovane viene resa poeticamente e allo stesso tempo realisticamente. Non è solo sesso, non è solo amore romantico, è qualcosa di viscerale, sono le due cose che si intrecciano, convivono, si scontrano e regalano momenti indelebili tra i due, che li fanno essere per una volta veramente e completamente felici. Difficile non voler entrare nei panni di uno dei due. Che voi abbiate provato queste sensazioni, che siate degli inguaribili romantici o che crediate nella forza disarmante della parola, Call Me By Your Name vi lascerà a bocca aperta, vi smuoverà qualcosa all’interno, vi potrebbe portare alla lacrima involontaria. Meraviglioso mi sembra ancora riduttivo.
Il film
"I had an emotional hangover after watching this film"
Campagne di Crema, estate 1983. Oliver, interpretato da Armie Hammer, scende da una macchina verde mentre Elio, interpretato da Timothée Chalamet, lo guarda dall’alto del suo balcone. Questa è la prima scena dell’adattamento cinematografico di Luca Guadagnino. Il film ha come base le parole di Aciman, che alle volte il regista riporta pari pari, anche se in realtà si prende diverse licenze poetiche. Innanzitutto, il setting viene spostato dalla riviera ligure alle campagne pianeggianti attorno a Crema, Lombardia. Poi viene aggiunta la scena a Sirmione, dove i due giovani vanno a vedere in compagnia del padre l’ultimo ritrovamento archeologico. La gita a Roma viene spostata a Bergamo, in cui viene tagliata la lunga parte dedicata alla cena e alle chiacchere nella Capitale. Il finale del libro non viene volutamente trasposto.
Ma nonostante tutto, il film non delude le aspettative. Più che una semplice messa in scena del libro, si può dire che Guadagnino ne prenda spunto e lo reinterpreti a modo suo. Dato il soggetto, sarebbe stato facile realizzare una pellicola apertamente a sostegno delle tematiche LGBT, come potrebbe essere Milk di Gus Van Sant, invece il regista si è imbarcato nell’impresa di raccontare “la bellezza della nascita di un desiderio” e creare un “film per famiglie”, qualcosa che prescindesse qualsiasi orientamento, in cui il vero protagonista e il messaggio finale stanno nella vera e toccante profondità dell’amore. Altrettanto facile sarebbe stato cadere nel banale con le scene di sesso, che nel libro non mancano ma che non risultano mai dozzinali ed esagerate, ma solo il naturale compimento della relazione tra i due. Nonostante le scene siano state tagliate, mai completamente esplicite, il risultato è una fisicità sempre fine e poetica, equilibrata con l’andamento generale del film. Call Me By Your Name è una storia per chiunque voglia sguazzare nell’immensa e bellissima euforia e nell’immensa e bellissima malinconia che solo l’amore riesce a regalare allo stesso tempo, che siate gay oppure etero. Amore, intimità, passione, “the real feelings”, questo film e questa storia ne straboccano. A queste tematiche si può agganciare la chiave di lettura per cui il film sia una sorta di racconto di formazione, in cui lo spettatore vede Elio scoprire una nuova realtà attraverso cui passa dall’adolescenza all’età adulta. Anche se non esite il corrispetivo letterario, si parla già di un sequel in cui questa metamorfosi continuerà.
La soundtrack
Premetto che la colonna sonora è disponibile in edizione limitata su un vinile color pesca che profuma di pesca. E con questo si potrebbe avrebbe già detto tutto. In ogni caso, la storia è ambientata quando andavano di moda la vita altissima, le macchine squadrate e i capelli cotonati, perciò a fargli musicalmente onore non possono essere che la voce rauca di Loredana Bertè e il maestro Franco Battiato, immancabile con la sua Radio Varsavia che gracchiata da una radiolina portatile Sony scandisce uno degli exploit della storia. Alle basi di tastiera elettroniche di qualche decennio fa si contrappongono le note di pianoforte di Ryuichi Sakamoto, uno dei compositori nipponici più noti al mondo, che ha collaborato tra gli altri con David Bryne e Alva Noto. Note delicate e dolci che si fanno improvvisamente secche e incostanti fanno da sfondo alla quotidianità nella villa lombarda dei Pearlman, fatta di nuotate al fiume e tonnellate di pagine lette e scritte. Tenendo conto solo di questi due elementi, la colonna sonora è un’altalena tra i suoni edonistici e sfrenati di tre decenni fa, e la compostezza e la formalità della composizione classica.
Ma ad essere candidato all’Oscar non è stato Sakamoto, ma bensì Sufjan Stevens, assente dalle scene dal 2015, quando pubblicò il minimalista e al limite del perfetto Carrie & Lowell. A Call Me By Your Name dà la voce a due canzoni: Mystery Of Love e Visions Of Gideon. Se siete fan del cantautore americano, guarderete il film con la smania di arrivare al punto in cui sentite risuonare il rincorrersi dell’arpeggio iniziale. “The first time that you kissed me” canta la voce soffusa di Stevens mentre sullo schermo scorrono le scene della prima notte d’amore tra Elio e Oliver, tra concitazione, passione, timidezza e candore; la canzone è la perfetta trasposizione sonora di ciò che si ha davanti agli occhi, una canzone d’amore dolce, dolcissima, intrisa di genuino e puro sentimento strappa lacrime a cui fa da contraltare Visions Of Gideon. “And I have kissed you for the last time”. Malinconica, nostalgica, la visuale d’insieme della prima canzone diventa la prospettiva del protagonista che si trova a ripercorrere con la mente le giornate estive ormai appassite, ripercorrendo i ricordi pronunciando il suo nome al capo di un telefono. I due pezzi hanno un animo profondamente intimo e delicato, calzano a pennello con le atmosfere sospese nello spazio e nel tempo che il regista è riuscito a ricreate. Come ho letto in un commento su YouTube alla prima delle due canzoni di Stevens, “Makes me want to fall in love”.